Cultura & Società

La Garfagnana celebra il capolavoro del «suo governatore»

Castelnuovo in Garfagnana «… da questi monti / Che dànno a’ Toschi il vento di rovaio / Qui scesi dove da diversi fonti / Con eterno rumor confondon l’acque / La Turrita col Serchio fra duo ponti / Per custodir, come al Signor mio piacque, / Il gregge grafagnin, che a lui ricorso / Ebbe, tosto che a Roma il Leon giacque, / Che spaventato e messo in fuga, e morso / Gli l’aveva dianzi, e l’avria mal condotto / Se non venia dal ciel giusto soccorso».

È qui che Ludovico Ariosto, rinchiuso nella Rocca di Castelnuovo per difendersi da questa «terra di lupi e di briganti» dove «vanno gli assassini in si gran schiera» e dove «si odono sempre dalle grotte liti, gridi / Furti, omicidi, vendette et ire», fu commissario ducale per conto degli Estensi, negli anni che vanno dal 1522 al 1525. Una scelta forse ardita, forse anche sbagliata, ma certo non comune, quella di Alfonso I, che vide in Ariosto, l’uomo dalle capacità diplomatiche tali da riportare l’ordine e la pace su quelle montagne ormai di tutti e di nessuno.

Il governo del territorio non era però proprio il suo «sogno» se pure era il suo «bisogno». Il poeta era stato infatti costretto ad accettare lo sgradito incarico a causa della difficile situazione economica in cui si trovava: dal 1521 gli era stato sospeso lo stipendio in conseguenza della crisi della corte estense. «Meleguzzo cugin», scriveva nella famosa Satira IV, «qui ho perduto il canto, il gioco, il riso».

La Garfagnana era infatti storicamente una regione di frontiera: la sua impervia posizione fra la parte superiore della valle del Serchio, le Apuane e l’Appennino tosco-emiliano segnava il limite oggettivo di una marginalità territoriale. Un limite che sarebbe divenuto una risorsa nelle complesse dinamiche politiche che interessarono l’Italia tra Quattro e Cinquecento. Solo all’arrivo, dovette però aprirsi agli occhi dell’Ariosto uno spaccato umano, persino antropologico, che prendeva le sue forme, che acquisiva i tratti di una distanza che non si sarebbe mai colmata. Era una distanza culturale, tra la città e la montagna, fra una civiltà «delle buone maniere» e una società essenziale, fondata sulla violenza e sull’uso di poche e scarne regole di sopravvivenza.

Di quegli anni Ludovico Ariosto scrisse: «Io non gli ho saputo dare altro che parole». Parole in cui l’intellettuale si rifugiò proseguendo la riscrittura del suo più grande capolavoro, l’«Orlando furioso», in cui volle far rivivere tutte le avventure, i desideri, gli amori, le lotte, come in una grande scacchiera del mondo, dove ogni personaggio esprime qualcosa di noi, di noi esseri umani provvisori, eppure nel nostro quotidiano vivere, così pervasi di eternità, inconsapevoli del limite. L’eterna ricerca è il vero tema del «Furioso», proprio come accade nella nostra società, dove ognuno di noi è all’infinita ricerca di qualcosa, che non troverà mai, o che troverà solo provvisoriamente, per poi perderla di nuovo e rimettersi a cercare. Questi luoghi lo ricordano oggi, sotto il patrocinio del Comitato nazionale per il V Centenario della prima edizione dell’«Orlando», con una serie di eventi che proseguiranno per tutto l’anno. Due mostre, un convegno, un film e tanto altro.

Tra le iniziative di maggior rilievo, dal 16 luglio alla fine di agosto, nella Fortezza di Mont’Alfonso, la mostra di Antonio Possenti, pittore narrativo dalla figurazione intrigante e fantastica, dal titolo Altrove e altri luoghi. Occasioni e suggestioni dall’Orlando Furioso. E l’eccezionale esposizione che rivivrà in chiave pop il mito dell’Orlando grazie ai «quattro Moschettieri» dell’arte fantasy italiana: Paolo Barbieri, Daniele Orizio, Luca Zontini e Lucio Parrillo. In concomitanza con Lucca Comics & Games, il grande evento che vede la città di Lucca capitale indiscussa del fumetto e dell’illustrazione internazionale, dal 23 ottobre alla fine di dicembre, alla Fondazione Lazzareschi di Porcari, si terrà infatti la mostra L’Orlando curioso. Il viaggio di Ludovico Ariosto nei labirinti del fantastico.

«L’idea – spiega Renato Genovese, direttore di Lucca Comics & Games – nasce dal desiderio di instaurare un legame più intimo, più profondo tra quel grande creatore di storie che fu Ariosto, e la vocazione al fantastico delle nostre terre, che continua ad essere alimentata soprattutto dal Lucca Comics & Games». Obiettivo dell’esposizione, è inoltre quello di attrarre il pubblico dei giovanissimi attraverso linguaggi della contemporaneità e forme di espressione a loro più vicine. La mostra oltre alla galleria di fumetti, prevede tra l’altro, un percorso interattivo fatto di splendidi diorami che raccontano i più accattivanti episodi del «Furioso», video dedicati ai pupi siciliani, modellini con simulazione degli eserciti dei mori e dei cristiani, carte geografiche dei viaggi dei protagonisti, e una sala che simula l’approdo di Astolfo sulla luna in cui i visitatori saranno chiamati in causa per recuperare, con quello di Orlando, il proprio «senno perduto».

I tre anni che l’Ariosto trascorse in Garfagnana vengono descritti, in occasione di questo centenario, anche attraverso il docufilm Ariosto, il vero volto, con la regia di Maurizio Bernardi.

Tra la fine di settembre e i primi di ottobre si terrà poi il convegno L’Orlando Furioso. Incanto, follia e fortuna dell’Ariosto, poeta e commissario nella garfagnana estense.

Inoltre è stato promosso il concorso nazionale Il tempo della poesia, un viaggio nella vita e nella poesia di Ludovico Ariosto, rivolto agli alunni delle scuole elementari, medie e superiori di tutto il territorio nazionale e agli studenti universitari. Le iscrizioni sono aperte sino al 30 novembre 2016. Per informazioni sul bando chiamare lo 0583-464062 o scrivere a info@fondazionebmlucca.it.