Cultura & Società

Dai raggi del sole la data della Pasqua

di Marco Lapi

Un buco nel tetto e una striscia marmorea intarsiata nel pavimento. Niente di più semplice, almeno in apparenza. In realtà, i realizzatori delle cosiddette «meridiane a camera oscura» che caratterizzano tante cattedrali e altre chiese importanti furono dei veri geni: attraverso il posizionamento, più in alto possibile, del «foro gnomonico» e, in basso, della corrispondente «linea meridiana» lungo l’asse nord-sud riuscirono a creare strumenti in grado di determinare con grande esattezza i momenti dei solstizi e degli equinozi. Il pavimento delle cattedrali diveniva così un calendario astronomico capace di interpretare gli errori del calendario giuliano – ancora in vigore nel Medioevo e per quasi tutto il Rinascimento – e prepararne la riforma.

Ma anche in seguito a questa, ne furono costruite di nuove allo scopo di verificarne o dimostrarne la correttezza. Così fu ad esempio per San Petronio a Bologna, dove a partire dal 1655 Gian Domenico Cassini realizzò la linea più lunga al mondo (ben 67 metri) in sostituzione di quella costruita nel Cinquecento da Egnazio Danti e andata perduta per i lavori di ampliamento della basilica, e ugualmente per Santa Maria degli Angeli a Roma, con la bronzea «Linea Clementina», costruita da Francesco Bianchini e inaugurata da Papa Clemente XI nel 1702.

A Firenze, nella cattedrale di Santa Maria del Fiore, Leonardo Ximenes ricostruì e ampliò, nella seconda metà del Settecento, la meridiana realizzata tre secoli prima da Paolo Dal Pozzo Toscanelli. Se ne possono scoprire i segreti visitando la mostra «La Linea del Sole – Le grandi meridiane fiorentine», allestita nel capoluogo toscano, presso l’Istituto e Museo di Storia della Scienza in piazza dei Giudici, tra l’equinozio di primavera (21 marzo) e quello d’autunno (23 settembre). L’interesse della Chiesa per una corretta determinazione del «tempo civile» in rapporto a quello «astronomico» si deve soprattutto all’esigenza di definire con esattezza il giorno della Pasqua. Per capire meglio la questione, partiamo dalla differenza – a questo riguardo – tra oriente e occidente cristiano, quest’anno peraltro inesistente perché la festa ortodossa e quella cattolica e protestante cadono nello stesso giorno, domenica 8 aprile. Ma un simile evento non è così comune, anche se si è già verificato nel 2001 (15 aprile) e nel 2004 (11 aprile) e si ripeterà di nuovo nel 2010 (4 aprile), 2011 (24 aprile), 2014 (20 aprile) e 2017 (16 aprile). Più frequentemente, come lo scorso anno, la Pasqua ortodossa cade una settimana dopo la nostra, ma c’è anche la possibilità che tra le due intercorra più di un mese. Accadrà ad esempio l’anno prossimo (23 marzo cattolici e protestanti, 27 aprile gli ortodossi) ed è accaduto due anni fa (27 marzo e 1° maggio). Per essere più precisi, nei 21 anni tra il 2000 e il 2020 le coincidenze tra la festività «occidentale» e quella «orientale» saranno le sette sopra ricordate, mentre nove volte si ripeterà la distanza di una settimana e cinque quella di oltre un mese. Perché queste differenze? Tutto dipende dal sole e dalla luna. Nel 325 il concilio di Nicea stabilì che la Pasqua dovesse essere celebrata la domenica successiva al primo plenilunio dopo l’equinozio di primavera, fissato perpetuamente al 21 marzo. Ma a causa dell’inesattezza del calendario giuliano, più lungo dell’anno solare di 11 minuti e 14 secondi, già allora l’evento astronomico non coincideva con questa data, e col passare del tempo se ne sarebbe sempre più allontanato. Già nel Medioevo ci si pose quindi il problema di rimettere le cose a posto, per evitare che, con il trascorrere di secoli e millenni, la Pasqua finisse per essere celebrata in realtà d’estate. Ci pensò poi papa Gregorio XIII a varare, nel 1582, il calendario che in suo onore fu poi chiamato «gregoriano», e per riallinearlo alle stagioni soppresse per decreto 10 giorni, passando così in un colpo solo dal 4 al 15 ottobre. Con il sistema gregoriano, che prevede di non considerare bisestili gli anni centenari non divisibili per 400, l’errore è di soli 26 secondi e per accumulare un giorno ci vorranno 3323 anni. Con il giuliano, invece, rispetto ad allora se ne sono già accumulati altri tre, quindi la differenza tra i due calendari è oggi di 13 giorni. Ma gli ortodossi non potevano accettare che a «riformare il tempo» fosse il papa cattolico, e mentre i protestanti, anche se in ritardo, si adeguarono, la maggior parte di loro continuò e continua tuttora a seguire il calendario giuliano, con la conseguenza che la Pasqua ortodossa non cade mai di marzo ma può cadere nei primi giorni di maggio e, con il passare dei secoli, se il criterio non cambierà, potrà avvicinarsi sempre più a giugno. Nel 3864, tanto per dire, cadrebbe il 22 maggio. La nostra Pasqua invece, com’è noto, può essere compresa tra il 22 di marzo (se il 21 è un sabato di luna piena) e il 25 aprile (se il plenilunio si verifica invece il 20 e il successivo, che cadrebbe il 18 aprile, coincidesse con una domenica). Casi rarissimi, specie per la Pasqua più «bassa»: le ultime «Pasque limite» si sono celebrate rispettivamente nel 1818 (22 marzo) e nel 1943 (25 aprile), le prossime lo saranno nel 2038 (25 aprile) e nel 2285 (22 marzo). Ma presto ci avvicineremo di un giorno ad entrambi: l’anno prossimo avremo infatti una Pasqua bassissima (23 marzo) e nel 2011 una altissima (24 aprile). Ma anche il calcolo gregoriano della Pasqua può non essere corretto: l’equinozio di primavera, come detto fissato a Nicea al 21 marzo e ancora oggi comunemente associato a questa data, cade in realtà sette volte su dieci il 20 e sette volte su cento addirittura il 19, e quindi, teoricamente, la Pasqua più bassa potrebbe addirittura cadere il 20 marzo. Una soluzione «ecumenica», peraltro già auspicata, potrebbe far riferimento proprio agli effettivi momenti astronomici della luna piena (ora calcolata con l’approssimazione dell’epatta, ovvero dell’«età della luna» alla fine dell’anno precedente) e dell’equinozio di primavera, anziché ai calendari, tenendo come fuso orario di riferimento quello di Gerusalemme, luogo della morte e resurrezione di Cristo. Le moderne conoscenze astronomiche renderebbero possibile una determinazione accuratissima, ma non per questo riuscirebbero a cancellare il fascino delle meridiane «a camera oscura» e la genialità dei loro realizzatori.

Dal record di Pienza al miracolo pratese

La più grande meridiana del mondo? Con tutta probabilità è a Pienza, dove lo gnomone è rappresentanto… dalla stessa Cattedrale! Lo ha scoperto recentemente l’architetto Jan Pepier, osservando come due volte all’anno, prossime agli equinozi ma non coincidenti con essi (a causa dell’inesattezza del calendario giuliano, ancora in vigore al tempo della costruzione della chiesa e della piazza) l’ombra dell’edificio, al mezzogiorno solare del luogo, sia perfettamente circoscritta nei nove riquadri in cui è suddivisa la piazza, e l’anello di pietra posto al centro corrisponde esattamente alla posizione dell’apertura circolare nella facciata. Ma una funzione di «orologio cosmico», secondo uno studio di Silvano Burgalassi e Alberto Zampieri, era anche svolta a Pisa dagli edifici di Piazza dei Miracoli, grazie al perfetto allineamento est-ovest di Cattedrale e Battistero.

Innumerevoli, nella nostra regione, le meridiane a quadrante solare, e appena oltre il confine orientale, a Pennabilli – città d’elezione di Tonino Guerra – c’è addirittura la «Strada delle meridiane», con sette quadranti solari realizzati sui soggetti di altrettanti dipinti famosi. Più rare ma ancor più interessanti sono invece le meridiane a camera oscura, costruite soprattutto all’interno di chiese ma anche di altri edifici. Per quelle fiorentine rimandiamo alla visita o al sito della mostra allestita presso il Museo di Storia della Scienza (vedi box nella pagina a lato), mentre per il resto della Toscana uno studio presentato nel 2002 da Giorgio Mesturini all’XI Seminario nazionale di gnomonica, svoltosi a Verbania, censì quelle della Certosa del Galluzzo presso il capoluogo toscano, di Santa Maria Forisportam a Lucca, di San Giusto a Volterra, della Certosa di Calci, nonché le due di Pescia (Duomo e abitazione del Vescovo), della Certosa di Calci e dell’Accademia dei Fisiocritici a Siena, quest’ultima resa inattiva nel 1966 a causa della copertura del foro gnomonico ma «resuscitata» nel 2002 grazie a un congegno elettronico in grado di simulare il moto solare.

Nella circostanza, Mesturini non citò tuttavia la finestra di Santa Maria delle Carceri a Prato, in grado di illuminare il centro dell’altare nell’ora e nel giorno del miracolo da cui ebbe origine il santuario, il 6 luglio verso le 3 del pomeriggio, che, per il passaggio dal calendario giuliano (ancora in vigore nel 1484, anno dell’evento) a quello attuale è poi divenuto il 15 luglio, esattamente alle 15,18. Il fenomeno, a lungo dimenticato, è stato riscoperto e studiato in occasione della mostra fiorentina sulle meridiane, e presentato poi dalla storica dell’arte Isabella Lapi Ballerini in un saggio nel catalogo dell’esposizione. Inoltre la chiesa è disposta in modo tale che il giorno del solstizio d’estate, il 21 giugno, intorno alle ore 14,23, un raggio di sole entra dalla lanterna della cupola e centra perfettamente l’affresco della Vergine, «accendendolo».

La Mostra fiorentina

Alla meridiana, per millenni umile ma raffinato orologio dell’umanità, il Museo di Storia della Scienza di Firenze dedica una mostra spettacolare e affascinante («La linea del sole. Le grandi meridiane fiorentine», a cura del vicedirettore Filippo Camerota), che ha aperto i battenti in occasione dell’equinozio di primavera e si concluderà il 23 settembre, giorno dell’equinozio d’autunno. Nell’ambito dell’iniziativa sono anche previsti tre eventi collaterali: il 21 giugno, solstizio d’estate, in piazza dei Giudici sarà inaugurata una meridiana monumentale davanti all’ingresso del Museo. Quella stessa mattina si terrà una dimostrazione nella cattedrale di Santa Maria del Fiore, quando la luce solare centrerà perfettamente il disco marmoreo fatto installare nel XV secolo dall’astronomo Paolo Dal Pozzo Toscanelli. Analoga dimostrazione si terrà il 23 settembre nella Basilica di S. Maria Novella. Tutte queste iniziative, mostra inclusa, si svolgono grazie alla collaborazione del Comune, della Provincia, della Camera di Commercio e dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze.Alla mostra è abbinato un catalogo (Edizioni della Meridiana, pagine 112, euro 15), ed è dedicata un’ampia sezione del sito dello stesso Istituto e Museo di Storia della Scienza, all’indirizzo http://brunelleschi.imss.fi.it/meridiane/indice.html, contenente anche un censimento delle meridiane a quadrante presenti in nel territorio della provincia di Firenze, di indubbio effetto decorativo ma spesso non più funzionanti correttamente per l’errato riposizionamento dello gnomone (lo stilo che genera l’ombra sul quadrante stesso) in sede di restauro. Le stesse meridiane si possono visualizzare da una postazione multimediale situata all’interno del percorso della mostra, che prevede anche installazioni scenografiche, modelli interattivi (tra cui le riproduzioni in scala 1:1 del quadrante astronomico e della sfera armillare realizzati da Egnazio Danti e posizionati facciata di Santa Maria Novella), strumenti originali, libri e disegni. La mostra si propone anche come laboratorio. Per capire meglio il funzionamento di gran parte di questi strumenti occorre infatti maneggiarli e il personale del Museo sarà perciò a disposizione dei visitatori. Per i ragazzi saranno invece organizzati veri e propri laboratori didattici. Per informazioni e prenotazioni, tel. 055-210866.

La scheda della mostra