Cultura & Società

Dizionari, le radici delle parole

di Carlo Lapucci/div>

Firenze, pur nella sua attuale crisi culturale, vede in questo tempo l’uscita dell’ultimo dizionario etimologico, cosa rara e opera di grande impegno. Ne è autore il Prof. Alberto Nocentini con la collaborazione di Alessandro Parenti. Il volume ha titolo l’Etimologico, edito dalla Casa Editrice Le Monnier. Firenze è stata nei secoli la madre di molti e grandi dizionari, di diversa natura, della lingua italiana. Anche quello in cinque volumi, ritenuto il più importante del genere, il Dizionario etimologico italiano di Carlo Battisti e Giovanni Alessio, vide la luce in questa città presso l’Editore Barbera nel 1966 e come questo altri, quale l’Avviamento all’etimologia di Giacomo Devoto.

I problemi della ricerca etimologicaParrebbe che una volta fatto un dizionario etimologico non ci dovrebbe essere bisogno di tanti lavori successivi, dal momento che, stabilita la derivazione d’un termine, c’è poco altro da aggiungere. E invece no: l’etimologia è un campo d’indagine molto liquido, insidioso ed evanescente, in cui le certezze sono spesso tranelli, le incertezze sono innumerevoli, le confutazioni e le smentite continue. Questo è dovuto alla fluidità della lingua che, scivola, guizza da una terra a un’altra e le parole migrano a volte lentamente, a volte rapidamente, rivestendosi della forma del linguaggio d’approdo, cercando assonanze, schemi precedenti in un camuffamento continuo nei passaggi tra le lingue, tra i dialetti, tra i dialetti e le lingue.

Tanto più è intricata questa matassa perché tutta la metamorfosi avviene e si consolida per lo più a livello orale, dove ancora oggi è difficile la documentazione, non parliamo poi dei tempi nei quali la scrittura era pratica rara e solo di certi settori della società e delle attività umane.

Ecco dunque il nuovo dizionario etimologico che propone Alberto Nocentini, ordinario di glottologia e linguistica presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze e Accademico della Crusca. Direttore della redazione dell’Atlas Linguarum Europae, condirettore dell’Archivio Glottologico Italiano, è noto anche per numerosi studi e per il manuale L’Europa linguistica (Firenze 2004). Inoltre per sua indole non si limita all’indagine del fenomeno linguistico puro e semplice ma, oltre a spaziare come è logico nelle zone ai confini delle parole e dentro i quali esse vivono, spazia nei campi più vasti in cui la parola si scambia, prende, perde, varia significati e forme con l’apporto dei fatti umani ai quali Nocentini è attentissimo. Questa impostazione di metodo segna il nuovo dizionario di una particolarità, quella di presentare più che una semplice derivazione d’un termine, la storia d’una parola, cosa che rende molto più interessante l’etimologia.

Spesso infatti sapere che una parola italiana deriva da una latina, come spesso si trova nei dizionari, aggiunge poco sia al nostro sapere che alla curiosità. Il dizionario di Nocentini invece ricerca in un termine la sua motivazione originaria recuperandola «attraverso la comparazione del lessico indoeuropeo; se invece si tratta di un prestito, anche di provenienza remota, si ripercorrono a ritroso tutte le tappe del nostro itinerario fino a raggiungere la lingua di partenza». L’indagine e l’informazione si arrestano soltanto quando viene individuata la motivazione originaria e, quando questo non è possibile, la mancanza dei dati toglie la possibilità di affermazioni e lascia il campo alle congetture.

L’Autore si è giovato della collaborazione di Alessandro Parenti, ricercatore di Glottologia e Linguistica generale presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Trento, segretario del Circolo Linguistico Fiorentino e di redazione dell’Atlas Linguarum Europae, autore di un dizionario italiano-lituano.

Ai nuovi indirizzi della materia i due compilatori hanno dovuto aggiungere gli aggiornamenti che in una materia così sfuggente sono numerosi e frequenti, offerti non solo dai nuovi studi, ma anche dalle acquisizioni e dalle scoperte che i mezzi e gli strumenti tecnici sempre più raffinati e potenti portano dal campo dell’archeologia, delle indagini antropologiche, delle decifrazioni di documenti di lingue antiche. Anche gli studi, le pubblicazioni, gl’istituti, le cattedre di lingue meno note si sono moltiplicati da noi come altrove via via negli anni permettendo di allargare i campi d’indagine.

La revisione sistematica porta a precisazioni, chiarimenti, ma anche a numerosissime etimologie nuove. Prendendo per fare un esempio un termine a caso bacheca e frugando nei precedenti dizionari, come quello un po’ archeologico di Francesco Zambaldi del 1889 si viene a sapere che la parola deriva da bacca, che, significando anche perla, venne a formare una parola baco-theca (cassetta per perle o gioielli) abbreviata naturalmente in bacheca. Per queste strade si va molto lontano, soprattutto perché ci si trova in compagnia. Infatti molti s’incamminano dietro il battistrada per la via sbagliata, come è accaduto a Ottorino Pianigiani che nel suo Vocabolario etimologico della Lingua Italiana dell’Editore Sonzogno (Milano 1937) ricalca le orme dello Zambaldi.

Tralasciando per brevità testi successivi con argomenti più fondati vediamo nella seconda parte della voce del vocabolario di Nocentini, l’argomentazione che partendo dalle prime attestazioni del termine del sec. XIV, che ne testimoniano il significato di «buono a nulla», e attraverso la citazione del Varchi, si approda al latino vaculum, cosa vuota, con il suffisso peggiorativo -eca, associato a sinonimi come cibèca, mormèca, ciofèca. In questo modo trovano spiegazione tanto il significato di «spazio vuoto che contiene» che «testa vuota che non ha», inquadramento che, se mai non dovesse essere definitivo, soddisfa quanto è possibile la logica e il supporto di documentazione.

Il fenomeno delle etimologie popolariSiamo tutti un po’ etimologisti: la materia è una di quelle nelle quali molti si sentono di poter dire la loro largheggiando in pareri e consigli. Sta insieme alla medicina, dove non fate a tempo a dire che avete un dolorino qui, che vi arrivano subito medici e medicine in quantità. Un altro argomento è la cucina dove tutti si sentono un po’ maestri e dispensano ricette assolute, vale a dire che non ammettono alterazioni, né varianti. Ma ce ne sono diversi, come la meteorologia, i proverbi, il calcio dove ascoltare è obbligo, contraddire pericoloso.

Il rovescio della medaglia è che certi etimologisti fanno passare anche le cose più semplici per gli infiniti alambicchi, provette, forni della loro arte, disorientando e confondendo. Difficilmente alcuni ammetteranno che montanaro deriva da monte: troppo semplice e troppo facile per cui chiunque può arrivarci.

Essendo l’etimologia terreno tanto infido e scivoloso le tentazioni però sono forti e da che mondo è mondo circolano le cosiddette etimologie popolari, talmente radicate che difficilmente si riesce a estirparle, anche perché spesso sono divertenti e hanno l’apparenza d’essere inconfutabili. D’altra parte bisogna sudare per convincere una persona di poca dottrina che, come si legge sul nostro dizionario, secondo le più recenti acquisizioni, la parola pizzicagnolo non è tale perché indica chi «vende roba che pizzica» o che «si prende a pizzichi come il pepe», ma dal greco apothekrios (magazziniere).

Le etimologie popolari sono costruite sulla base di una suggestiva ipotesi, di un’assonanza, di una legenda, ovvero sull’autorità di un dotto che ha sbagliato, ma si sono rivelate errate alla luce di ricerche filologiche o smentite di documenti. Tuttavia hanno corso comune e sono considerate vere, soprattutto dai non addetti ai lavori.Molte si fondano proprio sul fatto che l’etimologia, come abbiamo visto, non è una scienza proprio esatta. Sono tante e tali le ragioni per le quali una parola si condensa in una forma, poi muta, migra, cambia significato, viene fraintesa, perde il riferimento alla sua origine, si mimetizza entrando in un’altra lingua, che di etimologie certissime non ce ne sono tante. Per questo si è detto che l’etimologia è l’arte della congettura e, dal momento che così è, qualcuno pensa che l’ipotesi debba essere almeno  bella, insospettata, contorta, complicata al punto di lasciar sbalorditi gl’ingenui.

Maestro del genere fu un tal Egidio Menagio (Gilles Ménage) erudito nato ad Angers nel 1613, accademico della Crusca e autore delle Origini della lingua italiana (1669) che escogitò metafore rimaste come capolavori del ridicolo involontario, citate ancora come esempi di elucubrazioni erudite senza fondamento. Celebre è quella di Alfana: «Alfana, Cavalla. Dallo spagnolo Alfana che vale l’istesso e che fu così formato dall’articolo arabo al e dal nome latino equa [che traslitterò in] equa, eka, aka, haka, faca, facana, e per contrazione fana, e poi coll’articolo arabo al, Alfana».

Un’altra: Ragazzo, lacché, valletto, derivano tutte dal latino verna (schiavo) con acrobatici passaggi: venula, vernulacus, apocopato lacajus, (da cui il francese laquis e lacché), quindi lacacius, racacius, ragacius, ragazzo.Garzone, sempre secondo Menagio, verrebbe da vernulacus attraverso questi passaggi: vernulacarus, vernulacarius, lacartus, lacartius, cartius, gartius, garzone. Ne esistono molte altre coniate o citate per puro divertimento, opera di dotti o meno: canis a non canendo «cane perché non canta» è una classica etimologia strampalata, accennata in modo diverso anche da Varrone e detta a contrario; lucus a non lucendo: bosco perché non c’è luce, indicata anche da Quintiliano (Istitutiones I, 6, 34); Caelum a non celandum: cielo perché non cela, è tutto aperto. Altre scorciatoie che in passato erano battute dagli etimologiste sono oggi trucchi scoperti ai quali non si ricorre più. Nei vecchi dizionari si trovava spesso scritto accanto alla parola per la quale non si aveva più argomenti: d’origine indoeuropea. Col tempo l’espediente fu aggiornato con l’indicazione più autorevole: da una radice sanscrita. E quando proprio non si sa che santo baciare si ricorre ancora alla formula onesta: Etimo incerto. Soluzione che equivale a dire: Caro mio, ho cercato e ricercato: non ho concluso nulla, vedi tu se sai fare di meglio, cosa che almeno non mette fuori strada.

Perché ci sono anche etimologisti di professione che si intrecciano in una serie di argomenti e congetture che, oltre a sfidare la logica e il buon senso, fanno anche un po’ sorridere e contro di loro sono state sfornate altre etimologie cervellotiche come questa: «Matusalemme che deriva dal nome Mosè che perdendo l’enclitica -osè, ha assunto il suffisso -matusalemme».

L’etimologia come storia delle cose nelle paroleQuesto nuovo dizionario etimologico si presenta anche come un testo leggibile, non dirò per svago, ma per colto arricchimento di conoscenza per chi ama la lingua e ne cerca il suo rapporto con la vita, ricco com’è di suggestioni, spunti, notizie che provengono praticamente da tutti i rami del sapere e delle attività, dato che la lingua tutto conosce, tutto definisce e tutto pervade. Si offre anche come uno strumento per chi volesse nella scuola avvicinare i ragazzi alla ricerca linguistica, o aggiungere una dimensione linguistica ad altre ricerche.

Presenta inoltre un ricco ventaglio di etimologie secondo proposte vecchie riconfermate o precisate, proposte nuove di altre lingue, proposte nuove di altri autori e soprattutto etimologie nuove. Tra queste, che sono moltissime, termini come pinzillacchera, gongolare, bitorzolo, vattelappesca, tanghero, spaparanzarsi, sbroscia, ponzare e perfino quello che era l’ultimo termine del dizionario zuzzurullone, spodestato oggi da termini sospetti come zwiglianesimo, zwigliano e simili, ricorrendo all’espediente di scriverli col w (che non sarebbe del nostro alfabeto). Noi comunque sosteniamo a spada tratta zuzzurullone come il miglior compimento per un dizionario.

Le etimologie popolari più comuniAnnona da a nona, l’ora nella quale si mangia.Ballatoio, perché un tempo ci ballavano.Battaglia, perché facendosi una volta con le mazze consisteva essenzialmente nel battere.Battaglio, il batocchio è fatto a capo d’aglio e batte nella campana.Codardo, perché fugge come un dardo con la coda fra le gambe.Filugello, perché fa il filo di seta.Finocchio, rinforza la vista a chi lo mangia e quindi da occhio fino.Fossili, perché si trovano scavando le fosse.Maiale perché non avrà mai ali (da una leggenda).Miserabile, da abile nella miseria, in quanto ci sa vivere bene, ci si è abituato, si sa destreggiare.Pullulare, essere fitti come i polli che stanno sempre vicini. Le etimologie stravaganti di Isidoro di SivigliaIsidoro di Siviglia (560-636), santo e dottore della Chiesa, vescovo di Siviglia, fu un grande erudito che raccolse nella sua vasta opera tutto il sapere della sua età trasmettendola al Medio Evo. Scrisse una serie vastissima di etimologie nella sua opera: Etymologiae sive origines. Date le dimensioni della sua opera e il livello di conoscenze del tempo in questa materia, molte sono notizie preziose per l’epoca nella quale sono state trasmesse, altre abili congetture, altre proposte senza fondamento, altre ancora divertenti pensate.Argilla ha preso nome dalla città di Argo dove per la prima volta si modellarono vasi, Etymologiae XVI, 1, 6.Baculus, il bastone, dicono che sia stato inventato da Bacco, perché vi si potessero appoggiare gli ubriachi.Casto, in principio da castrazione, successivamente piacque agli antichi dare questo nome a coloro che promettevano astinenza perpetua dai piaceri della carne (X, C, 33).Cavallo, il cavallo fu dapprima chiamato cabo perché avanzando concavat, ossia scava la terra imprimendovi lo zoccolo, cosa questa che gli altri animali non fanno, (XII, 1, 42).Celibe, che non partecipa al matrimonio, come le pure divinità in cielo, che si astengono dalle nozze, si dice celibe, quasi a dire beato in cielo (X, C, 34).Gleba, ossia zolla di terra è stata così chiamata in quanto avente forma di globo, (XVI, 1, 3).Locusta fu chiamata così perché ha le zampe lunghe come aste (XII, 8, 9).Osceno, uso al piacere impuro, dal vizio proprio degli Osci, X, O, 198. Pisello, è stato così chiamato perché lo si usava per pesare quantità minute d’oro, XVII, 4, 10 (e. i.).Presente, detto di ciò che si trova prae sensibus, cioè dinanzi ai sensi, vale a dire dinanzi agli occhi che sono uno dei sensi del corpo, (X, P, 207).Sale, in quanto exilit, ossia salta nel fuoco, rifugge infatti le fiamme (XVI, 2, 3).Salice è stato così chiamato in quanto salit, cresce rapidamente, (XVII, 7, 47).Umbri, popolo dell’Italia… le storie narrano che in occasione di una rovinosa tempesta sopravvissero alle piogge [imber], (IX, 2, 87).Vedova è così chiamata perché non si è sposata con viri duo, ossia a un secondo uomo, (IX, 7, 16).

Queste sono tra le etimologie più divertenti di Isidoro di Siviglia, che peraltro è uno dei più grandi depositi del sapere dell’antichità ed era tutt’altro che un ingenuo: molte delle sue etimologie sono rimaste, resistendo anche alle acquisizioni moderne della filologia e alle sue verifiche. Inoltre, data la sua vicinanza al mondo classico, un’infinità di conoscenze sono arrivate a noi tramite le sue opere.

L’etimologia non risparmia nessuno e contamina tutti, compreso quel professore che spiegava agli alunni: «L’etimologia è una cosa semplice: basta osservare e analizzare, spezzando opportunamente le parole. Ad esempio cimitero da dove viene? Basta guardare e si vede subito che è una semplice traslitterazione della frase mi ci interro».

Il disegno ci è stato gentilmente concesso da Lido Contemori