Cultura & Società

Copyright rimandato a settembre. Strasburgo vota no. Ma cosa dice la proposta di Direttiva?

«L’evoluzione delle tecnologie digitali ha cambiato il modo in cui le opere e altro materiale protetto vengono creati, prodotti, distribuiti e sfruttati. Sono emersi nuovi usi, nuovi attori e nuovi modelli di business. Nell’ambiente digitale gli utilizzi transfrontalieri sono inoltre aumentati e, per i consumatori, si sono aperte nuove opportunità di accesso a contenuti protetti dal diritto d’autore. Sebbene gli obiettivi e i principi stabiliti dal quadro Ue in materia di diritto d’autore rimangano tuttora validi, occorre adattarsi a queste nuove realtà. Un intervento a livello dell’Ue si rende necessario anche per evitare una frammentazione del mercato interno». Lo si legge nelle motivazioni della proposta di «Direttiva europea sul diritto d’autore nel mercato unico digitale» della quale si è occupato oggi l’emiciclo di Strasburgo. Le attuali norme in materia risalgono al 2001, quando internet e i social non avevano ancora profondamente cambiato «the way of life» di ampia parte del mondo (almeno di quello benestante, che ha accesso alle moderne tecnologie informatiche). Da qui la necessità di mettere dei paletti alla diffusione di materiali on line, tutelare il diritto dei «creativi» – siano essi scrittori, registi, musicisti, artisti, studiosi, giornalisti -, senza peraltro limitare la circolazione delle idee, la libertà di espressione e di informazione e senza mortificare il mercato unico europeo. Alla fine hanno prevalso i no e dunque la materia è rinviata all’esame dell’aula nella sessione di settembre.

La proposta in esame. Sulla base di queste premesse, il Parlamento europeo, dopo oltre due anni di lavoro legislativo, di studi, dibattiti pubblici, consultazioni di soggetti interessati, è arrivato a un voto che non avrebbe immediatamente varato una nuova legge (Direttiva) europea, ma avrebbe dato il via libera al «negoziato» per permettere a Parlamento stesso, Consiglio e Commissione Ue di avviare il «trilogo», cioè l’esame della normativa, per arrivare, semmai e più avanti, alla Direttiva stessa.

Sui tempi della quale vige ancor più la massima incertezza, perché il voto per il rinnovo dell’Europarlamento del 23-26 maggio 2019 e il seguente rinnovo del Collegio dei commissari potrebbero quasi certamente rimandare il tutto alla prossima legislatura. A maggior ragione dopo il no di oggi.

In vista del voto odierno si sono avute posizioni contrapposte: associazioni di creativi, società del settore dell’informazione e dello spettacolo (anche tv di Stato) si sono espresse per proseguire sulla strada di una legge che tuteli il copyright; le grandi aziende (fra cui i «Gafa», Google, Apple, Facebook, Amazon e tanti altri giganti del settore) e le lobby che guadagnano miliardi con materiali e pubblicità on line sono contrari e hanno esercitato pesanti (ed evidentemente efficaci) pressioni sugli eurodeputati. Ma anche gli esperti e gli accademici hanno sottolineato che, così come è formulata, la Direttiva potrebbe produrre risultati differenti da quanto si prefigge, limitando la libertà di espressione e di informazione, assegnando addirittura a pochi soggetti la decisione su cosa e quando pubblicare nel web. In mezzo cittadini e utenti che, forse un po’ frastornati, si chiedono chi abbia ragione e chi sostenere.

Le motivazioni. Nelle motivazioni della Direttiva (un testo che in tutto comprende 33 pagine) si legge ancora: «Le eccezioni e le limitazioni al diritto d’autore e ai diritti connessi sono armonizzate a livello Ue. Alcune di queste eccezioni mirano al raggiungimento di obiettivi di politica pubblica in materia, ad esempio, di ricerca o di istruzione. Visti i nuovi tipi di utilizzo recentemente emersi, ci si chiede tuttavia se esse siano ancora idonee a realizzare un giusto equilibrio tra i diritti e gli interessi degli autori e di altri titolari di diritti, da un lato, e degli utenti, dall’altro». In tale contesto la Commissione «ha identificato tre settori di intervento: utilizzi digitali e transfrontalieri nel settore dell’istruzione, estrazione di testo e di dati per scopi di ricerca scientifica e conservazione del patrimonio culturale». Va specificato che, pur in una materia così complessa e carica di implicazioni culturali, sociali ed economiche, un punto è chiaro: i siti «non lucrativi», come le enciclopedie on line (tipo Wikipedia), quelli che propongono materiali museali, per la scuola o l’università, sono esentati dagli obblighi di legge sul copyright.

Settori interessati. Ancora dal testo europeo: «Se è pur vero che le tecnologie digitali dovrebbero facilitare l’accesso oltre frontiera alle opere e altro materiale, permangono tuttavia alcuni ostacoli, in particolare per le opere e gli utilizzi in cui la procedura di acquisizione dei diritti è complessa. È il caso degli istituti di tutela del patrimonio culturale che desiderano fornire un accesso online, anche oltre frontiera, alle opere fuori commercio contenute nei loro cataloghi. A causa di tali ostacoli i cittadini europei perdono varie opportunità di accesso al patrimonio culturale. La proposta affronta questi problemi introducendo un meccanismo specifico mirante a semplificare la conclusione di contratti di licenza per la divulgazione di opere fuori commercio da parte di detti istituti». Si affronta poi il settore dell’audiovisivo (anche on demand), il campo del giornalismo e quello delle traduzioni.

Garantire gli autori. L’evoluzione delle tecnologie digitali «ha fatto emergere – sottolinea il legislatore – nuovi modelli di business e ha rafforzato il ruolo di Internet quale principale mercato per la distribuzione e l’accesso ai contenuti protetti dal diritto d’autore». Nel nuovo contesto i titolari di diritti «incontrano difficoltà nel momento in cui cercano di concedere una licenza e di essere remunerati per la diffusione online delle loro opere, il che potrebbe mettere a rischio lo sviluppo della creatività europea e la produzione di contenuti creativi». Occorre perciò «garantire che gli autori e i titolari di diritti ricevano una quota equa del valore generato dall’utilizzo delle loro opere e di altro materiale.

In quest’ottica la presente proposta prevede misure volte a migliorare la posizione dei titolari di diritti all’atto della negoziazione e della remunerazione per lo sfruttamento dei contenuti di loro proprietà da parte di servizi online che danno accesso a contenuti caricati dagli utenti». «Un’equa ripartizione del valore è altresì necessaria per garantire la sostenibilità del settore dell’editoria giornalistica».

Articoli sotto esame. Due, come noto, gli articoli più contrastati della proposta di Direttiva: l’11, intitolato «Protezione delle pubblicazioni di carattere giornalistico in caso di utilizzo digitale», e il 13, «Utilizzo di contenuti protetti da parte di prestatori di servizi della società dell’informazione che memorizzano e danno accesso a grandi quantità di opere e altro materiale caricati dagli utenti». Visto che raramente si discute di una normativa andando alla fonte giuridica, si segnala di seguito il testo all’esame dell’Europarlamento nella versione italiana (testo che, ovviamente, potrà essere modificato e migliorato nel procedere dell’iter legislativo): https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX:52016PC0593