Cultura & Società

Maggio fiorentino, successo per la verdiana «Battaglia di Legnano»

Viva Verdi, viva il Maggio Musicale Fiorentino e viva Marco Tullio Giordana. Verdi perché ogni sua opera in cartellone è sempre un piacere, il Maggio perché ha proposto un titolo raramente rappresentato (specialmente a Firenze, dove non si dava dal 1959) e quindi consono a un cartellone come quello del festival del Maggio e Marco Tullio Giordana per averne creato una regia che ha rispettato, come ha detto lui stesso «alla virgola le indicazioni dell’autore (tra l’altro in Verdi precise, inequivocabili)».

Non occorreva nessuna trasposizione temporale. Se mai poteva essere accentuato un po’ di più di quello spirito patriottico risorgimentale, di cui anche la contemporaneità  sente molto il bisogno. Comunque, in una scenografia di mattoncini rossi, legno e pietra, opera di Gianni Carluccio, con i bellissimi costumi di Francesca Sartori e Elisabetta Antico, si è snodata la storia della ben nota battaglia di Legnano, del 1176, che vide combattere i Comuni della Lega Lombarda contro l’Imperatore Federico Barbarossa, che fu, nonostante le sue speranze, sconfitto, rendendo così quella battaglia un simbolo della riscossa nazionale contro lo straniero, che tanto coinvolse il pubblico alla sua prima rappresentazione, al Teatro Argentina di Roma, nel 1849, in pieno clima patriottico.

Anche se il libretto di Salvatore Cammarano non è fra le sue produzioni più belle, la musica lo valorizza molto, grazie agli stilemi del Verdi a cavallo fra l’esperienza del Nabucco e della futura trilogia popolare (Trovatore, Rigoletto, Traviata). Il coro ha la valenza consueta delle opere verdiane e quello del nostro Maggio, diretto da Lorenzo Fratini, la ha restituita perfettamente, come ha dimostrato una delle ovazioni che il pubblico gli ha tributato.

Anche i solisti hanno entusiasmato, soprattutto Giuseppe Gipali (Arrigo), Vittoria Yeo (Lida) e Giuseppe Altomare (Rolando), belle voci e assolutamente adatte ai ruoli. Anche la direzione del maestro Giuseppe Palumbo è stata equilibrata e ha ben condotto masse (compresa la banda fuori scena, altra cifra stilistica dell’opera vediamo che tanto è apprezzata) e solisti attraverso una partitura che per nessuno era in repertorio.

Insomma un successo, come ha dimostrato il calore del pubblico del teatro tutto esaurito (perché Verdi, più noto o meno noto, è sempre Verdi…).