Cultura & Società

«Internet non distruggerà la ricerca»

di Antonio Lovascio

Guarda al passato, come archivio della «memoria storica della Nazione», ma allo stesso tempo è proiettata soprattutto sul futuro, «sia nel campo delle idee, sia in quello delle tecnologie». Insomma la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, da alcuni battezzata «l’eterno cantiere del sapere», celebra i suoi 150 anni di vita e l’Unità d’Italia con una mostra che esalta l’immenso valore culturale delle sue collezioni e della sua storia, e contemporaneamente raccoglie senza timori e complessi la sfida del digitale e dell’innovazione. Come ci spiega la sua direttrice, Maria Letizia Sebastiani: «Siamo consapevoli che Internet non distruggerà né renderà inutili i servizi offerti dalle biblioteche. Infatti una cosa è l’informazione veloce, immediata e di consumo soddisfatta dalla rete, un’altra è la ricerca, l’informazione profonda e duratura, frutto di ricerche catalografiche e bibliografiche. Pertanto i due diversi approcci sono e saranno sempre complementari ma non alternativi». Sfida lanciata con obiettivi chiari, che non spaventano la responsabile della prestigiosa istituzione fiorentina, nata dalla fusione tra la «Magliabechiana» e la grande Biblioteca Palatina.

Dottoressa Sebastiani, da un anno guida la Biblioteca Nazionale di Firenze, che cammina di pari passo con l’Unità d’Italia. Il significato della mostra che resterà aperta fino al 28 febbraio?

«La mostra 1861-2011: l’Italia Unita e la Sua Biblioteca, racconta un po’ la del nostro Istituto, che si si è sempre fusa con le vicende della città di Firenze, della Toscana e dell’Italia, di cui ha condiviso momenti di particolare splendore ma anche eventi difficili. Tra gli ultimi non possiamo non ricordare i tragici giorni dell’alluvione di Firenze del 1966, che causò ingentissimi danni, oggi in parte consistente recuperati. Non possiamo non richiamare alla memoria con immensa gratitudine quanti all’epoca si adoperarono con abnegazione per recuperare i libri danneggiati dalla furia dell’Arno: il personale della Biblioteca e le migliaia di “angeli del fango” accorsi da ogni parte dell’Italia e del mondo».

La rassegna ed il bel volume di Polistampa ad essa dedicato delineano i momenti più importanti del contributo dato dall’Istituto alla cultura nazionale ed internazionale, un fiore all’occhiello per il nostro Paese. Ce li può brevemente riassumere?

«Alcuni dei documenti in esposizione, come il manoscritto trecentesco che contiene Il Milione di Marco Polo o il cinquecentesco Codice Magliabechiano sulla vita degli Indios illustrato da disegni a penna e acquerello che rappresentano con semplicità e immediatezza le credenze religiose, le feste e le cerimonie dell’antico Messico, sintetizzano l’esemplarità del prezioso patrimonio della Biblioteca fiorentina, considerata una delle più importanti al mondo. A rappresentare un patrimonio ricco di circa 6.000.000 volumi a stampa, 2.689.672 opuscoli, 25.000 manoscritti, 4.000 incunaboli, 29.000 edizioni del XVI secolo e oltre un milione autografi, compaiono in mostra numerose pregiatissime legature, incunaboli, edizioni antiche insieme a primi numeri di giornali e di periodici, spartiti musicali, carte geografiche, fotografie, comics, alcuni dei più bei libri d’artista del Novecento, e, infine, vari dipinti e oggetti artistici, testimonianze di un progresso dell’umanità nei diversi settori dello scibile storico, letterario, artistico, filosofico e scientifico».

Possiamo allora dire che l’emergenza-alluvione sia ormai un lontano ricordo?

«Come ho sottolineato prima, l’alluvione del 1966 investì in pieno la Biblioteca, causando ingenti danni agli arredi e al suo patrimonio. Furono circa 1.200.000 le unità bibliografiche danneggiate, di cui trecentomila libri, tra i quali 100.000 appartenenti alle raccolte storiche, 10.000 titoli di giornali per un totale di circa 400 mila volumi, 10.000 titoli di riviste per un totale di circa 60.000 volumi, 400 mila volumi di rarissime miscellanee, 40.000 volumi di tesi francesi e tedesche, tutti i manifesti posseduti e oltre sei milioni di schede di catalogo. Per fortuna il settore dei manoscritti, collocato al piano superiore, non venne raggiunto dall’acqua. Gran parte dei volumi danneggiati e tutti i cataloghi sono stati recuperati ad opera del Centro di restauro della Biblioteca. Per esempio attualmente circa 5 milioni di fascicoli di giornali sono stati recuperati, riordinati nelle loro serie e messi a disposizione del pubblico. E tutte le carte geografiche sono state restaurate e ricollocate in condizioni ottimali di conservazione; inoltre 8.000 sono state digitalizzate con il progetto Dig Map, cofinanziato dalla Comunità Europea».

Ma restano ancora opere da recuperare?

«Dobbiamo ancora recuperare circa 17.000 volumi appartenenti ai Fondi Palatino e Magliabechiano e circa 30.000 miscellanee. Purtroppo la drastica riduzione di personale da 70 restauratori agli attuali 7, provoca, ovviamente, notevoli ritardi. Al nostro Laboratorio di restauro, sorto dopo l’alluvione, è affidato anche il compito di acquisire e far acquisire la consapevolezza effettiva e non superficiale della “cultura del rischio” e della importanza della prevenzione, anche tramite la diffusione capillare del Piano di emergenza per le collezioni della Biblioteca, già delineato con la Protezione Civile, predisposto per operare al meglio nel caso di una nuova esondazione dell’Arno».

Guardando al presente sono ormai fatti concreti il recupero della Tribuna Galileiana e degli spazi adiacenti, l’apertura di un primo itinerario museale con dipinti, busti ed altri oggetti d’arte della vostra collezione.

«Grazie ai fondi assegnati dalla Camera, oltre ad effettuare altri importanti interventi di risanamento strutturale e impiantistico, è stato possibile il recupero della Tribuna Galileiana e degli spazi adiacenti, inaugurati il 22 dicembre proprio in occasione dell’apertura della mostra. Nella stessa ricorrenza si è deciso di esporre, accanto ad alcuni testimoni del celebre patrimonio librario e documentario, anche parte del poco conosciuto patrimonio artistico della “Nazionale”. Sotto la guida e con il prezioso supporto del prof. Carlo Sisi, abbiamo così avviato la prima traccia di un percorso museale che non riguarderà solo tesori di carta. Purtroppo le opere presentano problemi conservativi, ma è importante presentarle al pubblico dei fruitori e degli esperti come ulteriore tassello del collezionismo fiorentino».

Immagino che un anno fa sia arrivata da Venezia con un piano da realizzare. Quali sono i suoi obiettivi? Intensificherete l’ammodernamento delle  tecnologie con la digitalizzazione?

«Appena giunta a Firenze, l’unico progetto che avevo era quello di dedicarmi al nuovo Istituto, alla conoscenza delle sue problematiche, dei suoi progetti e del suo immenso patrimonio allo scopo di continuare, con il validissimo supporto del personale – che voglio ringraziare per il grandissimo aiuto e la massima disponibilità offerti oltre ogni più rosea previsione – ad operare per la crescita della Biblioteca e la sua modernizzazione. Ora siamo impegnati, in quanto Archivio nazionale della produzione editoriale italiana, insieme con la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, con la Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia e con la Fondazione “Rinascimento Digitale”, in un progetto di fruizione e conservazione delle memorie digitali denominato “Magazzini digitali”, che ha come scopo, accanto alla consultazione di tale materiale, la sua conservazione in depositi certificati, che rispondono a determinati requisiti di sicurezza e di qualità».

Avete allo studio altri progetti?

«Certo. Porteremo avanti la costituzione di un Centro di ricerca sulle materie teatrali e musicali presso il complesso di Sant’Ambrogio, per raccogliere, conservare, rendere fruibili in maniera più generale (e non solo quindi da parte di un pubblico di studiosi e di musicisti), digitalizzare e valorizzare le collezioni librarie e documentarie inerenti alle materie teatrali e musicali conservate presso la nostra Biblioteca e in quella del Teatro della Pergola – acquisite dalla “Nazionale” dopo la soppressione dell’Eti – e quelle di proprietà della Regione Toscana. Nel Centro verrà attivato il Progetto Audioteca, che permetterà agli utenti di ascoltare per intero, in virtù di un accordo con gli aventi diritto, il patrimonio sonoro posseduto dall’Istituto per i Beni Sonori e Audiovisivi e già digitalizzato, e il patrimonio visivo del medesimo Istituto in corso di digitalizzazione».

Ma per stare al passo con i tempi c’è un problema di risorse. Cosa ha in mente di fare per arginare la «falla» economica?

«I tagli al bilancio dipendono da una più generale e diffusa crisi economica, non solo europea ma mondiale. Credo che l’unico modo per uscire dal tunnel sia la ritrovata capacità, propria dei tempo di crisi, di gestire dei percorsi comuni insieme con gli Enti e le Istituzioni del territorio, di instaurare nuovi equilibri e sinergie tra pubblico e privato, di non farsi dominare dalla crisi ma di cercare soluzioni alternative per cercare di arginare al meglio, come lei dice, la “falla” economica».

Forse avrà trovato un organico ridotto all’osso. Ce la fate ugualmente?

«Il problema più difficile da risolvere è senz’altro la preoccupante diminuzione dell’organico, da 400 alle attuali 185 unità, per l’aumento progressivo dei pensionamenti. L’aiuto dato dal Servizio Civile Regionale si sta rivelando prezioso, ma il non inserimento di nuove leve sta facendo mancare quel processo di affiancamento, essenziale per il mondo culturale, che ha sempre reso possibile la trasmissione delle conoscenze dall’esperto al giovane. Sicuramente nel lungo tempo questa situazione finirà per pesare anche sull’erogazione dei servizi e sulla modalità dell’offerta».

La Biblioteca Nazionale di Firenze ha un «tesoro». Lo può sintetizzare in poche righe?

«Prendendo in prestito le parole di Carla Guiducci Bonanni, già grandissima stimatissima direttrice dell’Istituto, “una biblioteca di conservazione come la Nazionale di Firenze è simile a una cellula del cervello, che deve essere mantenuto in vita e tutelato. Puoi anche non adoperarla mai, può anche non servirti mai, ma tu sai che oggi proprio lì c’è tutta la tua memoria”. A questo aggiungerei il valore aggiunto dato in ogni periodo dal personale».

State studiando e realizzando sinergie con le altre Istituzioni culturali toscane?

«Nella situazione attuale non si può più pensare che paghi vivere nella Biblioteca-Torre d’avorio. È necessario vivere insieme agli altri, dare vita a progetti comuni, mettere insieme le poche risorse strumentali e umane di cui si dispone, fare della cooperazione il proprio programma da condividere con tutti gli altri attori del territorio».

C’è una soddisfacente collaborazione con Biblioteche pure a livello internazionale?

«Direi di sì; la “Nazionale” lavora in sintonia con le altre biblioteche italiane e straniere, con Enti di ricerca e con Istituzioni culturali di ogni Paesi e, in particolare, con la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, con cui condividiamo scelte e compiti istituzionali».

Dopo un anno in riva all’Arno, si sente già fiorentina?

«Il riconoscimento della “fiorentinità” non può che essere conferito dai fiorentini stessi! Personalmente penso che Firenze, oltre alle sue famose “meraviglie”, vada scoperta nelle sue peculiarità meno appariscenti e scontate. Tra le tante descrizioni della città quella che più, secondo me, le si addice è quella riportata in una particolarissima guida dal titolo 101 cose da fare a Firenze almeno una volta nella vita, che la descrive “meravigliosa, enigmatica come una formula alchemica, ingegnosa come una macchina volante di Leonardo, conturbante come una scultura di Michelangelo”. È una città sicuramente dalle mille problematiche, come quasi tutte le città d’arte, che va amata incondizionatamente perché possa accettarti e accoglierti. Ecco, nel grado di innamoramento raggiunto credo di potermi considerare fiorentina».

La scheda«Purtroppo in Italia c’è la miopia di non capire che l’Istruzione e la Cultura sono due settori importanti su cui investire a lungo termine. Perché il cittadino lo si fa fin dall’asilo ma poi lo si deve accompagnare per tutta la vita». Sono affermazioni sulla scarsa sensibilità della politica italiana che fanno capire di che pasta è fatta Maria Letizia Sebastiani. Romana, 57 anni, studiosa di paleografia greca e codicologia, laurea alla Sapienza, solida formazione e ricerche presso gli Archivi Segreti Vaticani, con una ricca produzione pubblicistica alle spalle, da un anno dirige la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze.

Ha preso il posto di Ida Fontana, dopo essersi fatta apprezzare in mezza Italia per la sua preparazione ed energia, in particolare negli ultimi anni alla «Marciana di Venezia (di cui conserva ancora la direzione ad interim) e alla guida della Biblioteca nazionale Universitaria di Torino dove si è spesa per coordinare il recupero del fondo manoscritto andato in fiamme nell’incendio del 1904. Dal complesso monumentale di piazza dei Cavalleggeri prosegue il paziente lavoro di rinnovamento – per contrastare ed interrompere la crisi dei saperi – di altri grandi direttori che l’hanno preceduta: su tutti Emanuele Casamassima, che ha mirabilmente gestito con implacabile determinazione l’emergenza-alluvione; e Carla Guiducci Bonanni, poi chiamata a Roma come sottosegretario ai Beni Culturali del Governo Dini e successivamente senatrice per una legislatura, dal 1996 al 2001, tuttora punto di riferimento di numerosi operatori culturali toscani.

A questi studiosi – ed ai preziosi collaboratori di cui hanno sempre saputo circondarsi e valorizzare – si deve se ancor oggi la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze è considerata in tutto il mondo come l’Istituto Bibliografico più importante d’Italia. Funzione così illustrata dalla stessa dottoressa Sebastiani: «La “Nazionale” ha da sempre redatto la storica Bibliografia Nazionale Italiana (BNI) e curato l’implementazione del Nuovo Soggettario sperimentando anche alcune forme di indicizzazione per l’editoria italiana elettronica e per le risorse digitali di varia natura disponibili sul web, così come si è occupata della traduzione della Classificazione Decimale Dewey (CDD). Le è stato riconosciuto il ruolo di Emeroteca Nazionale; accanto alla catalogazione e gestione del suo sempre più cospicuo e notevole materiale librario e documentario si è occupata della gestione di quello cosiddetto “minore”, importantissima fonte di ricerca soprattutto nel campo della storia moderna e contemporanea e della civiltà in genere. Inoltre ha assicurato la sua partecipazione altamente professionale a progetti europei di indubbia rilevanza. Più di recente la nostra Biblioteca si è impegnata nel settore della digitalizzazione di parte delle proprie raccolte, in particolare con il Progetto ProQuest, in corso, e il Progetto Google, che partirà a breve, i quali, nella loro diversità oggettiva, avranno come fine comune la disponibilità e la visualizzazione in rete di gran parte dell’immenso patrimonio della “Nazionale”».