Cultura & Società

FIRENZE; SAN LORENZO, TORNA A SUO SPLENDORE CANTORIA DONATELLO, KITCH A-RINASCIMENTALE

Esiste a Firenze un’opera d’arte assolutamente unica nel suo genere: la Cantoria attribuita a Donatello nella Basilica di San Lorenzo. Risale al 1458-1460 e, dopo il restauro a cui è stata sottoposta, si offre ora al mondo come un esempio di art decò realizzato cinque secoli prima che l’art decò nascesse, una sorta di testimonianza kitch a-rinascimentale. In questi termini il sovrintendente dei Beni Artistici della Toscana, Antonio Paolucci, ha presentato ieri a Firenze la Cantoria di San Lorenzo, a conclusione dei lavori di restauro che hanno riportato al loro splendore originario cinque capolavori custoditi nella basilica: oltre alla Cantoria, il monumento funebre a Cosimo de’ Medici, due oli su tela fine Seicento, una «bandinaella» pontificia ricamata in argento e oro.

Collocata nella navata di sinistra della Basilica, la Cantoria è un’opera d’arte «da restare a bocca aperta» ha detto il presidente dell’Opera Medicea Laurenziana, Edoardo Speranza. Non solo per i motivi quattrocenteschi che l’accompagnano, ma perché nella sua «policromia fantasmagorica – ha spiegato il professor Paolucci – la si può leggere come un primo esempio di art decò realizzato cinque secoli prima dell’arte decò, una sorta di kitch a-rinascimentale». Eseguita nella bottega di Donatello, l’opera è una sorta di poggiolo in marmo posto a circa tre metri e mezzo da terra sulla navata di sinistra della basilica. «Finora era stata ricordata in modo veloce e approssimativo dalla critica – ha detto la responsabile dei lavori di restauro, Maria Matilde Simari – ma dopo il restauro la varietà delle sue paste vitree si è rivelata in tutta la sua plicromia». «Non si potrebbe immaginare qualcosa di più a-rinascimentale – ha aggiunto Paolucci – ma proprio per questo è affascinante”.

La Cantoria è uno dei cinque restauri realizzati nella Basilica di San Lorenzo e riconsegnati alla città. Gli altri riguardano: una «bandinella» (una sorta di arazzo pontificio) appartenuto a Leone X, ricamato in stile fiorentino con fili d’argento e d’oro; due Crocifissioni tardo seicentesche attribuite rispettivamente a Francesco Conti e Pier Dandini (oli su tela); e, soprattutto, il Monumento funebre a Cosimo il Vecchio realizzato nel 1467 da Andrea del Verrocchio in una delle cripte di San Lorenzo. «È un’opera straordinaria nella sua semplicità – ha spiegato la sovrintendete alle Cappelle Medicee, Monica Bietti – perché è assolutamente essenziale ma nello stesso tempo perfetta. È, fisicamente, uno dei pilastri della Chiesa». Il lavoro di restauro era indispensabile perché questa dripta venne allagata nell’alluvione del ’66. Il rivestimento in pietra del sarcofago ha permesso di far tornare al suo antico splendore le linee e le cromie (sublimi nella loro sobrietà) realizzate da Andrea del Verrocchio. (ANSA).