Cultura & Società

La vita segreta del padre di Pinocchio

di Carlo LapucciIl nuovo millennio, dopo le meraviglie offerte dal precedente, ci fa assistere ora al trionfo del Burattino. Tutti si sono convertiti a Pinocchio, anche i più scettici. A noi è sempre piaciuto e cogliamo l’occasione di parlare del suo povero babbo, non Geppetto, ma Carlo Lorenzini, per scoprirne qualche ricordo ancora nascosto nelle polverose pagine di vecchi lunari, dove un tale Enrico Giusti, pittore di ceramica della Manifattura Ginori di Doccia, abitante di Colonnata, per quasi l’intera sua vita ha annotato su decine di piccoli lunari, del tipo Sesto Caio Baccelli, i fatti della vita d’un uomo, della sua famiglia, d’una fabbrica, d’un paese, d’un granducato prima e poi d’una nazione. Gli eventi sono quelli che gli sono sembrati importanti: dalla morte d’un somaro, alla scampagnata d’un giorno a San Casciano, all’uccisione dello Zar. Per chi volesse saperne di più rimando al volume I lunari di Enrico Giusti (Edizioni Polistampa).

Enrico Giusti, sapeva appena leggere e scrivere, quel tanto che serve a trasmettere il pensiero, con errori di grammatica, lessico e sintassi. Cominciò le annotazioni con la sfortunata I Guerra d’Indipendenza: fughe e ritorni di re, granduchi, papi, e terminò all’inizio del secolo scorso e del periodo giolittiano.

Parla anche di Collodi. Paolo Lorenzini (1829 – 1891), fratello del celebre Carlo Lorenzini (Collodi), era il suo direttore. Il fratello dell’autore di Pinocchio fu una figura importantissima nella vita della fabbrica Ginori, di Colonnata e di Sesto. Notabile del mondo finanziario e commerciale, tenne un po’ sotto le sue ali il fratello letterato, meno fortunato economicamente. Era nato a Firenze poiché i genitori erano venuti al seguito della marchesa Marianna Garzoni Venturi, che aveva sposato il 6 sett. 1821 Leopoldo Carlo Ginori. Con lei, quali inservienti, cuoco e sarta, abitarono i due sposi coi figli presso il palazzo Ginori di Via Taddea. Con il marchese Lorenzo, Paolo entrò giovanissimo nella fabbrica. Capace, abile, di grande ingegno i Ginori lo fecero studiare e il proprietario, nel 1854 (come è scritto nell’epigrafe del busto nel Museo Ginori di Doccia), gli affidò la direzione del complesso, che resse fino alla morte (1891). Fu il propulsore della vita della manifattura sotto ogni aspetto, superando crisi e ostacoli di ogni genere, tanto che, dopo la sua morte, iniziò il declino di tutta l’impresa.

I due fratelli vissero poi nella loro casa presso il palazzo dei Ginori, ricevendo anche un’istruzione per opera dei loro nobili benefattori. Paolo fu fatto studiare a spese dei Ginori e Carlo, forse dal marchese Garzoni, fu avviato alla carriera ecclesiastica e fu messo nel seminario di Colle Val d’Elsa, dal quale però ben presto s’allontanò. Nel 1848 i due fratelli parteciparono alla I Guerra d’indipendenza, partendo con il marchese Benedetto Ginori, fratello di Lorenzo, e parteciparono alla battaglia di Curtatone e Montanara, quindi anche alla campagna del 1859. Al ritorno Paolo ricoprì molte cariche politiche e nel mondo finanziario.

Il Giusti annota nell’anno 1886 la morte della loro madre: 19 marzo. Oggi moriva in Firenze la madre del Sig.re Comm. Paolo Lorenzini, direttore della Manifattura Ginori, di anni 84».

I due fratelli partecipavano alla vita di Sesto, come di sa da un altro annotatore d’almanacchi (si vede che questa allora fu una moda) Emilio Pecchioli, che scrive: «La suonatrice d’arpa all’Arena ebbe un successo mediocre. Vi intervennero il Delegato con RR. Carabinieri, il Pretore, il Comm. Lorenzini, il Cav. Agostini, il Cav. Giusti, il Cav. Lorenzini [Collodi], il Sig. Guazzini ed un buon numero di soci con famiglie».

Più interessante è l’annotazione di Giusti sulla morte del padre di Pinocchio nel 1890: «26 ottobre. Stasera circa le 11 moriva in Firenze di un colpo apopletico il sig. Carlo Lorenzini, fratello del direttore della Manifattura”. Il celebre Collodi (1826 – 1890) paradossalmente visse all’ombra del noto e importante fratello. Fece vita da irregolare, pur risultando dipendente pubblico sotto i Lorena come sotto i Savoia, fino alla pensione. Amò il gioco, il bicchiere e pare anche le donne, rimanendo però scapolo. Visse protetto dal fratello Paolo, ma anche in buoni rapporti con l’altro fratello Ippolito.

Collodi morì per strada, in Via Rondinelli, la sera del 26 ottobre, colto da un malore, soccorso dal fratello Paolo e dalla moglie con i quali viveva. Riferisce il Pecchioli: «Tempo pessimo. Più di cento fra operai e impiegati e più la Banda sono andati al trasporto di Collodi che è riuscito imponentissimo, malgrado il cattivo tempo. Vi hanno preso parte tutte le rappresentanze dei giornali d’Italia, del Comune di Firenze, d’Istituti, ecc. Fra le celebrità accorse per rendere l’ultimo tributo al compianto Collodi si notava il Comm. Ernesto Rossi».

Forse in incognito, diventato un bambino per bene, sotto quell’acqua, c’era anche lui, Pinocchio: irriconoscibile purtroppo.

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