Cultura & Società

MUSEI: A FIRENZE ARTE DEL PROFUMO IN ANTICA OFFICINA S.M. NOVELLA

Sarà un piccolo museo dell’arte del profumo quello che verrà inaugurato venerdì all’Officina profumo-farmaceutica di Santa Maria Novella. La storica farmacia, creata dai frati domenicani nel 1221 e nei secoli diventata un punto di riferimento per le essenze e i profumi, porta fuori dalle proprie cantine gli oggetti che hanno permesso questo successo e li espone al pubblico. Nell’ex sacrestia dei frati, là dove fino a sei anni fa erano ancora ospitati i laboratori, ora trasferiti in via Reginaldo Giuliani, saranno esposti contenitori di essenze, alambicchi, vasi di ceramica di Montelupo, fiasche impagliate, bottiglie di epoca medievale.

“Forse la parola ‘museo’ è un po’ pretenziosa – commenta il direttore e comproprietario dell’Officina profumo-farmaceutica di Santa Maria Novella, Eugenio Alphandery -. Abbiamo cercato di mettere in mostra gli antichi oggetti di lavoro appartenuti alla farmacia nel corso dei secoli, salvati dalle alluvioni, le guerre e i furti”. Tra questi anche una bottiglia fiorentina del 1400 per la distillazione in vetro soffiato con becco sul fondo per fare uscire il liquido e un collo lunghissimo per l’acqua distillata.

La storia dell’Officina profumo-farmaceutica parte dai primi anni del 1200 nelle vigne della piccola chiesa di Santa Maria Novella, dove ora c’é la cattedrale. Con la costruzione del grande convento, i domenicani realizzarono una farmacia interna per curare i frati e gli addetti al convento, che già nel 1400 erano più di 200.

La farmacia poi cominciò a lavorare per conto delle grandi famiglie dell’epoca, dagli Acciaioli ai Medici. Quando Caterina dé Medici andò in sposa a Enrico II, portò in Francia le usanze fiorentine. Tra queste anche un profumo disciolto in alcool, definibile con termini moderni un’acqua di colonia. E per l’Officina fu il successo.

Nel 1868 l’esproprio dei beni ecclesiastici fece passare i beni della chiesa dai religiosi ai laici. Gli attuali proprietari dell’Officina, insieme a Eugenio Alphandery, sono Fiammetta e Diana Stefani, discendenti dell’ultimo frate domenicano, fra Damiano Beni.

Il fatturato nel 2005 ha raggiunto i 7 milioni di euro, realizzati per il 60% all’ estero. “Attualmente – spiega il direttore dell’Officina – abbiamo 26 negozi in tutto il mondo, 22 dei quali monomarca. Stiamo per inaugurare il quinto punto vendita in Giappone e in futuro saremo anche in Australia”.

L’accesso al museo, spiega, sarà a pagamento “dietro una cifra simbolica” e dopo l’inaugurazione dovrà restare ancora chiuso fino a Natale, per terminare il restauro di un affresco di Mariotto di Nardo nella sacrestia. Il percorso museale terminerà in quella che era la biblioteca dei frati. “Da lì – dice Alphandery – il visitatore entrerà in un corridoio dove potrà decidere se accedere alle sale dedicate alla vendita oppure no, perché non si pensi che il museo ha uno scopo pubblicitario, ma solo divulgativo di materiale tanto prezioso”. “Abbiamo ancora molti macchinari e oggetti da rimettere a posto – conclude, – tra i quali anche un meraviglioso distillatore frazionato. Appena saranno restaurati, entreranno nell’esposizione che, così, sarà sempre in continua evoluzione”. (ANSA)