Cultura & Società

Leone Piccioni e i grandi del Novecento

di Nino Alfiero Petreni

Incontro il professore Leone Piccioni, scrittore e saggista (nella foto), a Pienza, nella sua casa torre, comprata molti anni fa a seguito di un colpo di fulmine, di un amore profondamente ispirato ed intimo, di quelli cioè che ti legano per tutta la vita ad una città, ad un luogo dell’anima. Lui stesso ama raccontare di questo incontro, magico e casuale nello stesso tempo.Nei primi anni Sessanta del secolo scorso, una vecchia Fiat 1100 percorre la tortuosa Cassia da Roma verso Firenze. Guida lo stesso Piccioni in compagnia di Emilio Cecchi, Giuseppe Ungaretti e Giovanni Battista Angioletti. A San Quirico d’Orcia, Cecchi consiglia una deviazione per Pienza. E a Pienza, città ideale, luogo dell’anima e del sogno sboccia così, misteriosamente, un rapporto che ancora oggi dura immutato, legando vicendevolmente Piccioni a Pienza, e Pienza a Piccioni.

Ma oggi non siamo qui nel suo piccolo studio-salotto, pieno di quadri e libri per parlare di Pienza. Scopo dell’incontro è parlare del suo ultimo libro, Memoria e fedeltà (a cura di Santino G. Bonsera, Erreciedizioni, Quaderni del Circolo XIII, Potenza).

Chiedo pertanto al professore il perché di questo libro, del resto molto atteso dai suoi amici, dai suoi lettori, dopo alcuni anni di silenzio.Piccioni sorride e con molta calma, misurando mentalmente le parole, comincia a parlare che è un vero piacere starlo a sentire.

«Sai – mi dice – il libro contiene alcuni saggi sugli autori del Novecento a me più cari. I nomi li conosci; avevo da tempo maturato la decisione di pubblicare questi saggi scritti anni fa. Ne avevo deciso anche il titolo, Cose ultime, ma gli amici del Circolo di Potenza hanno preferito un titolo diverso. A Potenza ho molti amici, da oltre trent’anni partecipo al Premio letterario Basilicata come presidente della giuria della sezione Narrativa e letteratura spirituale e poesia religiosa. Il libro riporta le mie riflessioni sui grandi scrittori del Novecento, sul loro valore e sulle differenze con gli scrittori attuali. Il valore letterario di Cardarelli, Cecchi, Pea, Bilenchi, tanto per citare qualcuno di loro, è immenso e a parer mio non è nemmeno pensabile proporre un confronto con gli scrittori di oggi, valutati come dei miti, ma per me assolutamente inconsistenti. Io provo grande amarezza per lo stato della nostra cultura. Caso mai sono molto più brave le donne scrittrici. Marta Marazzoni, Margaret Mazzantini, Cristina Comencini, Paola Capriolo, Elisabetta Rasy, tutte loro fanno parte di un gruppo di scrittrici di grande dignità. Nella mia lunga vita letteraria ho avuto molti rapporti con i veri scrittori e quando ho scritto di loro mi sono sempre avvalso della conoscenza personale. La Capria elogia il mio modo di fare critica indicandolo come un metodo d’arte».

Che metodo critico usa, professore?

«Il mio metodo si basa su tre diversi livelli che consentono di scoprire e rivelare l’originalità di ogni opera, autore per autore:– il primo, direi descrittivo, è ricco cioè di notizie propriamente letterarie, un esame anche sotto il profilo filologico e semantico;– con il secondo, legato più precisamente al libro o all’opera, cerco di cogliere l’interesse che l’autore ha posto nella ricerca dell’immagine e della parola;– con il terzo, basato sulla conoscenza diretta dell’artista, del quale oltre il dato biografico, cerco l’ambiente di formazione,e se vivente la frequentazioneQuesti tre livelli cerco poi di fonderli in unicum saggio, secondo gli insegnamenti di De Robertis, Ungaretti, Bo. Mi legava a loro un rapporto forte direi quasi di dimensione familiare, come figlio padre, o nipote nonno».

E Piccioni parla di loro con tanto affetto ed ammirazione che all’improvviso mi sembra di averli accanto, di sentire le loro parole, di conoscerli, non solo come scrittori, ma come persone, con le loro abitudini, le loro debolezze, le loro idiosincrasie ed i loro tic.

«Questo – aggiunge Piccioni – è il mio metodo attuale, raggiunto nel tempo dopo molti anni di esperienze. Mi sono sempre occupato di letteratura, anche se il lavoro a tempo pieno in Rai (vicedirettore generale, ndr) mi occupava molto. Ma per me la lettura e la scrittura erano necessità dell’anima. Leggevo durante la notte, la mattina presto e durante le vacanze. Gli incontri, le frequentazioni con Ungaretti, Montale, Landolfi, Longhi, Contini, Luzi, erano occasioni veramente preziose, altamente formative».

Osservo i molti libri arrivati ultimamente sul suo tavolo, tutti in attesa di una sua valutazione, un suo giudizio.

Professore lei è stato anche l’ultimo ad intervistare Cesare Pavese prima della sua morte, del suo suicidio. Come era Pavese e che ricordo ne ha?

«Fu un incontro molto cordiale. Pavese aveva letto un mio articolo su di lui apparso sul Popolo e volle ringraziarmi. Per questo nel giugno del 1950 fissammo un incontro per un’intervista per la rubrica che tenevo alla radio, Scrittori al microfono. Pavese aveva tradotto e fatto pubblicare da Einaudi i grandi scrittori americani: Hemingway, Faulkner, Cain, Dos Passos… Ma a parer suo essi non avevano avuto alcuna influenza sulla sua opera né sulla cultura italiana. Pavese ci teneva a separare il suo lavoro letterario da quello di redattore. Come uomo si capiva che Pavese aveva un forte sistema depressivo dentro di sé. La decisione finale per il suicidio gli venne dall’amore fallito con l’attrice americana Constance Bowling. Pavese contava infatti molto sull’esperienza positiva dell’amore per salvarsi dalla sua depressione. Ma Constance, dopo averlo cercato, ammirata dall’uomo, dal suo intelletto, lo abbandonò e ripartì per l’America. Pavese deluso scrisse poi: Verrà la morte ed avrà i tuoi occhi. Due mesi dopo la mia intervista, nell’agosto del 50, Pavese si uccise».

L’incontro finisce qui, lascio il professore ai suoi libri al suo amato lavoro di critico, scrittore, saggista. Questa domenica 28 ottobre sarà a Potenza a ricevere la cittadinanza onoraria di quella città. Un riconoscimento meritato. E così caro professore, cittadino onorario di Pienza e di Potenza, arrivederci al prossimo saggio. Dopo gli scrittori anche i musicisti, i pittori, gli scultori, che lei in tutti questi anni ha amato, lanciato, valorizzato, la stanno aspettando. E così anche noi, suoi antichi fedeli lettori, aspettiamo fiduciosi.