Cultura & Società

Mons. Sismondo, il vescovo che salvò Pontremoli

«Mai prima di allora avevo incontrato alcun uomo dotato di una saggezza tanto profonda quanto quella di mons. Giovanni Sismondo, né mi accadde di incontrare in seguito». A scrivere così del vescovo di Pontremoli, è un testimone di rango e indubitabile in quanto ad obbiettività: l’Ufficiale britannico Gordon Lett, comandante del «Battaglione Internazionale», operante in Lunigiana dal ’43 al ’45. Da cosa dipendeva tanta stima? Monsignor Sismondo, sfidando insidie e andando ben oltre le sue competenze «pastorali» era salito ad un campo partigiano, posto nella valle di Rossano, paesino della sua Diocesi, per assolvere a due missioni delicate: portare dati di vitale importanza, da lui stesso raccolti, da trasmettere urgentemente al Quartiere Generale della Forza Speciale di Liberazione, sito in Firenze. Oltre a ciò recava un dispaccio da consegnare a Gordon Lett, su pressante richiesta del Comando tedesco di Pontremoli, riguardante una proposta di scambio di prigionieri. Quell’incontro fu quindi un episodio decisivo per gli sviluppi successivi di quanto accadde in Lunigiana, ed indimenticabile per i protagonisti di allora. 

Di questo ed altro si parlerà nel Convegno intitolato «Mons. Sismondo durante i venti mesi di occupazione nazifascista» che si svolgerà il prossimo sabato 22 aprile nel Teatro della Rosa di Pontremoli. Sono trascorsi sessant’anni dalla morte del Vescovo e la memoria della sua azione pastorale, in quel delicato momento storico, sarà rievocata dagli studenti degli Istituti Scolastici Superiori pontremolesi.

Il convegno ha il patrocinio del Comune di Pontremoli, della Diocesi di Massa Carrara – Pontremoli e dell’ANPI. Dopo la presentazione di Paolo Bissoli, presidente dell’Istituto Storico della Resistenza Apuana e i saluti del Sindaco di Pontremoli, Lucia Baracchini, e del Vescovo diocesano, mons. Giovanni Santucci, saranno gli studenti a illustrare l’opera e la figura del Vescovo Sismondo.

Seguiranno poi gli interventi di Gianluca Fulvetti, dell’Università di Pisa, che inquadrerà l’impegno e l’opera di mons. Sismondo e del clero locale all’interno del più ampio panorama della Toscana e Brian Lett, figlio del maggiore inglese, il quale ricorderà, con documenti e aneddoti, i rapporti strettissimi tra il Vescovo e il padre. Infine Emanuele Rossi, costituzionalista e prorettore della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, trarrà le conclusioni dei lavori.

L’opera del Vescovo Sismondo fu davvero instancabile e attenta, come si addice ad un vero «buon pastore» che porta in sé «l’odore delle pecore». Illuminato da un vigore spirituale e da una prudenza non comuni, riuscì ad intessere rapporti con le parti che si fronteggiavano e tra le quali rischiava di essere schiacciata l’intera comunità locale. I contatti con i partigiani e gli alleati furono determinanti in tante situazioni, quelli con i comandi tedeschi portarono alla salvezza di tante persone e vengono ricordati soprattutto per le ore difficili della fine del conflitto, quando gli occupanti in fuga minacciavano di far saltare in aria la città. Grazie ad un paziente lavoro di persuasione e mediazione, e alle diverse «missioni» che il Vescovo Sismondo compì in prima persona, il pericolo fu scongiurato. E Pontremoli fu salvata.

La scheda. Giovanni Sismondo nacque a Brusasco, in Piemonte, il 13 ottobre del 1879. Iniziò i suoi studi nella Piccola Casa della Divina Provvidenza fondata da San Giuseppe Cottolengo a Torino. Fu ordinato sacerdote il 16 luglio 1905 nella Cattedrale di Casale Monferrato e si laureò in teologia dogmatica a Torino nel 1907. Il 6 febbraio 1930 fu nominato vescovo di Pontremoli. Fece il suo ingresso in una piovosa domenica delle Palme, il 13 aprile successivo. Durante li anni della Guerra si distinse per il suo impegno a favore della città e per questo, il 19 agosto 1948 gli venne conferita la medaglia d’argento al valor civile. In occasione del decennio di episcopato fu nominato dalla Santa Sede assistente al soglio pontificio e il Consiglio comunale di Pontremoli gli assegnò la cittadinanza onoraria quale «pacificatore degli animi, difensore degli oppressi, salvatore della città».

Nel dopoguerra una grave malattia minò la sua forte tempra e nell’ottobre del 1954 fu costretto a rinunciare al governo della Diocesi. Trascorse gli ultimi anni a Torino, nella Piccola Casa della Divina Provvidenza dove morì il 7 dicembre 1957 e due giorni dopo venne sepolto nella cripta della Cattedrale di Pontremoli.