Cultura & Società

Chianti: terra del Gallo nero e del tonno che non vive in mare

di Gian Marco Mazzanti

Lasciata Firenze alle spalle, la strada del Chianti passa da Impruneta, famosa nel mondo per i suoi orci e le terrecotte in genere, e ci introduce in quella magica terra dall’etimo incerto (latino? etrusco?), ma dal profilo inconfondibile: il Chianti.

Trecento chilometri quadrati di colline e poggi, posti tra le valli dell’Ema, la Greve e la Pesa, costituiscono da secoli un’area privilegiata per la coltura del vino. Fin dal tempo degli Etruschi, questa è ritenuta terra di grandi vini, con il Sangiovese (sanguis Iovis?), il Merlot, il Pinot nero, il Cabernet Sauvignon e lo Syrah; ed è proprio dai grappoli di questi vitigni che nasce quello splendido vino che è il Chianti Gallo nero. Non fu scelta azzardata, quella di Bacco, perché questo terreno povero e roccioso, formato di calcare e sabbia, è sempre stato l’ideale per la maturazione di quelle uve nere che hanno fornito la robusta anima del Chianti. Una civiltà agricola raffinata, tutt’oggi presente, che non disdegnava le cacce al cinghiale e al cervo, e che ha trasformato il territorio selvatico del Chianti umanizzandolo con le colture, i piccoli borghi e le fattorie isolate; favorendo, nei secoli, lo spuntare di torri, mura medioevali, pievi, badie, castelli e dimore signorili, e respingendo ai margini, l’assalto del cemento e dell’asfalto. Il Chianti più spettacolare, quello delle colline orlate di cipressi, delle pievi e dei casali isolati sui poggi, si ammira soprattutto dalle strade secondarie tra le due statali principali, la 2 e la 222, che collegano Firenze e Siena.

È indubbio che da queste parti si beve da Dio, ma è altrettanto vero che si mangia anche da re. Ed è così che tra i tanti prodotti e le tante specialità del Chianti, ce n’è una che si distingue dalle altre per la sua originalità: il tonno del Chianti, anzi, scusate, un «Tonno»… che però non vive in mare!! Non si tratta di un pesce uscito da una favola, o di un pesce allevato in un grande acquario, ma di una riscoperta dei nostri giorni di una ricetta del passato quando la fame incombeva quotidianamente, quando vigeva la regola che non si doveva buttar via niente. Ed è proprio da questa grande verità, che i contadini del Chianti, quando l’estate si faceva sentire con le sue alte temperature che sfiancavano non solo gli uomini, ma anche le bestie, facevano buon viso a cattiva sorte e ammazzavano quei lattonzoli che si erano ammalati per la calura. Questi poveri lattonzoli, non potendoli conservare in frigorifero (elettrodomestico ancora sconosciuto), venivano dapprima messi a spurgare sotto sale e poi cotti nel vino (quel vino che, con l’avvento del caldo, cominciava a prendere lo «spunto») leggermente allungato con dell’acqua e aromatizzato con dell’alloro. Una volta raffreddati, venivano disossati e le loro carni, aromatizzate con grani di pepe nero, venivano messe sott’olio per poter essere conservate fino all’inverno. Dopo qualche mese, quando si andava a mangiare questa carne, ci si rendeva conto della trasformazione: la tenera carne del lattonzolo, in virtù della cottura nel vino e della marinatura in olio, aveva assunto un sapore e una consistenza molto simile a quella del tonno. Insomma, un gran piatto nato dal fine ingegno del contadino.

Ma se la presenza di questo «tonno», come simbolo della tavola chiantigiana, è frutto di una necessità fattasi virtù, la presenza del «gallo nero», come simbolo della viticoltura chiantigiana, è pura leggenda.

Il Consorzio del Gallo Nero, che comprende un gruppo di produttori associatisi per la difesa del vino tipico del Chianti Classico, scelse l’antico emblema della Lega del Chianti, il Gallo Nero appunto. Leggenda vuole che, durante le secolari dispute tra Firenze e Siena, si convenisse di marcare il confine tra i due territori, nel punto d’incontro fra due cavalieri che sarebbero dovuti partire contemporaneamente, dalle rispettive città, al primo canto del gallo. Ebbene, i fiorentini giocarono d’astuzia, tenendo il gallo a digiuno, tanto che, per la fame, cantò prima del tempo e permise al cavaliere fiorentino di partire prima e percorrere, quindi, più chilometri. Oggi, il nome è rimasto: identifica il vino italiano più esportato nel mondo, ma il gallo nero (inteso come pennuto), invece, rischia l’estinzione. Ed è un peccato, per l’animale in sé ma anche per la gastronomia: infatti, questo pollo dal piumaggio nero con riflessi violacei, ha una carne di ottima qualità soprattutto se utilizzata in cotture in umido.

Ma oltre a dar vita a vini apprezzati in tutto il mondo e a prodotti unici come l’olio e il pecorino, il Chianti vanta una ricca cultura gastronomica, nella quale spiccano la ginestrata (antica minestra, assai corroborante, realizzata con brodo, tuorli d’uovo e vinsanto), la mostarda d’uva (ottimo accompagnamento per carni bollite), lo stracotto, i roventini dolci (frittelle a base di sangue di maiale, uova, zucchero, vinsanto e «cavallucci») e il salame dolce (dolce a forma di salame a base di uova, cioccolata e vinsanto).

I PRODOTTICinta – Razza autoctona del Chianti senese. Si tratta di un tipo di suino caratterizzato da un mantello scuro con una fascia bianca che cinge il torace; questo suino si alimenta con tuberi, radici, ghiande, ecc, e le carni hanno un gusto molto accentuato e una particolare consistenza. Con la cinta si realizzano eccellenti salumi come il prosciutto, la spalla, il salame, il rigatino e la soppressata.Buristo di cinta – Insaccato realizzato con le teste lessate, spolpate e tritate alle quali viene aggiunto sangue di maiale e droghe varie; il tutto viene insaccato in budello e bollito lentamente.Finocchiona – Insaccato di carni suine macinate fini e aromatizzate con aglio, pepe e molti semi di finocchio (da qui il nome); la stagionatura è piuttosto breve, circa 7 mesi.Tonno del Chianti – Polpa tenera di maiale, bollita in vino, acqua ed aromi e poi conservata sott’olio in barattoli di vetro.Pecorino – Formaggio dalla forma cilindrica, a pasta tenera o semidura, proveniente da latte intero di pecora.Schiacciata con l’uva – Dolce contadino, dell’epoca della vendemmia. DOVE COMPRARE I PRODOTTI TIPICIAntica Macelleria Falorni, piazza Matteotti 69, Greve in Chianti (FI), tel. 055-853029Antica Macelleria Cecchini, via XX luglio 11, Panzano in Chianti (FI), tel. 055-852020Forno Badii, via G. da Terrazzano 100, Panzano in Chianti (FI), tel. 055-852132Macelleria Chini, via Roma 3, Gaiole in Chianti (SI), tel. 0577-749457Az. Agricola Massanera, via di Faltignano 76, S.Casciano Val di Pesa (FI), tel. 055-8242360Casa Porciatti, via IV novembre 1, Radda in Chianti (SI), tel. 0577-738019Gelateria Cabana, via Mazzini 32, Strada in Chianti (FI), tel. 055-8588659Fattoria del Castello di Verrazzano, Greve in Chianti (FI), tel. 055-854241. e-mail: info@verrazzano.com www.verrazzano.com LE SAGRESagra delle frittelle di S.Giuseppe, a Greve in Chianti in marzoSagra del cinghiale, in loc. Chiocchio, greve in Chianti in aprileChianti life, a Impruneta in maggioFesta di Pentecoste, a Castellina in Chianti in giugnoFiera di giugno, a Castelnuovo Berardenga in giugnoFiera del perdono, a Radda in Chianti in agostoRassegna del Chianti Classico, a Greve in Chianti in settembreVino al vino, a Panzano in Chianti in settembreFesta dell’uva, a Impruneta in settembreFiera di S.Luca, a Impruneta in ottobreSagra delle castagne, a Lucolena in ottobre.