Cultura & Società

Maria Maddalena de’ Pazzi, sofferenza e amore

di Lorella Pellis«Entrando in una chiesa del Nord Europa, mi imbattei in un dipinto nel quale erano rappresentati S. Agostino che incideva nel cuore di una santa alcune parole. La santa era raffigurata in estasi con l’abito carmelitano; mi chiesi chi fosse quella santa da essere ritratta in un paese protestante, nonostante quella chiesa non fosse mai stata officiata dai Padri Carmelitani. Tornando a Firenze, vidi la stessa santa in varie chiese: era Santa Maria Maddalena de’ Pazzi, la cui fama dall’epoca della sua glorificazione si era spinta fino agli estremi limiti della cattolicità». Con queste parole Nicola Gori spiega l’antefatto che ha suscitato il suo interesse per questa santa fiorentina. Interesse poi scaturito nella pubblicazione di un’agile biografia intitolata Maria Maddalena de’ Pazzi. L’impazienza dell’amore di Dio, con prefazione di mons. Angelo Comastri, arcivescovo-delegato pontificio di Loreto.

«Cercare di riscoprire e offrire ai lettori del nostro tempo la figura grandiosa di questa fulgida figlia toscana non è cosa semplice, data la complessa esperienza mistica e umana che hanno caratterizzato la sua vita», spiega ancora Nicola Gori nell’introduzione. «Il suo itinerario resta affidato alla muta testimonianza segreta della sua coscienza, ma noi possiamo ripercorrerlo dall’esterno, cercando d’immaginare il travaglio del suo pensiero e della sua esperienza, almeno per quanto i testimoni oculari hanno potuto trascrivere». A questo punto l’autore compie un excursus storico nella Firenze di allora.

«Siamo nel 1566, in una Firenze opulenta e percorsa da brividi di potere, la famiglia Medici è nel pieno della sua egemonia, la Chiesa sta vivendo il periodo di fervore che il Concilio di Trento le ha impresso. A Firenze, tra vari Ordini religiosi presenti, esiste un monastero carmelitano Santa Maria degli Angeli, che è il primo monastero del Secondo Ordine di cui abbia notizia. Il monastero di Santa Maria degli Angeli ha subìto nel corso dei secoli vari cambi di sede: nel 1626 è eretto in Borgo Pinti a Firenze, nel 1888 in piazza Savonarola, nel 1928 viene definitivamente posto nell’attuale sede sul colle di Careggi, sovrastante la città, dove anche ora si venerano le spoglie della santa, visitate da ben due papi: Pio VII, il 6 novembre 1804, e Pio IX il 22 agosto 1857». Ebbene, il 1° dicembre 1582 Santa Maria Maddalena de’ Pazzi, nata a Firenze il 2 aprile 1566, entra in questo monastero – che oggi è il Seminario maggiore di Firenze in Lungarno Soderini, 19 – per vivere la sua totale consacrazione a Dio secondo la regola e lo spirito carmelitano. Se negli ultimi tempi vi è una riscoperta dei mistici, in quanto persone completamente unite a Dio, «la nostra Maria Maddalena de’ Pazzi – spiega ancora Gori – deve essere rivalorizzata e meglio conosciuta, vista la grande dottrina spirituale che ci ha lasciato, non scritta in manuali, anche se si deve alla fatica delle sue consorelle contemporanee la raccolta degli avvenimenti della sua vita, ma è con la sua stessa esistenza che parla direttamente al cuore di ogni uomo. Non si può certo prescindere dalle innumerevoli estasi e fenomeni straordinari di cui la santa fu favorita fin dalla più tenera età, ma tutti questi aspetti particolari sono solo come accessori alla sua grande esperienza interiore, fatta di nascondimento e di profondo amore a Dio all’insegna della più genuina tenerezza di sposa verso il suo Sposo. In altre parole, come sempre, non valgono i fatti straordinari quanto la vita intera, di fatto consacrata a Dio e a lui solo offerta».

Durante la sua vita Maria Maddalena attraversa delle prove che l’umana ragione, talvolta, non concepisce. Prove di una durezza incommensurabile, che la forgiano e la purificano rendendola atta ad amare senza riserve il suo Amato. Fatta per Dio e di Dio.

«Se si può dare una descrizione sintetica dell’esperienza di Santa Maria Maddalena – si legge ancora nell’introduzione al volume – essa è racchiusa in due parole: sofferenza e amore. La sofferenza alimenta l’amore e l’amore la sofferenza, senza soluzione di continuità. Ma la sofferenza non è legata a un mero bisogno di patire fine a se stesso, e Santa Maria Maddalena ha compreso che per raggiungere il suo Sposo deve liberarsi da tante imperfezioni e difetti che solo il crogiulo della croce può compiere. Non vi è altra via di unione a Cristo se non quella tracciata da Lui stesso: l’obbedienza incondizionata al Padre e la croce accolta come libera scelta di amore! Santa Maria Maddalena è un’innamorata, non si potrebbe capire la sua stessa vita e tutta la sua esperienza senza questo slancio tenero e allo stesso tempo virile verso Dio. Santa Maria Maddalena ama, e tutto il resto è secondario: non esiste per lei altra scelta se non quella principale e definitiva di essere tutta del suo Sposo. A nulla valgono gli attacchi delle creature e del demonio, la sua fermezza nella prova e la sua coerenza di vita, la rendono grande ai nostri occhi e vicina allo stesso tempo, perché la sua vita ci insegna che solo l’amore conta e tutto il resto è secondario. Come diceva il suo “babbone” S. Agostino: ama e fa ciò che vuoi, così S. Maria Maddalena ha incarnato e vissuto in prima persona questo programma di vita».

La futura santa e il futuro scrittoreAlla fine dell’Ottocento il monastero di Borgo Pinti ricevette una visita illustre: quella della futura Santa Teresa del Bambino Gesù, venuta dalla Francia con il padre e la sorella Celina. L’episodio è ricordato in una lapide posta nel 1973 nel primo centenario della nascita della santa francese ed è ricordato negli scritti di un eccezionale quanto involontario testimone: Giovanni Papini. L’incontro, che risale al 1888, è raccontato dallo scrittore, allora giovanissimo, nel libro di ricordi Il muro dei gelsomini sotto al titolo Il sorriso della Santa: «Uno dei ritrovi, in ogni stagione, di noi ragazzi fiorentini era il giardino D’Azeglio… Una mattina d’autunno del 1888, andavo, secondo il solito, verso quel giardino ma, giunto in via della Colonna, m’ero soffermato a una vetrina di cartolaro… In quel mentre sentii dietro di me voci straniere. Mi voltai: un signore e una signora accompagnati da una giovinetta, tutt’e tre dall’aspetto forestiero, stavano interrogando un passante che, a quanto mi parve, non sapeva insegnare ciò che gli veniva domandato. Mi avvicinai d’un passo, con la improntitudine propria dei ragazzi, e sentii che la giovinetta ripeteva, con accento tutt’altro che toscano ma chiaro, un nome fiorentinissimo: Santa Maria Maddalena de’ Pazzi… I tre forestieri ebbero fiducia di me e mi vennero dietro… Io sbirciai la giovinetta, che pareva la più impaziente di arrivare alla chiesa… La giovinetta non disse nulla ma, quasi per ringraziamento, mi rivolse un così bel sorriso che turbò il mio cuore di fanciullo timido… Molti e molti anni dopo, un amico prete mi dette a leggere una biografia di Santa Teresa di Lisieux e appresi, con meraviglia, che proprio nell’autunno del 1888, avendo le Carmelitane rifiutato di accoglierla novizia perché non aveva ancora l’età prescritta, essa aveva pregato i genitori di condurla in Italia, per chiedere a Leone XIII la grazia d’una speciale dispensa. E lessi con trepida meraviglia, che s’era voluta fermare a Firenze, con l’unico scopo di recarsi a pregare sulla tomba di Santa Maria Maddalena de’ Pazzi, che s’era trovata, a suo tempo, nel suo medesimo caso». Il libroNicola Gori, Maria Maddalena de’Pazzi. L’impazienza dell’amore di Dio», Edizioni San Paolo, pagine 120, euro 8,50. Nicola Gori, laureato in lingue e letterature straniere presso l’Università di Firenze, collabora con la cattedra di Letteratura spagnola della Facoltà di lettere e filosofia. Dopo la tesi su San Giovanni della Croce, ha affrontato l’argomento della scrittura dei mistici in varie collaborazioni a riviste specializzate. Ha pubblicato studi su numerosi santi e beati.

Il capolavoro del Perugino

In Santa Maria Maddalena de’ Pazzi si trova anche il prezioso affresco del Perugino La Crocifissione, ovvero il Cristo in croce con la Maddalena al centro, San Bernardo e Maria da un lato, e San Giovanni Evangelista e San Benedetto dall’altro, conservato nella Sala capitolare dell’edificio sacro di Borgo Pinti, antica e ricca strada di Firenze che dal centro storico puntava dritta verso Fiesole.Quindi, prima ancora che alla Maddalena de’ Pazzi, questo luogo era dedicato alla Maddalena del Vangelo.Piero Bargellini, nelle sue Strade di Firenze, conferma che «era già noto nel 1259 e sorgeva dove attualmente si trova la chiesa di Santa Maria Maddalena de’ Pazzi». Infatti, alla giovane fiorentina morta nel 1607 e beatificata da Urbano VIII diciannove anni dopo, la chiesa fu dedicata solo dopo la canonizzazione del 1669.Maria Maddalena, discendente dalla famiglia colpevole di aver congiurato contro Lorenzo e Giuliano de’ Medici, nacque a Firenze il 2 aprile 1566 da Camillo de’ Pazzi e Maddalena Maria Buondelmonti e fu battezzata con il nome di Caterina, ma i suoi, in onore della nonna paterna, la chiamarono poi Lucrezia, nome che a sua volta abbandonò quando, una volta in convento, assunse quello con cui è ricordata.

Oggi la chiesa e il convento di Santa Maria Maddalena de’ Pazzi non sono molto frequentati ed anche la loro dimensione non è più quella di una volta quando addirittura i monasteri erano due, maschile e femminile. Oggi è rimasto, ma solo in parte, quello maschile. Unica «attrattiva», per visitatori di buon livello culturale (circa quattromila l’anno), l’affresco del Perugino al quale si accede scendendo dalla sacrestia nella cripta e poi risalendo alla Sala capitolare. Un percorso che vale comunque la pena. L’impatto con il dipinto realizzato tra il 1493 e il 1496 è davvero emozionante. L’affresco è diviso in tre parti, che corrispondono alle tre arcate, ma l’autore, grazie al paesaggio raffigurante i dintorni del lago Trasimeno, conferisce all’opera una notevole unità. I colori sono quelli originali. I personaggi compassati e intrisi di misticismo. Lo stile sobrio ma efficace.

Un capolavoro di fronte al quale, per soli otto centimetri, si fermarono anche le acque limacciose dell’Arno andato oltre le spallette in quel tragico 4 novembre 1966.Notevole anche il primo chiostro, realizzato da Giuliano da Sangallo fra il 1492 e il 1505, che come un atrio di una basilica introduce alla chiesa il cui interno gotico è stato rifatto nell’impostazione principale negli ultimi anni del XV secolo. A cavallo tra il Quattrocento e il Cinquecento le cappelle laterali furono arricchite da pale di altare di artisti come Botticelli, Lorenzo di Credi, Domenico e Ridolfo del Ghirlandaio, Raffaellino del Garbo e lo stesso Perugino. Ma con gli aggiornamenti sei-settecenteschi queste opere sono migrate altrove, soprattutto nei musei.A.F.