Cultura & Società

La Toscana delle cinte murarie

La Toscana, giustamente e non sempre con accezione tra le migliori, è stata definita la terra dei campanili, dove il riferimento non è tanto alle torri che danno voce alla nostre chiese, quanto alle rivalità – sovente ormai solo folkloriche (ma non sempre) – tra le varie città, borghi, addirittura quartieri (Siena, e il suo celebre Palio, ne sono testimone concreto). Tuttavia, non sarebbe da meno, e con eguale fondamento storico, parlare di terra delle città murate, qui forse più che altrove: sia per cronologia storica sia per persistenze ancora visibili (e spesso visitabili).

Solitamente, da noi, il pensiero corre allora subito a Lucca, per la sua mirabile ed impressionante cerchia arborata, che tutt’oggi l’abbraccia e gelosamente custodisce: indubbiamente la più nota, ma certo non la sola, e non la prima. A partire dalla stessa città, che vanta almeno altri tre esempi di cinte ancora visibili (le due medievali e quella romana), mentre tardocinquecentesca è l’attuale.

Ma assai più remote sono le cinte ancora in essere, almeno parzialmente: la cinta di Cosa nella Maremma, che affonda al III secolo a.C. o le mura (e porte) etrusche di Volterra insegnano.

Naturale, poi, il vero e proprio florilegio delle fortificazioni medievali, nella terra dei liberi Comuni. Potremmo, parafrasando il monaco Robero il Glabro, dire che se la temuta fine dell’anno Mille spinse l’uomo a ricoprire il mondo di un bianco mantello di chiese, così dalle esigenze difensive e dalla fiera autonomia spuntarono per ogni dove cinte murate. Non esiste borgo toscano che, più o meno conservata, avesse la propria, assurta ad emblema e simbolo dell’identità comunale, che ne fa prezioso e prestigioso documento anche iconografico in opere d’arte: dalle tavole medievali, innumerevoli, ai cicli affrescati, a partire da quello di Lorenzetti nel Palazzo Pubblico di Siena.

Monteriggioni come Volterra, San Gimignano come Vicopisano, per restare al Medioevo, sono forse gli esempi più noti.

Con i Medici, e le esigenze difensive della Dominante, una nuova fioritura: Siena, Grosseto, Arezzo, Sansepolcro, Livorno, Pistoia…. E quando non furono nuove edificazioni, furono quanto meno adeguamenti, nuove fortezze e bastioni, come a Pisa. Ironia della Storia, è proprio Firenze dove le Mura furono in gran parte abbattute, vittime delle necessità urbanistiche della nuova capitale d’Italia (1855-1860).

Caso a parte, e tutto speciale, quello già ricordato di Lucca, l’ultima repubblica/stato a cadere nella penisola.

L’excursus, breve e certo incompleto, sarà comunque sufficiente a dipingere l’affresco di una terra murata e, in gran parte ancora da riscoprire sotto questo profilo. Che potrebbe rappresentare, da solo, un nuovo filone tematico di un circuito turistico speciale e di sicuro interesse. 

Dai muri alle mura, la rinascita di Pisa

Tra le prime cinte murarie urbane italiane – risalgono al 1155, sotto il Consolato di Cocco Griffi – quella di Pisa si estende ancora per circa due terzi del suo sviluppo originario, abbracciando la città. Da sempre più nota la tratta che circonda e delimita la piazza del Duomo, ma solitamente vista solo come cortina del complesso monumentale, il resto per lunghi decenni è stato quando non ignorato, comunque trascurato o abusato. Più muri che Mura, spesso ritenuti un ostacolo alle nuove e progressive sorti: alla prima metà del Novecento risalgono gli abbattimenti voluti per l’espansione urbana, oltre quelli patiti a causa della guerra.

Ma il male era diffuso: da Lucca dove si corse il rischio, con tanto di delibera comunale, della distruzione della splendida cerchia arborata, a Firenze, dove in tempi precedenti la nuova capitale esigeva spazi e viali. E, ancor prima, a Parigi, quando il barone Haussman decise la nuova circuitazione con i boulevards, che rimpiazzarono le cinte murarie.

Potremmo continuare, sino a tempi più recenti: ancora negli anni ’ 80 nella città della Torre non vi era consapevolezza diffusa che le Mura Repubblicane rappresentassero il complesso monumentale più importante ed imponente dopo quello che ruotava attorno alla cattedrale.

Oggi, possiamo dirlo, le Mura hanno vinto la loro battaglia e la città ha capito, ed ha operato: con intelligenza, rapidità e concretezza, seppure in tempi assai difficili. Grazie ai progetti del PIUSS (Progetti integrati di sviluppo urbano sostenibile), cofinanziati dalla Comunità Europea, dal Comune e da sponsor privati (quali, vale ricordarlo proprio per le Mura, la Fondazione Pisa), è partita – e quasi arrivata – la rinascita. La cinta muraria è un enorme cantiere, in parte già completato in parte in divenire, per un impegno economico che sfiora i sei milioni di euro.

La filosofia che guida l’intervento – che dovrà essere concluso inderogabilmente entro il 2014, pena la revoca dei fondi da Bruxelles – è duplice: il restauro e la conservazione da un lato, la valorizzazione dall’altro. Quindi antiche torri che tornano a svettare nella loro bellezza, cortine murarie ripulite e consolidate, antiche porte tamponate oggi riaperte si sposano con la realizzazione di un camminamento pedonale in quota, sulla Mura stesse, che consente una visione inedita e spettacolare della città dall’alto. Che non è sola suggestione, ma elemento condizionante richiesto dalla Comunità Europea proprio per erogare i finanziamenti destinati al recupero dei cespiti monumentali: vale a dire metterli a reddito. Come accade, del resto, per i siti UNESCO con i piani di gestione, senza che nessuno se ne scandalizzi, in quanto strumento di controllo e garanzia dei siti stessi. Nascerà così una promenade dall’alto, con punti di salita e discesa, di sosta e di ristoro – integrando anche in maniera morbida tratti ormai scomparsi così da ricreare un percorso a tutto tondo della città murata.

Ma non basta, a fianco di questa passeggiata in quota, se ne recupererà (notare il verbo) un’altra: quella dal basso, liberando la cinta muraria da quanto nei secoli, ma più frequentemente negli ultimi decenni, l’ha assalita: dalle baracche alla piantumazione selvaggia o creata, dalle occupazioni abusive alle occlusioni dei passaggi. Sarà il ripristino (ecco perché l’uso di quel verbo) del pomerio, che già dal 1287 sta rappresentava la fascia di rispetto (allora per motivi militari) attorno alle Mura, fino ad otto pertiche di distanza dalla cinta (circa quattordici metri di oggi). E questo rinato itinerario urbano – meglio sarebbe stata forse questa della esterofila definizione di promenade architecturale – comprenderà spazi verdi e parchi, si estenderà al recupero dei Vecchi Macelli – la nuova Cittadella Galileiana, museo ed area della scienza (altro progetto PIUSS) – come a quello della Cittadella Vecchia (un nuovo PIUSS) con il restauro/ricostruzione degli Arsenali Repubblicani a fianco di quelli Mediceo Stefaniani, sede del costituendo Museo della Navigazione.

E, anche questa seconda promenade, non sarà cosa da poco con i suoi tre milioni di euro d’investimento.

Qualche mugugno, inutile tacerlo, non è mancato: da coloro che si vedevano sottratti spazi magari privatizzati od un’intima privacy (magari a causa del percorso in quota ad altezza di finestre) a coloro che, rimasti fuori dallo straordinario disegno di recupero, hanno avuto a che ridire denigrandolo. È normale, addirittura scontato, ma i risultati sono, sempre più, sotto gli occhi di tutti. Domani (ma già oggi) la Storia giudicherà questo immane impegno di recupero e restituzione alla città di uno straordinario complesso di storica edilizia difensiva (e non solo).

Curiosità

Lucca: le mura sono larghe 30 metri e si sviluppano per 4,2 chilometri. Per la loro costruzione furono impiegate decine di milioni di mattoni. Non furono mai usate per scopi bellici; più utili furono – sprangate le porte – per difendere la città dalla disastrosa piena del Serchio del 1812. Si narra che, guardando bene, forse si potrebbe scorgere ancora oggi, nelle notti di luna piena, il fantasma della bellissima Lucida Mansi, la nobildonna lucchese vissuta nella prima metà del Seicento che, dopo il tremendo patto col diavolo con cui si era garantita una trentennale giovinezza, fu poi precipitata nelle acque del laghetto dell’attuale orto botanico sotto le Mura.

Monteriggioni: la cinta muraria piccola, ma pressoché intatta, consta di 570 metri di perimetro e 14 torri.

Livorno: non solo storia antica ma anche… politica almeno a stare ad un’epigrafe posta sulle Mura: Tra queste mura il 21 gennaio 1921 nacque il partito comunista italiano, avanguardia della classe operaia.

Dai nomi ai numeri

La torre del Catallo come quella di sant’Agnese, il bastione San Giorgio o quello del Barbagianni: dove sono? Sarà, anche questo, un risultato del recupero ai fini della loro fruizione delle Mura Repubblicane di Pisa, restituendo alla città una toponomastica ancora esistente, è vero, ma solo sulla carta o sui testi specialistici. Anche laddove il nome magari era trasmigrato in una strada od una piazza, come per il largo del Parlascio, che assume la definizione dell’omonimo bastione anch’esso acquistato dal Comune (… era ancora proprietà privata) che ne destinerà ad uso pubblico gli splendidi spazi. Non è questione di poco conto, è la restituzione ad un uso quotidiano dell’identità urbana, che si ritroverà in quei luoghi della propria storia. Un pò, se vogliamo, come per gli antichi quartieri che, dappertutto in Toscana, si identificano spesso ancora con il nome del santo titolare delle loro chiese: da San Francesco a Santo Spirito a San Martino a San Jacopo….

A stupire, con i nomi, saranno i numeri: oltre due terzi sono le tratte di Mura ancora esistenti della cinta pisana, ben quasi cinque chilometri e mezzo dei sette originari. Un patrimonio sommerso o camuffato che tornerà alla sua integrità.

Egualmente sorprendente l’imponenza dell’edificato: mura, torri e bastioni realizzati in pietra calcarea con paramento murario esterno ed interno in conci di pietra squadrata, con all’interno una muratura a sacco per uno spessore complessivo di due metri e venti. Merli in sommità alti anche un metro e mezzo. Un’altezza media della cerchia murata di circa dieci metri.

Fu, dunque, quella delle Mura Repubblicane di Pisa un’opera colossale, vera e propria antesignana dell’edilizia militare, tenuto conto dei tempi in cui le fu dato avvio (prima metà del XII secolo). E che cambiò il profilo della città, il cui volto fino ad allora era stato disegnato dalla precedente cinta altomedievale assai più ristretta: l’Arno a sud, più o meno l’attuale via Santa Maria ad ovest ed il Borgo ad est. Muterà quindi, radicalmente, lo skyline della città, a partire proprio da quella piazza del Duomo – che vide sorgere i suoi primi miracoli (la cattedrale nel 1063, il battistero nel 1153) quando ancora le mura che oggi la cingono gelosamente non c’erano – come il quartiere/emporio dei commerci,  Kinzica, che sarà l’ultimo ad essere racchiuso nell’abbraccio fortificato, oltrarno.

Se il maestoso complesso monumentale della piazza del Duomo fu vera e propria mirabilia innalzata a lode del Creatore, quelle Mura furono perciò segno di gloria e potenza della Repubblica, le cui galere solcavano i mari del mondo dell’epoca: ambedue, comunque, testimoni di radicata e condivisa fierezza della città.