Cultura & Società
Firenze celebra Cézanne
Da venerdì 2 marzo Palazzo Strozzi ospita «Cézanne a Firenze» (2 marzo-29 luglio), mostra di oltre 100 capolavori delle più famose collezioni internazionali, ideata per celebrare sia il genio enigmatico di Paul Cézanne nel centenario della morte (Aix-en-Provence 1839-1906), sia la straordinaria epopea intellettuale di due giovani e lungimiranti collezionisti americani residenti a Firenze, Egisto Paolo Fabbri (1866-1933) e Charles Alexander Loeser (1864-1928). Tra Ottocento e Novecento, Fabbri e Loeser raccolsero infatti nelle loro ricche dimore in città circa 50 dipinti del maestro di Aix, contribuendo non poco all’affermazione di un artista sperimentale e solitario, disprezzato in vita dalla grande critica, oggi venerato come «padre della pittura moderna».
Posta sotto l’alto patronato del Presidente della Repubblica, l’esposizione (www.cezanneafirenze.it ) è promossa, progettata e prodotta dall’Ente Cassa di Risparmio di Firenze e realizzata dalla Fondazione Strozzi. I curatori sono Francesca Bardazzi, nota studiosa del collezionismo di Cézanne in Italia, e Carlo Sisi, già direttore a Palazzo Pitti della Galleria d’Arte Moderna, uno dei massimi esperti del periodo.
Cinque le sezioni della mostra: La famiglia Fabbri; La giovinezza di Egisto Paolo Fabbri; Cézanne a Firenze; Egisto Fabbri: «Beauty in architecture and music» e Cézanne e la Toscana.
Per la sua rilevanza, la mostra è stata inserita nel Progetto Magnifico, il sistema integrato di comunicazione e di promozione del Ministero per i beni e le attività culturali. «L’Ente Cassa di Risparmio di Firenze ha detto il presidente Edoardo Speranza sottolinea con questo evento il proprio impegno per la riscoperta e il recupero della natura internazionale di Firenze, e per qualificarne l’offerta culturale».
Cézanne a Firenze è una storia d’amore. La storia di due giovani uomini innamoratisi delle opere di un genio solitario, Paul Cézanne. Nella Parigi di fine secolo Egisto Paolo Fabbri e Charles Alexander Loeser si imbattono nell’opera di Paul Cézanne, un artista arrivato nell’ultimo decennio della vita, ma ancora incompreso da colleghi, critici e pubblico.
L’assoluta particolarità di Cézanne a Firenze sta nell’aver riunito per la prima volta le opere più notevoli delle raccolte Fabbri e Loeser che, prima di essere disperse negli anni tra le due guerre mondiali, furono le più importanti al mondo. In netta controtendenza rispetto allo spirito estetico del tempo, e con grande meraviglia dello stesso artista, Fabbri arrivò infatti a possederne 32 dipinti, Loeser 15. Collezioni che diffusero l’apprezzamento per Cézanne tra la comunità internazionale e che provocarono nell’ambiente artistico di Firenze una svolta verso le poetiche dell’avanguardia.
L’esposizione offre dunque una doppia opportunità: da un lato l’occasione unica di ammirare, per una volta affiancati, capolavori oggi dispersi ai quattro angoli del globo; dall’altro il piacere di riscoprire una Firenze cosmopolita e un contesto intellettuale raffinato, che ebbero per protagonisti straordinarie personalità come Bernard Berenson, Vernon Lee, Edith Wharton e tantissimi altri studiosi, artisti, scrittori, attratti in riva d’Arno dall’amore per la cultura e l’arte classica.
Sono oltre venti i Cézanne in mostra, tra cui i celebri La signora Cézanne sulla poltrona rossa, Casa sulla Marna (eccezionalmente prestata dalla Casa Bianca), Frutteto, Le Bagnanti e la Cena in casa di Simone, copia giovanile dell’omonima opera di Paolo Veronese, scomparsa dal 1945 e ora ritrovata dalla curatrice. Intorno a questo nucleo sono esposte numerose tele di Pissarro,Van Gogh, Matisse, Sargent, Denis, Cassatt, Weir, La Farge, artisti europei e americani con i quali soprattutto Fabbri era in contatto. Importante, come riferimento, anche la presenza di contemporanei italiani: Fattori, Gordigiani, Soffici, Andreotti, Rosso, Ghiglia, Rosai, ecc.
Non si tratta di un arrivo, ma di un ritorno. Intorno agli anni venti erano a Firenze almeno una cinquantina di quadri del grande pittore della Provenza. Si sono poi dispersi, per diverse circostanze, ma facevano parte delle raccolte di due estimatori del grande pittore francese. Erano le raccolte di Charles A. Loeser e di Egisto Paolo Fabbri.
Vorrei sottolineare la seconda di queste due raccolte, sia perché la più numerosa, con ben trentadue quadri, rispetto alla prima, di soli sedici pezzi. È la personalità stessa del Fabbri più legata alla città di Firenze. Al numero 83 di via Cavour una lapide ci informa che l’attività edilizia di Fabbri aveva contributo a migliorare l’assetto delle strade che gravitano intorno all’attuale Questura. Del resto Fabbri aveva anche ristrutturato la sua villa, all’attuale numero 94 di via Cavour, dove ora ha sede la scuola degli Scolopi, per consentire una migliore fruibilità delle sue raccolte, sostituendo gli stucchi e le specchiere di una delle due sale a piano terra, in stile inglese del settecento, con intonacature bianche, appena evidenziate da paraste in pietra serena. Le sue raccolte erano particolarmente apprezzate dal grande critico Berenson che più di ogni altro si stava attivando per far conoscere e stimare l’impressionismo francese e la pittura di Cézanne in particolare. Fabbri stesso, molto restio a far vedere i suoi quadri, contribuì con un grosso apporto di opere da lui prestate, alla riuscita della prima mostra italiana dell’Impressionismo nelle sale del Lyceum, nel 1910. Le vicende economiche costrinsero Fabbri a vendere, particolarmente in America, tutti i pezzi della sua raccolta. Va però sottolineato che Fabbri non fu solo un mercante di quadri. Sul finire della sua vita, dal 1928, si imbarcò in un progetto particolarmente ambizioso.
Coinvolgendo la gente del posto, contribuì a ricostruire, in stile romanico, la Chiesa di Serravalle in Casentino. Accanto alla Chiesa fondò un asilo per la popolazione della montagna e volle che, sostenuta dalle suore dell’asilo, ma con la partecipazione attiva della popolazione del posto, si sviluppasse una vera e propria scuola di canto gregoriano, per la quale fece venire, a sue spese, dagli Stati Uniti, dei professionisti qualificati. Fabbri coltivava un sogno che troverà un’eco esplicita nel necrologio del Times di Londra: «Bellezza nell’architettura e nella musica».
L’impresa del Casentino si colloca nella scia del laicato cattolico fiorentino dell’ottocento, sensibile all’arte, alla cultura, ma anche alla solidarietà. La lapide della sua tomba ribadisce: Artista, architetto, filosofo.
La mostra di Cézanne a Palazzo Strozzi ci obbliga a guardare e ricordare questa singolare figura di figlio di emigrati che dall’America riportò a Firenze ambiziosi progetti, ma anche una ricchezza culturale di livello internazionale e che con le sue conoscenze e frequentazione contribuì non poco a far conoscere il grande pittore provenzale. Quando, mosso dai primi entusiasmi, scrisse a Cézanne che voleva visitarlo a Aix, dove il pittore viveva ritirato, la risposta fu un no, cortese, ma deciso.
Tuttavia il grande artista non nascose la sua meraviglia, per la notizia che dalle pareti della casa di via Cavour, pendessero allora una decina di suoi quadri. Gli scambi con collezionisti, mercanti ed estimatori di Cézanne, consentirono il passaggio sulle pareti di via Cavour, come si è detto, di almeno trentadue opere. Dire che si tratta di un ritorno in piena regola e non di un semplice arrivo, significa anche gettare uno sguardo sulle molteplici iniziative a cui il Fabbri dette avvio a Firenze.