Cultura & Società

Firenze, al Teatro del Maggio «Un mari à la porte» e «Cavalleria rusticana»

Lo spettacolo che debutta martedì 12 febbraio alle 20 al Teatro del Maggio (altre recite 14 e 21 febbraio 2019 ore 20 e 17 febbraio 2019 ore 15.30), comprende due atti unici che hanno in comune il tema della gelosia, sebbene il primo lo racconti in maniera leggera e divertente, il secondo, invece, tragicamente. Si tratta di Un mari à la porte  di Jacques Offenbach e Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni, presentati in un nuovo allestimento del Maggio, affidati alla direzione musicale del maestro Valerio Galli e alla regia di Luigi di Gangi e Ugo Giacomazzi. Nell’anniversario che celebra i duecento anni dalla nascita dell’autore, l’operetta Un mari à la porte di Jacques Offenbach verrà rappresentata in prima assoluta nell’orchestrazione di Luca Logi.

Considerato tra i padri del genere dell’operetta, avendone composte circa un centinaio, Offenbach, che dirigeva il piccolo teatro dei Bouffes Parisiens, è stato il cantore della joie de vivre nella Parigi del Secondo Impero ma anche l’ironico fustigatore dei vizi della sua società, parodiata nei suoi lavori. Secondo le rigide regole della prefettura parigina del tempo, che vietava ai teatri più piccoli l’allestimento di opere articolate in più atti con cori e balli, l’operetta doveva essere strutturata in un atto unico e con tre personaggi al massimo. Gli ingredienti base di questo genere sono intrecci amorosi semplici, situazioni comiche e spesso ammiccanti, uno stile vocale meno impegnativo rispetto a quello del grand-opéra e pezzi vocali caratteristici alternati a dialoghi parlati.

Offenbach che con quei pochi ingredienti riesce ogni volta a creare ricette di successo come nel caso di Un mari à la porte, atto unico con tre personaggi (in questo caso quattro, data la presenza vocale del marito che non compare in scena ma sta dietro alla porta) e si presenta come una mini commedia degli equivoci. Ne sono protagonisti Suzanne (Marina Ogii), una moglie in lite con il marito per un futile pretesto che proprio nel giorno delle nozze si chiude per dispetto nel suo boudoir, Rosita (Francesca Benitez), l’amica del cuore che tenta di placare gli animi, il giovane Florestan (Matteo Mezzaro), un musicista coperto di debiti in fuga da un ufficiale giudiziario – che scopriremo essere proprio il marito di Suzanne – piombato per caso nella stanza della donna attraverso il camino, e infine Henri Martel (Patrizio La Placa), l’ufficiale giudiziario nonché il marito tenuto fuori dalla porta che pensa di essere vittima di uno scherzo e non crede alla presenza di un altro uomo nella stanza della moglie. Lo spensierato gioco di allusioni e fraintendimenti che ne consegue è condito dalla brillante musica di Offenbach che si muove leggiadra a ritmo di danza: polka, mazurka ma soprattutto valzer, che domina incontrastato nell’ouverture e nell’unico brano solistico e vero pezzo forte dell’operetta, il Valse Tyrolienne intonato da Rosita, un’aria di taglio virtuosistico ricca di fioriture che strizza l’occhio alla grande tradizione operistica.

Tutt’altro clima per Cavalleria rusticana, primo e insuperato successo di Pietro Mascagni, che inaugura il filone del teatro musicale verista in Italia. Il soggetto gli viene proposto, nel 1888,  dal librettista Giovanni Targioni-Tozzetti in vista del concorso per un’opera in un atto indetto dall’editore Sonzogno in quello stesso anno, e si basa sulla omonima novella di Giovanni Verga, che aveva già conquistato il pubblico anche nella sua versione teatrale del 1884. Il risultato finale è un piccolo capolavoro che non solo si classificherà al primo posto al concorso ma si guadagnerà il favore incontrastato del pubblico fin dal suo debutto al Teatro Costanzi di Roma il 17 maggio 1890.

La musica di Mascagni è pervasa da una passionalità senza pari (dalle arie ai duetti, dal Preludio fino al celebre Intermezzo)adeguata al racconto di una storia di amori tormentati, passioni brucianti, gelosie e vendette che si conclude nel sangue nel giorno di Pasqua: una storia di tradimento passionale e di delitto d’onore nella Sicilia dell’Ottocento, dove l’unica soluzione era una giustizia sommaria, per vendicare l’onore perduto e l’onta del tradimento. Seguendo il meccanismo di alternanza-opposizione di brani di carattere (cori, canzoni e stornelli) a scene drammatiche dominate da un declamato mobile e arioso con continui sfoghi melodici e gesti vocali straripanti che sfociano anche nel grido, Mascagni riesce a creare un perfetto equilibrio tra la cornice ambientale, la collettività che partecipa al dramma come un coro di tradizione classica e i protagonisti: Turiddu (Angelo Villari), Lola (Marina Ogii), Santuzza (Alexia Voulgaridou), Compar Alfio (Devid Cecconi), Mamma Lucia (Elena Zilio).