Cultura & Società

Ma che bravo studente era il babbo di Pinocchio!

di Nicoletta BeniniCosa vi dice il nome Carlo Lorenzini? Poco o niente? Tranquilli: vi dirà sicuramente molto di più quello di Carlo Collodi. Il babbo di Pinocchio, diventato stranoto con il suo pseudonimo – Collodi appunto – si chiamava in realtà Lorenzini. Nacque a Firenze in via Taddea – presso il Mercato Vecchio – il 24 novembre 1826. Il padre Domenico era cuoco dei marchesi Ginori, la madre Angiolina Orzali era domestica dei marchesi Garzoni a Collodi. E del paese materno lui, primo di dieci figli, scelse quel «nom de plume». Studiò in Seminario a Colle Val d’Elsa e poi dai padri Scolopi a Firenze. Ed è proprio frugando nell’archivio degli Scolopi in San Giovannino con l’aiuto del professor Andrea Cecconi, da alcuni mesi curatore, che abbiamo trovato alcune curiosità su Carlo Lorenzini.

Padre Ferdinando Morosi è stato uno Scolopio che dobbiamo qui ricordare per una sua breve, accurata ed inedita ricerca stampata per il centenario di Pinocchio nel 1983 nella rivista interna alla sua Congregazione, «Ricerche», Bollettino dei Padri Scolopi, n. 3 di quello stesso anno, su «Le inesattezze dei Biografi sul Curriculum scolastico di Carlo Lorenzini». Nella prima pagina padre Morosi riporta alcune notizie riprese dal libro di Collodi Nipote e dal libro di Italiano Marchetti «Collodi» (Le Monnier, Firenze, 1959) e scrive che «nell’agosto del 1842 Carlo si trovava in famiglia, nella nuova casa di Via S. Apollonia, per il consueto periodo delle ferie estive. Fu in questo tempo che nacque in lui il desiderio di cambiare vita, e in seminario – quello di Colle Val d’Elsa – non fece più ritorno».

A questo punto padre Morosi, citando ancora Collodi Nipote, dice che «lo zio però, volle che continuasse gli studi e lo mandò agli Scolopi a frequentare il corso di Retorica e Filosofia». Continua padre Morosi che «colpiscono nel libro di Collodi Nipote il tono risoluto dei verbi: “volle” e “lo mandò”». Si chiede Morosi: «Cos’era successo? Quale contrasto era sorto fra zio e nipote, riluttante forse questi a continuare gli studi?». E prosegue: «Se questo si fosse avverato si spiegherebbe come mai nel registro del corso di Retorica il nome di Lorenzini Carlo, anziché figurare tra i cinquantadue alunni regolarmente iscritti all’inizio dell’anno scolastico 1842-1843, si trovi nel gruppetto finale di altri quattro, iscrittisi posteriormente».

Accanto poi al nome del Lorenzini, sul registro scolastico si vede la seguente annotazione: «S’impiegò nella libreria Piatti», proprio quella dove poi il Collodi penserà e comincerà a scrivere il suo Pinocchio. «Se però – scrive padre Ferdinando Morosi – il Nipote Collodi aggiunge che fu assunto “come stipendiato fin dai primi del 1842”, questa è evidentemente una data errata: doveva essere il 1843, perché nel 1842 Carlo si trovava ancora nel seminario di Colle Val d’Elsa, “ossia quando egli aveva sedici anni e ancora non aveva ultimati gli studi”».

Altro particolare che padre Morosi chiarisce, anche se da lui definito «di minore importanza», lo mostra il registro delle materie scientifiche – Scienze, Algebra, Geometria, Filosofia – «in cui troviamo alcuni alunni promossi in tre materie senza particolari spiegazioni, mentre di fianco al nome del solo Lorenzini vediamo aggiunto: (verbo indecifrabile) “Trascura? Peggiora? le Scienze. Passa ad Algebra, Geometria e Filosofia”». Fu insegnante di Carlo, in questo primo corso di Retorica e Filosofia, il padre Stanislao Gatteschi, autore di eccellenti pubblicazioni scolastiche. E nel secondo corso, il padre Pompilio Tanzini, noto astronomo dell’Osservatorio Ximeniano. «Nell’anno 1843-1844 – prosegue padre Morosi – il Lorenzini si trova regolarmente iscritto al secondo corso fin dal primo giorno di scuola».

In una nota a conclusione del suo scritto padre Morosi, rilevando altre annotazioni scritte nella relazione finale dagli insegnanti del Lorenzini a proposito del suo profitto, sottolinea il fatto che Carlo fu per ben due volte scritto nel suo primo corso, durato solo cinque mesi, nell’albo d’onore, che veniva composto ogni mese e questo – dice Morosi – «è un’eloquente smentita a quanti hanno scritto di lui che “lo zio Beppe volle che proseguisse gli studi e lo mandò dai PP. Scolopi dove frequentò il corso di Retorica e Filosofia, ma certo con scarso profitto”». Inoltre, sempre nella stessa relazione, i suoi insegnanti rilevano il seguente fatto: «Questo giovine venne solo nel Maggio alla scuola di Retorica…» e quindi – prosegue padre Morosi – «la sua iscrizione a scuola dai PP. Scolopi non avvenne all’inizio dell’anno scolastico 1842-1843, ma dopo il sesto mese». Tra le ricerche fatte da padre Morosi viene riportato anche quanto Carlo Lorenzini descriveva nel «suo stile brioso e vivace», che lo accompagnerà anche nella stesura di Pinocchio, la gioventù studiosa fiorentina, quella che lui più conosceva e cioè quella dei PP. Scolopi: «La corporazione degli studenti – scriveva il Collodi – si divideva in vari gruppi, tra i quali gli alunni degli Scolopi, gli studenti di Belle Arti o Bellartini, gli Spedalini, ossia i praticanti delle Scuole di Medicina e di Chirurgia; per altro il gruppo numeroso di tutti era, anche allora, quello degli studenti che non studiavano». Proprio come il suo Pinocchio! E continua: «Un segno particolare: gli studenti portavano il berretto da ragazzo fino a diciassette o diciotto anni compiuti. Quanta differenza tra allora e oggi! Oggi, per un fenomeno patologico, si vede il cappello da uomo che spunta nei ragazzi prestissimo, anche prima della testa. Del resto gli alunni degli Scolopi, o delle Scuole Pie, si dividevano, a loro volta, in due classi: quelli che avevano ingegno e studiavano bene, finita la Retorica e la Filosofia andavano all’Università, o si davano a qualche professione indipendente e geniale (questa è la strada da lui scelta!); gli altri poi, che si erano dimostrati sbuccioni e un po’ barzotti di cervello, purché avessero i certificati comprovanti questa loro doppia incapacità, (l’importanza anche allora del «pezzo di carta»!) acquistavano il diritto di diventare impiegati dello Stato». Non c’è che dire al Collodi non mancava certo la capacità di fare satira, e che satira: piuttosto pungente! Carlo Lorenzini non andò all’Università perché voleva aiutare economicamente la sua famiglia e così mentre suo fratello Paolo diventò prima maggiordomo in Casa Ginori e poi direttore della Fabbrica Ceramiche «Ginori» di Doccia-Sesto Fiorentino, lui, Carlo, s’impiegò appunto presso la libreria Piatti. Se adesso sappiamo con certezza, grazie a padre Morosi e alla sua «passione archivistica», la verità sulla fine degli studi di Collodi resta da chiarire quando e dove lui iniziò il suo percorso scolastico. È ancora padre Morosi a venirci in aiuto: «Nessun biografo ce l’ha detto esplicitamente, a quanto ci risulta. L’unico ad affermare che “Carlo fece i suoi primi studi dagli Scolopi” fu Giuseppe Rigutini; ma come abbiamo visto, errò inspiegabilmente di fede storica. Gli altri biografi o hanno ripetuto l’errore di Rigatini, o non si sono pronunziati, o si sono limitati a dire (come Ippolito Lorenzini e Pietro Pancrazi) che Carlo studiò dagli Scolopi dopo i dodici anni». «Il punto di partenza per la nostra analisi – prosegue Morosi – ce lo indica proprio lui, Carlo Lorenzini, quando dice, nel capitolo autobiografico intitolato “Quand’ero ragazzo”, che aveva circa undici anni, l’anno in cui da ragazzo scatenato diventò il più disciplinato e il più bravo della classe». Proprio la stessa età in cui diventò un bravo bambino anche Pinocchio! Dice infatti: «Mille anni fa, anch’io ero un ragazzo come voi, miei cari e piccoli lettori: anch’io avevo, su per giù, la medesima età vostra, vale a dire fra gli undici e i dodici anni. E, com’è naturale, dovevo ancor io andare tutti i giorni a scuola, salvo il giovedì e la domenica». «Se aveva undici anni, vuol dire – conclude padre Morosi – che si era nel 1837. E il 1837, fu l’anno cruciale della miseria e della fame in casa Lorenzini. Eppure, in quell’anno, Carlo andava a scuola. Dove? A Firenze non certamente: dagli Scolopi non era iscritto, e in quelle condizioni economiche è impensabile che la famiglia l’avesse iscritto in una scuola privata. Dove, allora? Resta una sola supposizione da fare: che la madre Angiolina, con tutte quelle bocche da sfamare e con la ristrettezza dei locali di casa, lo avesse mandato già da tempo nella casa paterna di Collodi, dove il fratello Giuseppe pittore e la sorella maestra, vivevano in discreta agiatezza. Era avvenuto proprio così – continua padre Morosi – almeno tre documenti ce lo confermano: 1) La biografia di Ippolito Lorenzini a “Note gaie”, in cui, a pagina XVI, è detto: “A Collodi, Carlo trascorse gran parte della sua fanciullezza”; 2) la lapide apposta nel 1891 dai Collodesi, annuente il Comune di Pescia, sulla casa paterna degli Orzali, nella quale si legge: “In questa casa…visse i primi anni della fanciullezza…Carlo Lorenzini…”; 3) la biografia di Collodi Nipote, in cui è detto: “Mi raccontò il mio babbo che quando era a Collodi, Carlo scappava sempre di casa per andarsene, con i suoi piccoli amici, in giro per la campagna”». Conclude padre Ferdinando Morosi: «Ci sembra logico, più che supporre, affermare che Carlo Lorenzini da ragazzo ha frequentato le prime classi elementari a Collodi, paese natio della madre». Duemila «filze» di storia e testimonianzeUno dei molti tesori d’arte e di storia che la città di Firenze conserva gelosamente come prezioso scrigno si trova in piazza S. Lorenzo, di fronte alla Basilica. Qui, tra le voci di turisti e di ambulanti, c’è anche un grande edificio, San Giovannino, di appartenenza della Provincia Toscana dei Padri Scolopi. Proprio in questo luogo, tra lunghi corridoi e grandi stanze, ha sede un importante archivio; da qualche mese ne è curatore il professor Andrea Cecconi per conto degli stessi Padri Scolopi.

«L’Archivio di San Giovannino – spiega Cecconi – è ubicato nello stesso edificio che ospita l’Osservatorio Ximeniano ed è di proprietà della Provincia Toscana dei Padri Scolopi. Riveste una particolare importanza storica sia per la sua consistenza – oltre 2000 “filze” sono state già raccolte e ordinate numericamente dal compianto padre Osvaldo Tosti, a cui va il grande merito della costituzione del fondo così come oggi si presenta – sia per la qualità del materiale conservato».

Si tratta infatti di una grande quantità di documenti (lettere, manoscritti, carteggi, fotografie) dal 1600 fino ad oggi, fondamentali, come spiega ancora Cecconi, «non solo per lo studio e la ricostruzione delle vicende legate all’Ordine degli Scolopi della Provincia Toscana ma, soprattutto, per evidenziare il ruolo culturale da esso rivestito in rapporto alla società e agli avvenimenti via, via succedutisi nel tempo, sia in campo scientifico, che umanistico, che pedagogico».

L’interesse dunque verso questo Archivio va ben oltre un livello ecclesiale, «configurandosi – conclude il curatore – piuttosto come un patrimonio documentario preziosissimo per la storia della nostra regione e di Firenze».

Dall’archivio

I paesaggi di Lorenzini

La vita segreta del padre di Pinocchio

Attenti, la pinocchite è tra noi (Umberto Folena)