Cultura & Società

È morto lo scrittore Manlio Cancogni

Il decesso è avvenuto dopo che da qualche giorno le sue condizioni erano peggiorate, ma il giornalista e scrittore versiliese – seppur nativo di Bologna – ha vissuto con piena lucidità e impegno quest’ultimo periodo della sua lunghissima vita.

All’età di 95 anni, nel 2011, era tornato a scrivere per il nostro settimanale, nonostante che nel 1995 – in seguito alla chiusura de «La Voce» di Indro Montanelli, con cui collaborava – avesse deciso di dedicarsi solo al romanzo e alla saggistica. «Ma è proprio vero che “l’uomo propone e Dio dispone”», raccontò nel suo primo articolo per Toscana Oggi, spiegando cosa gli accadde: «Nell’ottobre del 1998, dopo aver partecipato all’Udienza di Giovanni Paolo II, fui avvicinato da Gian Filippo Belardo, allora redattore responsabile della Terza Pagina (oggi scomparsa) de “L’Osservatore Romano”. Ricordo quell’incontro nella hall di un piccolo albergo a cento metri dalla Galleria Borghese. Ci trovammo subito in sintonia, che dopo poco si trasformò in amicizia fraterna. Il 4 dicembre apparve il mio primo articolo sulla testata vaticana. Era dedicato al ricordo di un amico toscano, Piero Malvolti, strenuo difensore dell’ambiente e della natura. Mi piaceva molto il fatto di essere passato dal laicismo di molti giornali su cui avevo scritto per tanti anni a un quotidiano che esprimeva pienamente quella fede che avevo ritrovato. È stato per me un periodo molto positivo. Mi sono impegnato molto. Desideravo scrivere buoni articoli mettendoci molta cura anche dal lato stilistico».

L’ultimo suo articolo per la testata vaticana l’aveva scritto nel 2003, in occasione del secondo anniversario della tragedia dell’11 settembre. «Avevo, allora, 87 anni – ricordava – e mi sembrava giusto, alla mia età, concedermi un periodo sabbatico». Poi la decisione di dedicare «quello stesso impegno ai lettori di Toscana Oggi», di cui gli saremo sempre profondamente grati.

Il cordoglio del presidente della Regione. «Con Manlio Cancogni, grande giornalista, scrittore e anche docente, perdiamo una figura di spicco, un protagonista del Novecento, che ci ha lasciato una bella eredità. Di romanzi, di saggi, di articoli brillanti, di inchieste che hanno fatto epoca». Così il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi ha commentato la scomparsa dello scrittore, ricordando come, tra le tante collaborazioni a giornali e riviste – ci fu quella con l’Espresso, dove lo aveva chiamato Arrigo Benedetti, che gli affidò l’indagine sulla corruzione nella cosa pubblica e i legami col malaffare nel Comune di Roma nel 1955.

«Colpisce – afferma Rossi – l’attualità di quella inchiesta con un titolo a tutta pagina – ‘Capitale corrotta = Nazione infetta’ – che potrebbe purtroppo adattarsi anche all’oggi. Ripercorrendo le tappe della sua brillante carriera di giornalista e scrittore non possiamo non essergli grati per il contributo e gli stimoli che ha dato al dibattito e allo sviluppo culturale di questo paese. E anche per il suo legame, sempre sottolineato, per la sua Versilia».