Cultura & Società

Luzi, la poesia come viaggio nella vita

di Andrea FagioliNon aveva paura di morire. Aveva paura di soffrire. Come tanti, del resto. «Grazie a Dio», ha detto il figlio Gianni, Mario Luzi «è morto senza soffrire». Non ha fatto in tempo neppure ad alzarsi. È rimasto nel suo letto, con la radio accesa. A trovarlo senza vita, la mattina di lunedì 28 febbraio, è stata una delle due governanti.

Luzi aveva compiuto 90 anni lo scorso 20 ottobre. Pochi giorni prima, il 14 ottobre, era stato nominato senatore a vita dal presidente della Repubblica.

Già nel settembre 2003, il poeta, in vacanza a Pienza, accusò uno scompenso cardiaco e fu costretto al ricovero in ospedale. Ma niente lasciava presagire una ricaduta. La sera prima era stato a cena fuori con alcuni amici.Non ne parlava esplicitamente, ma era pronto al grande passo. Ce lo conferma il cardinale Silvano Piovanelli: «Penso sicuramente di sì». E si riferisce, il cardinale, ad un incontro avuto con il poeta appena una ventina di giorni fa: «È venuto a trovarmi a Cercina – racconta Piovanelli – per confidarmi alcune cose sue. Direi alcune cose del cuore, dell’anima. Da questa confidenza ho potuto cogliere quanto fosse grande prima di tutto il suo attaccamento alla Chiesa, per cui si sentiva ferito profondamente per quelle volte in cui era stata data un’interpretazione meno giusta delle sue parole».L’arcivescovo emerito di Firenze non parla di confessione o di incontro spirituale vero e proprio. «Posso dire – ammette – che si sono toccate le cose profonde tanto è vero che molto spontaneamente lui mi dava del tu e io gli davo del tu. È stato un momento di grande fraternità. Io l’ho sentito molto vicino. Ho avvertito una ricerca d’autenticità, un desiderio di rapporto profondo con la fede incarnata». Sulla scia dei ricordi di un’amicizia che è andata consolidandosi nel corso degli anni, Piovanelli torna al 1999, alla Via Crucis scritta per il Papa e all’udienza privata con Giovanni Paolo II: «Era un testo molto bello nel quale Luzi si era messo dalla parte di Gesù. Ma soprattutto ricordo quando lo accompagnai dal Papa. Ricordo la sua gioia nel poter parlare con lui. Dentro di me dicevo: “Ma guarda questi due anziani come sono legati, che sintonia mostrano per la poesia, per la fede, per l’esperienza della vita”. Uscendo Luzi mi disse: “Altro che Nobel! Parlare con il Papa, ascoltare la sua parola di approvazione, di conforto, questo sì che è un premio”».Per Piovanelli, Luzi era «un uomo mite, un uomo vero, un uomo che cercava di leggere nel profondo delle cose e di esprimerle in maniera bella, semplice, essenziale. Il suo ricordo – conclude il cardinale – rimane nel mio cuore colorato dalla luce dell’amicizia».

Mario Luzi è stato uno dei più grandi poeti italiani, forse uno dei più grandi al mondo. La sua opera (che comunque rimane per sempre) ha abbracciato un arco di 70 anni. Nato a Castello, alla periferia di Firenze, il 20 ottobre 1914, Luzi ha vissuto le varie fasi storiche del nostro secolo e con lui la sua poesia. «Si può dire – ci confidò in un’intervista – che è la vita che ha camminato e la poesia che si è accompgnata a lei. Probabilmente la mia vita non sarebbe stata tale senza la poesia e la poesia non sarebbe stata tale senza che fosse alimentata, inalata di respiro dalla vita. Io – proseguiva il poeta – ho dovuto, fin da principio, fare i conti con questo binomio. Ho sempre sentito il bisogno di dare la parola al processo della vita. Ad esempio, la poesia che dava il la al mio primo volume, che è stato scritto a 20 anni, aveva come titolo Alla vita. Questa poesia è un indizio, perché parla di una barca che vuole cominciare la navigazione, un viaggio. Questo è stato un po’ il senso metaforico, ma anche esistenziale del mio lavoro».

Firenze e la Toscana gli hanno reso omaggio allestendo la camera ardente nel Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio e celebrando i funerali in Santa Maria del Fiore. Così facendo «la città e la Chiesa – ha spiegato il cardinale Ennio Antonelli – sono unite nell’ammirazione e nella gratitudine verso Mario Luzi, uomo mite e forte, pensoso e comunicativo, poeta geniale, fecondo e creativo».Con il presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, in prima fila (accanto a lui Dini, Mussi, Buttiglione; Martini, Nencini, Domenici e Andreotti) in una parte del presbiterio e i familiari del poeta dall’altra, almeno duemila persone hanno partecipato alla Messa celebrata dall’arcivescovo Antonelli con il suo predecessore, il cardinale Piovanelli, e il vescovo Rodolfo Cetoloni, titolare di Montepulciano-Chiusi-Pienza, diocesi d’adozione di Luzi. Dopo l’appropriata lettura dell’inizio del Vangelo di Giovanni («In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio…»), Antonelli, nell’omelia, oltre a ricordare che il poeta aveva cantato Santa Maria del Fiore come «la madre di tutte le chiese fiorentine, la sede eletta dell’anima e della coscienza dell’irrequieta città», ha parlato soprattutto del Luzi uomo e poeta in ricerca, «in costante ascolto degli uomini, delle cose e del Mistero ineffabile», che trova, in una storia «attraversata dal bene e dal male», il messaggio della Resurrezione: («l’abbagliante aurora umana» di cui parla nel componimento dedicato al Cristo Risorto di Piero della Francesca a Sansepolcro). Da qui il Mario Luzi «testimone di una speranza più forte di ogni dramma e di ogni caducità», il «profeta di un umanesimo aperto al Mistero divino».Al termine della Messa, i tre vescovi hanno pregato di fronte alla bara. Poi è stato il figlio del poeta a prendere brevemente la parola per ringraziare i presenti e ribadire che il padre, nonostante il mutarsi degli scenari storici e politici, è sempre rimasto fedele ai valori portanti del vivere civile: il vero, il giusto, il diritto («Questi valori per lui non sono mai cambiati»). Luzi, come ha ricordato il figlio, «si è espresso nell’ambito del pensiero con tutti i mezzi espressivi: la prosa, la poesia, il teatro, ma soprattutto con il contatto diretto con le persone». «Questo – ha concluso – ha generato la parola di mio padre che, direi, si è impressa su tutti coloro che sono venuti a contatto con lui. La testimonianza è che oggi siete qui in tanti e tanto diversi tra voi». A loro Gianni Luzi ha dedicato l’ultima poesia del padre («Il termine») che è stata letta dall’attore Sandro Lombardi.Con le parole di Antonelli, «commossi lo accompagniamo con la preghiera di suffragio verso la meta del suo pellegrinaggio terreno o, come egli direbbe, del suo “viaggio terrestre e celeste”, nella persuasione da lui stesso espressa che a salvare i morti non basta la devota memoria dei superstiti, ma un altro,/solo un altro potrebbe fare il resto/e il più: consumare quelle spoglie,/mutarle in luce chiara, incorruttibile».

Firenze ha salutato il suo poeta