Cultura & Società

I paesaggi di Lorenzini

DI NEREO LIVERANICome lontana origine o «fonte» della figura di Pinocchio fu indicata da Giovanni Papini la favola di un «omino di legno» che usciva da un albero a fare scherzi benefici. I nonni raccontavano sulle aie quella novella a platee di bambini coi piedini nudi stesi all’ultimo sole e quel mondo campagnolo si intravede, se si ha memoria, anche nelle prime pagine di «Pinocchio». Il burattino correndo faceva sul lastrico della via un fracasso «come venti paia di zoccoli da contadini». A Firenze, il venerdì per il mercato, allora i contadini arrivavano scalzi, si infilavano gli zoccoli sotto la Porta a San Gallo e passavano per via dei Ginori, all’angolo di via Taddea dove al numero 21 era nato Carlo Lorenzini nel 1826, come ricorda una lapide. Qua riscopriamo una prima traccia del mondo di Pinocchio: un resto di quell’antico lastricato fiorentino con le pietre irregolari a mosaico.

Quando Lorenzini scriveva «Pinocchio» si abbattevano le mura, la facciata di marmo di Santa Maria del Fiore sostituiva la vecchia ad intonaco. La trasformazione di Pinocchio era anche nostalgica metafora fiorentina? Lorenzini scrive: «C’era una volta…». E la Toscana granducale, contadinesca, festaiola, scompariva davvero sotto i suoi occhi.

La bottega di Geppetto era nei quartieri fiorentini allora abbattuti? Molti l’hanno riscoperta a Castello dove Lorenzini visse da bambino con i genitori, domestici nella villa Ginori. Qua l’aria magica di Pinocchio si può ritrovare nei parchi della Petraia e della Villa Reale dove fu giardiniera Giovanna Ragionieri, vecchina dagli occhi celesti ispiratrice della figura della Fata Turchina. Roberto Benigni ha scelto per il suo «Pinocchio» l’ambiente verde e pietroso della Valnerina. Ma resti dell’antico scenario toscano pinocchiesco si possono ricercare anche nella pianura di Prato, pure al Vergaio dove Benigni ha trascorso l’infanzia. E i querceti fitti, le praterie, le palazzine granducali, i «fossi pieni d’acqua» si ritrovano, pare ancora magia, alle Cascine di Tavola, il grande parco fra Prato e Poggio a Caiano da qualche tempo aperto al pubblico. Nei paesaggi di Pinocchio spesso si sente lontana aria di mare, come si avverte con il vento in Valdinievole. Nel 1860, in una polemica giornalistica, il Lorenzini prese il nome di «Collodi», in Valdinievole, in omaggio al paese natale della madre. Nel parco, costruito dalla Fondazione nazionale Collodi, le opere di Emilio Greco, Venturino Venturi, Pietro Consagra, Giovanni Michelucci oggi sono riconosciute tra i capolavori del XX secolo.Il mare è scena di tante avventure di Pinocchio. A far pensare a un ricordo d’infanzia del Lorenzini sono le ville che i Ginori, marchesi di Riparbella, possedevano tra Vada e Cecina, accanto ai villaggi di pescatori. Là forse soggiornarono anche i genitori del Lorenzini, domestici dei Ginori. Sulla strada verso il mare a Ponte a Elsa sono state ritrovate memorie di un’osteria famosa per i gamberi rossi. La diligenza uscita da Firenze attraversava gli orti di Legnaia, irrigati con i «bindoli» mossi dai ciuchini… Povero Lucignolo…ricordate? Oggi abbiamo un altro luogo, questo a suo modo fantastico, per ritrovare le orme di Pinocchio: il Web. In Italia e nel mondo migliaia di indirizzi Web sono dedicati al burattino del Collodi, al suo libro, ai film, al Parco di Collodi.

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