Cultura & Società

Le ghiacciaie toscane

di Francesca Galluzzi

Nei secoli passati sulle montagne toscane si viveva anche di ghiaccio. In un’economia di sussistenza, la produzione di ghiaccio durante l’inverno era un’attività lavorativa redditizia che occupava interi paesi. Presupposti essenziali per la produzione del ghiaccio naturale erano clima rigido in inverno e fresco d’estate, abbondanza d’acqua e ambienti adatti a custodire i blocchi già tagliati. Questi ambienti erano le ghiacciaie, o, come spesso si dice in Toscana, «diacciaie», curiose e massicce costruzioni che ancora si ergono, nelle città come nelle campagne, con la loro storia da raccontare.

Sostanzialmente possiamo suddividere le ghiacciaie di questo itinerario in due categorie: quelle prossime alla zona di produzione, che servivano a conservare il prezioso «stato» dell’acqua fino all’arrivo del clima caldo e quindi alla vendita, e quelle che, lontane dalle fresche montagne, avevano lo scopo di mantenerlo solido dopo averlo acquisito. Praticamente ogni villa di signori era dotata di una propria ghiacciaia, più o meno spaziosa, prevalentemente scavata nel terreno, per stoccare i blocchi destinati alla conservazione dei cibi freschi nei mesi più caldi. Anche i Granduchi di Toscana ne avevano bisogno, e una delle più conosciute ghiacciaie granducali dalla curiosa forma a piramide si trova alle Cascine, a Firenze lungo il viale degli Olmi. Pietre spesse, nessuna fonte di luce e una posizione ombreggiata nel fitto del parco per la costruzione progettata da Giuseppe Manetti nel 1796, a cinque anni dalla solenne apertura alla cittadinanza del Parco delle Cascine all’Isola, fortemente voluto da Pietro Leopoldo di Lorena. Il rimando formale alle architetture dell’antico Egitto fa parte di un gusto orientaleggiante proprio dell’epoca.

Anche a Radda in Chianti si erge un’imponente ghiacciaia detta granducale, che si trova poco fuori dalle mura cittadine. In realtà questa costruzione a base cilindrica e a tronco di cono fu fatta costruire dal comune di Radda nel 1897, per custodire blocchi di ghiaccio per tutta la cittadinanza. La ghiacciaia è a livello stradale sul lato nord, mentre rimane interrata, per stabilizzare la temperatura, sul lato sud. Ancora oggi di proprietà comunale, dopo un recente restauro è stata aperta come negozio e successivamente chiusa al pubblico, ma costituisce comunque un curioso esempio di architettura del ghiaccio.Spostandosi in montagna si arriva invece ai luoghi di produzione del ghiaccio. Anche oggi, nelle calde giornate d’estate, le località descritte si presentano come oasi di deliziosa frescura.

Nel comune di Fivizzano, in Lunigiana, si trova il paese montano di Sassalbo, nell’Alta Valle del Rosaro. Qui ancora sono visibili resti di costruzioni murate a secco, parzialmente interrate, che servivano a conservare il ghiaccio. Il paese montano, con un clima molto più rigido di quello attuale, aveva molte zone destinate alla produzione di ghiaccio naturale. Il fiume Rosaro veniva sbarrato in ampie pozze di acqua bassa, che gelando venivano rotte in blocchi, poi stoccati negli appositi ambienti. Il ghiaccio naturale così prodotto era in gran parte utilizzato nel sanatorio di Fivizzano. Attualmente le ghiacciaie di Sassalbo sono in forte stato di degrado e la località è frequentata piuttosto per il Centro per la Biodiversità I Frignoli, dove la flora e la morfologia del luogo vengono illustrate grazie a percorsi attrezzati.

Ma la produzione toscana di ghiaccio naturale eccelleva nella Montagna Pistoiese. Fino all’inizio del Novecento erano circa una settantina le ghiacciaie poste lungo il fiume Reno fra Le Piastre e Pracchia.Un’attività di tipo preindustriale, che si sviluppò nell’area dalla seconda metà del 18° secolo con la dominazione lorenese fino allo scoppio della seconda guerra mondiale. Controlli più severi sulla purezza dell’acqua, l’inizio della produzione di ghiaccio artificiale e poi l’avvento del frigorifero scrissero la parola fine su una attività che per quasi due secoli aveva occupato gli abitanti della valle del Reno, favoriti, se così si può dire, da un clima freddo nella valle scarsamente soleggiata, dalla strada che li collegava all’Emilia Romagna e dalla linea ferroviaria porrettana, che dal 1864 passava di lì, con una stazione a Pracchia adatta al carico che aveva reso floridi i commerci.

p>>La Provincia di Pistoia, per conservare la memoria di un passato tutto sommato non troppo lontano ha creato l’Ecomuseo della Montagna Pistoiese, restaurando il comparto della Ghiacciaia della Madonnina, adiacente all’abitato delle Piastre. Una piacevole passeggiata che, grazie ai pannelli esplicativi, illustra tutte le fasi dell’attività.

La costruzione principale è quella che volta la «schiena» alla strada; il nome deriva da una statuina di Maria che era stata murata su un lato della porta. Di forma troncoconica, il tetto di paglia, come era usanza, è affiancata da altre tre ghiacciaie, di cui una, quella di riserva, è rettangolare. Lo spessore delle mura, tirate su a secco, arrivava in certi punti a tre metri. Le ghiacciaie venivano preparate già a partire da settembre, con letti di foglie secche; durante tutto l’inverno nei laghetti artificiali creati accanto al fiume si tagliavano le lastre di ghiaccio. Le foto testimoniano il modo di lavorare, con rampini e accette, strumenti usati sia da uomini che da donne. Nelle ghiacciaie a cielo aperto i blocchi venivano coperti con le foglie, per isolare; quando il ghiaccio partiva verso le città, in primavera o estate, i carri venivano rivestiti con spessi teli di canapa. La gente del luogo usava dire che i fiumi erano due: il Reno, certo, ma anche la strada, dal manto sempre bagnato per il ghiaccio che si scioglieva.

L’itinerario del ghiaccioNella ex scuola media di Pracchia (PT), ora adibita a Biblioteca, si trova il Polo Didattico ed Espositivo dell’Itinerario del Ghiaccio. Aperto il sabato e domenica d’estate e prevalentemente ai gruppi scolastici durante l’anno, il Centro espone in due sale gli attrezzi per la lavorazione e mostra in numerose foto d’epoca le condizioni del lavoro di famiglie intere. Parlando ai bambini di oggi, per i quali il ghiaccio sta prevalentemente dentro il frigorifero, intende costruire un ponte con la vita di un tempo. Nell’adiacente aula didattica alcuni semplici esperimenti permettono ai ragazzi delle scuole di capire come avvenivano le varie fasi di una lavorazione, opera della natura ma anche del faticoso lavoro dell’uomo. (Un ringraziamento a Marta Stilli per le preziose informazioni). Altre ghiacciaieLa ghiacciaia delle Cascine (Firenze) è chiusa ma visibile, dall’esterno, percorrendo il viale degli Olmi (lato Arno). La ghiacciaia di Radda in Chianti (Si) è ugualmente chiusa, si trova presso i giardini pubblici. Informazioni all’ufficio turistico locale, tel. 0577738494.

Il piccolo paese di Sassalbo si trova sulla provinciale 63 provenendo da Fivizzano e dirigendosi verso l’Emilia Romagna, a un’ora di auto dalle più note località della Versilia. Informazioni all’ufficio turistico del comune di Fivizzano, tel. 0585948269 oppure all’APT Massa Carrara tel. 0585-240063.

L’Ecomuseo della Montagna Pistoiese ha 5 itinerari, quello del ghiaccio è contrassegnato dal colore blu. Le Piastre si raggiungono da Pistoia percorrendo la SR 66; mentre a Pracchia, via della Noce, si trova il Polo Didattico del Ghiaccio. Informazioni presso Provincia di Pistoia, ufficio cultura, tel. 057397461 oppure APT Pistoia-Montagna Pistoiese tel. 0573-630145.

L’ecomuseo del ghiaccio