Cultura & Società

La politica raccontata dai telegiornali

di Ennio CicaliQuanti voti sposta la televisione? Quanto contano la «par condicio» e il «panino»? Gli interrogativi si fanno più pressanti, in vista di una campagna elettorale tutta da giocare, dove conterà molto l’informazione televisiva, specie nei telegiornali. Perché si fa politica in tanti modi nei Tg: con un sorriso, l’esibizione della propria imparzialità, un’omissione irrilevante, con un’esagerazione, un piccolo spostamento, il taglio di un nastro, il «panino», che attribuisce la prima e l’ultima parola alla stessa parte.I telegiornali restano il principale e più diffuso mezzo d’informazione, insuperati nel processo di formazione dell’opinione pubblica. Solo considerando i due tg più seguiti, Tg1 e Tg5, si calcolano in quindici milioni le persone che seguono l’informazione televisiva, ma i contatti sporadici sono molti di più, a fronte dei circa 6 milioni di copie vendute dai quotidiani.

La politica e i telegiornali. Parte da qui la ricerca La politica dei Tg, la politica nei Tg di Aldo Grasso, Massimo Scaglioni e Stefania Carini pubblicata nel numero di novembre-dicembre 2005 di «Vita e pensiero», il bimestrale di cultura e dibattito dell’Università Cattolica. L’obiettivo è quello di tracciare una mappa aggiornata dell’informazione telegiornalistica nazionale e di come questa «racconta la politica», attraverso l’analisi comparata delle edizioni serali, nella fascia 18,30 -21, dei Tg trasmessi dalle reti nazionali, nella settimana compresa fra il 24 e il 30 ottobre 2005.

Sette telegiornali sotto esame, Tg1, Tg2 e Tg3 della Rai, Tg4, Tg5 e Studio Aperto di Mediaset e l’ultimo arrivato, il TgLa7. Per ognuno di essi sono esaminate le differenti strategie informative, le scelte di «messa in scena» delle notizie, le modalità di costruzione delle stesse, il numero degli ascoltatori, la loro età media, il reddito e la composizione del nucleo famigliare, il bacino di utenza.La ricerca rende conto dell’identità comunicativa dei diversi notiziari messi a confronto. Due parametri considerati: il primo distingue la prevalenza di hard news (notizie forti di politica, economia, esteri) o di soft news (notizie leggere di cronaca, società, costume, spettacolo ecc); il secondo distingue la strategia che il tg costruisce, tesa al riscaldamento delle notizie (forte personalizzazione della conduzione, enfasi nei servizi ecc.) o, viceversa, al loro raffreddamento (conduzione asettica, freddezza nel tono dei servizi ecc.).

Emergono così quattro telegiornali fortemente differenziati:

• tg istituzionale, il modello indiscusso resta il Tg1, a cui si ispira, ancora in gran parte, il TgLa7, caratterizzato dalla prevalenza delle hard news e da un tono complessivo teso al raffreddamento dell’informazione;

• tg d’opinione (in forme diverse, Tg4 eTg3), dove prevalgono le hard news, con un tono complessivo teso al riscaldamento delle notizie (attraverso una forte personalizzazione della testata, nel caso del Tg4; o attraverso la definizione di un «punto di vista» privilegiato, per il Tg3);

• tg tabloid (principalmente, Studio Aperto), con la netta prevalenza delle soft news, del mondo televisivo e da un tono complessivo teso al riscaldamento dell’informazione;

• tg magazine (principalmente Tg2, in parte anche Tg5), con la trattazione delle hard news solo in quanto eventi notiziabili, bilanciata da una forte presenza di altri temi (soprattutto cronaca rosa per il Tg5, società, costume, spettacolo per il Tg2), unita a un tono generalmente freddo (riscaldato da una conduzione personalizzata per il Tg5).

Ciascuno di questi modelli di Tg definisce modi diversi per il racconto della politica, da riassumere in altrettante strategie, che comportano rischi differenti: dalla strategia dell’equidistanza, che caratterizza il tg istituzionale alla strategia della parzialità, caratterizzata dalla personalizzazione della conduzione (Emilio Fede per il Tg4), o sottilmente «mascherata» dall’avvicinamento a un modello di tg istituzionale e «raffreddato» (Tg3);

• strategia dell’irrilevanza, prevalente nel «tg tabloid»: tralascia quasi completamente il discorso della politica, con il rischio principale di una totalede-politicizzazione dell’informazione;

• strategia della notiziabilità, che caratterizza il «tg magazine»: da spazio al discorso politico in quanto evento notiziabile a cui affianca uno sguardo più attento alla società e al costume (Tg2); o come una delle componenti con cui costruire il telegiornale, ma non la principale (Tg5).

Attraverso questa ricerca «Vita e pensiero» spiega la logica che sta dietro il «racconto» che fanno i tg della politica e perché il formato dei Tg sarà uno dei terreni di scontro decisivi per garantirsi la fetta maggiore di audience nei telegiornali futuri.

La scheda• Tg1: telespettatori, 7.638.000 nel 2005 (7 milioni 484 mila nel 2004). pubblico prevalentemente anziano, dai 55 agli oltre 65 anni, equilibrato tra donne e uomini, costituito da famiglie i cui membri sono pensionati con livelli di reddito medi o medio-bassi, o sono tutti membri adulti (es. genitori con un figlio percettore di reddito) con livelli di reddito medi, residenti al Centro o al Sud del Paese.

• Tg 2: ha una media di 2 milioni 834 mila spettatori nel 2005 (erano 2.357.000 nel 2004). Soprattutto persone di ambo i sessi (con una leggera prevalenza maschile) dai 44 ai 54 anni, prevalentemente con buoni livelli economici e culturali: famiglie giovani, con un figlio piccolo o senza figli, frequentemente laureati o diplomati, resilienti nel nord est (Veneto, Trentino, Friuli) o in certe aree del centro sud (Lazio, Campania, Basilicata, Sardegna).

• Tg3: nel 2005 hanno seguito il notiziario serale 2.540.000 spettatori (2.476.000 nel. 2004). Il profilo del pubblico del Tg3 è nettamente connotato: è un uomo di età matura o anziana, ovvero con più di 55 o 65 anni, livelli economici e culturali medi o medio-alti, residente prevalentemente nel centro o nel nord Italia (con la sola eccezione della Sardegna). Consistente il numero di diplomati o laureati, cui si deve aggiungere anche una parte di pubblico con istruzione elementare.

• Tg5: la media d’ascolto nell’ottobre 2005 era di 6.972.000 spettatori (6.640.000 nel 2004). In prevalenza donne e uomini di età compresa tra i 15 e 54 anni, appartenenti alla «classe media»: famiglie il cui capofamiglia ha un’età media pari a 58 anni, il secondo componente del nucleo è quasi sempre il coniuge, prevalentemente casalinga od operaia, come peraltro gran parte dei capifamiglia. Il livello d’istruzione e di reddito dei coniugi, spesso, con un figlio è medio o medio-inferiore. Seguono il Tg5 anche tipologie di pubblico differenti: accomunate per età (dai trenta ai cinquanta anni), con livelli di reddito e istruzione più alti (liberi professionisti, laureati, diplomati). È molto seguito nel nord Italia (specialmente in Lombardia), ma anche al sud, con un calo invece al centro (Emilia Romagna, Toscana, Umbria).

• Tg4: ascolto in lieve calo nei periodi considerati dalla ricerca: 1.130.000 spettatori nell’ottobre 2005 (1.211.000 nel 2004). Lo spettatore medio ha raggiunto o superato i 64 anni di età: famiglie costituite da uno o due membri, pensionati, con livelli economici e culturali medio-bassi.

• Studio Aperto: ascolto è in lieve crescita: 1.454.000 spettatori nel 2005 (1.403.000 nel 2004). Lo spettatore tipo è piuttosto giovane: maschio (in prevalenza) o donna, con un’età che va dalla preadolescenza all’adolescenza, per sconfinare ai trenta-quarantenni. Gli altri fattori sono più eterogenei: si sovrappongono livelli di istruzione e reddito medio-bassi e medio-alti.

• TgLa7: ascolti in lieve crescita: 416 mila nel 2005 contro i 306.000 del 2004. Il profilo dello spettatore medio è piuttosto sbilanciato su fasce di popolazione privilegiate: spettatori o spettatrici con ottimi livelli di istruzione e reddito, molti dei quali diplomati o laureati. Un pubblico di età compresa tra i 44 e 64 anni, in parte superiore ai 64 anni. Si tratta mediamente di famiglie di 2,5 componenti con un’alta concentrazione di liberi professionisti e la quota più alta di laureati, sia per il capofamiglia sia per il coniuge/convivente.