Cultura & Società

La morte di Ennio Morricone

Ha lavorato fino all’ultimo, non aveva alcuna intenzione di smettere. E, come disse lui stesso in occasione della morte di Sergio Leone, “ci resta solo un grande silenzio in cui piangere”. Aveva iniziato diplomandosi in tromba, strumentazione per banda e composizione. Poi aveva arrangiato alcuni successi di musica leggera, da Pinne fucile ed occhiali a Abbronzatissima, da Sapore di sale a Se telefonando. Aveva anche lavorato ad alcune composizioni classiche. Ma è nel 1961, componendo la colonna sonora de Il federale di Luciano Salce, che trova la strada che lo porterà alla celebrità nel mondo intero. Molto presto, nel 1964, ritroverà Sergio Leone con cui era stato compagno di scuola alle elementari e compone per lui la colonna sonora di Per un pugno di dollari, poi di Per qualche dollaro in più, poi di Il buono,il brutto, il cattivo. Come si dice, il resto è storia.

Varcati rapidamente i confini nazionali, lavorerà con Don Siegel, Henri Verneuil, John Boorman, Terrence Malick, John Carpenter, Samuel Fuller, Roland Joffé, Brian De Palma, William Friedkin, Roman Polanski, Pedro Almodóvar, Barry Levinson, Mike Nichols, Oliver Stone, Warren Beatty e Quentin Tarantino. Proprio per The Hateful Eight, nel 2016, vince finalmente l’Oscar dopo averne ricevuto uno alla carriera nel 2007. Ma non si può ridurre la vita e l’opera di Ennio Morricone a un elenco di nomi e titoli di film. E neanche andare alla ricerca del segreto di un genio. In fondo, il segreto (che in realtà erano ovviamente più di uno) si riduce a una semplice dichiarazione d’intenti: la sua musica doveva piacere al regista, al pubblico ma anche a se stesso.

Venendo a mancare uno di questi anelli, la catena non sarebbe mai stata completa. Sarà anche il segreto di Pulcinella, ma un conto è esprimersi a parole, un conto a trasformare lo stesso concetto in musica. Soltanto così si potrà avere il quadro credibile di un autore che ha lavorato a opere alte e a opere di secondo piano sempre con la stessa dedizione e la stessa competenza. Trovare il nome di Morricone associato a Per un pugno di dollari e In ginocchio da te, a I pugni in tasca e Agente 077 missione Bloody Mary, a Teorema e Sai cosa faceva Stalin alle donne? non è un controsenso, ma la testimonianza di una professionalità che vola al di sopra di ogni catalogazione e ogni etichetta. La musica di Morricone si può suddividere in due blocchi: quella che ha bisogno delle immagini per avere un senso preciso e quella che si ascolta ad occhi chiusi immergendosi in essa come fosse una sinfonia di Beethoven o un preludio di Chopin. È pur vero che le note sono sette. Ma è anche vero che le loro combinazioni possono essere infinite. E Morricone, che talvolta non ha esitato a ispirarsi a se stesso o addirittura a rifarsi (un tema di Allonsanfan e uno di Baarìa sono praticamente identici), è stato molto più spesso bravo a indicare precise tracce di stile senza mai ripercorrere pedissequamente le stesse strade. Ecco perché quel grande silenzio in cui piangere non potrà mai essere silenzio assoluto: lo riempiranno le sue note, da qui all’eternità.