Cultura & Società

Luzi, un poeta che leggeva nel profondo

DI ANDREA FAGIOLI«Non sono da prendere a esempio come devoto, lo riconosco: ma sento fraternamente amico Silvano Piovanelli da riconoscerlo padre episcopale munito di sapienza cristiana e lo prego di non considerare questo un mio presuntuoso arbitrio». Così Mario Luzi introduceva qualche anno fa un volume del cardinale arcivescovo emerito di Firenze, che rintracciamo telefonicamente ad Assisi dov’è impegnato come presidente della Federazione italiana esercizi spirituali.

Eminenza, quando ha visto per l’ultima volta Mario Luzi?

«Una ventina di giorni fa, quando è venuto a trovarmi per confidarmi alcune cose sue. Direi alcune cose del cuore, dell’anima. Da questa confidenza ho potuto cogliere quanto fosse grande prima di tutto il suo attaccamento alla Chiesa, per cui si sentiva ferito profondamente per quelle volte in cui era stata data un’interpretazione meno giusta delle sue parole».

Si può parlare di un vero e proprio incontro spirituale?

«Posso dire che si sono toccate le cose profonde tanto è vero che molto spontaneamente lui mi dava del tu e io gli davo del tu. È stato un momento di grande fraternità. Io l’ho sentito molto vicino. Ho avvertito una ricerca d’autenticità, un desiderio di rapporto profondo con la fede incarnata».

Era pronto al grande passo?

«Penso sinceramente di sì, anche se non ne abbiamo parlato in modo esplicito come prevedendo una sua prossima fine. Mi pare, ripeto, che fosse però pronto come bisogna esserlo tutti, in ogni momento, ma soprattutto ad una certa età».

A parte questo recente, c’è un momento o un episodio in particolare che ricorda della sua ormai lunga amicizia con Luzi?

«Mi ricordo quando scrisse la Via Crucis per il Papa: un testo molto bello nel quale si era messo dalla parte di Gesù. Ma soprattutto ricordo quando lo accompagnai in udienza da Giovanni Paolo II. Ricordo la sua gioia nel poter parlare con il Papa. Dentro di me dicevo: “Ma guarda questi due anziani come sono legati, che sintonia mostrano per la poesia, per la fede, per l’esperienza della vita”. Uscendo Luzi mi disse: «Altro che Nobel! Parlare con il Papa, ascoltare la sua parola di approvazione, di conforto, questo sì che è un premio”».

E della nomina a senatore ne avete parlato?

«In quest’ultima conversazione mi sembra di aver colto quanto lui abbia sentito questa nomina. E non come un onore, ma come una possibilità di contribuire al bene comune, di poter fare qualcosa anche lui per il bene della gente».

Cosa apprezza di più della poesia di Luzi?

«Il sentimento forte della dignità dell’uomo, lo scavare nel profondo, gli interrogativi forti che l’uomo porta con sé. Lui stesso mi è sembrato così aperto, così profondo, così capace di accogliere le profonde istanze dell’uomo che, a mio modo di vedere, lui riversava sulla città di Firenze e sulla Toscana. Quando è venuto a trovarmi mi ha portato il libro Toscana mater, con una piccola dedica. Lì ho ritrovato l’amore suo profondo per questa terra».

Eminenza, chi era per lei l’uomo Mario Luzi?

«Un uomo mite, un uomo vero, un uomo che cercava di leggere nel profondo delle cose ed esprimerle in maniere bella, semplice, essenziale. Il suo ricordo rimane nel mio cuore colorato dalla luce dell’amicizia».

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