Cultura & Società

Musica, lo strazio di due madri nella «Pietà» firmata Piovani-Cerami

L’immagine che il tema dello Stabat Mater trasmette all’umanità, da sempre, è quello del dolore più straziante che esista: quello di una madre che perde il proprio figlio. Il dolore della Madonna ai piedi della Croce, descritto da Jacopone da Todi, ha ispirato molti musicisti  e fra questi anche Piovani.

Il noto premio Oscar per la colonna sonora de La vita è bella e vincitore di tanti altri prestigiosi riconoscimenti per la musica per il cinema e il teatro, ha deciso di cimentarsi con questo tema universale già alla fine degli anni Novanta, insieme a un altro grande della nostra storia letteraria e della sceneggiatura, Vincenzo Cerami, il sodalizio con il quale era iniziato negli anni Ottanta. Con La Pietà portano qualcosa di nuovo all’argomento: Cerami rielabora e integra mirabilmente i versi di Jacopone per adattarli a due madri, una occidentale, di razza bianca, benestante  e che perde il figlio per overdose, l’altra, invece, nera, che perde il figlio per fame, in un’Africa poverissima.

L’opera era stata concepita per un organico più piccolo, che per questa rappresentazione fiorentina Piovani ha ampliato, utilizzando così una più ampia tavolozza sonora, con la quale ha di volta in volta sottolineato il contenuto delle sei sezioni di cui La Pietà si compone. Frequenti sono gli interventi strumentali fra una sezione e l’altra del testo della voce recitante, affidato a un immenso Gigi Proietti, che ha restituito con professionalità da par suo un contenuto di grande emozione. Come del resto hanno fatto le due protagoniste vocali, sia la giovane Maria Rita Combattelli sia la più nota al pubblico Amii Stewart.

Piovani ha affiancato due tipi di vocalità che non sono nuovi nella recente storia della musica. La contaminazione fra il canto rock e pop con quello lirico ha avuto i pionieri nella indimenticabile e indimenticata coppia Freddy Mercury/Montserrat Caballé e poi con Luciano Pavarotti/Zucchero.

Piovani ha utilizzato due voci femminili e il risultato è stato ottimo, grazie anche all’empatica interpretazione di entrambe. Piovani ha guidato sapientemente la nostra sempre ottima orchestra, nella quale ha dato molta voce alla batteria (molto presente nella partitura) e anche alle percussioni tout court, in particolare all’inizio del quinto movimento, dove anche strumenti quali il pianoforte e gli archi sono stati usati con la percussione delle corde, ricreando sonoramente un’atmosfera africana, che introduce al racconto della madre nera e della morte per fame del suo piccino.

Dolcissimo il duetto delle madri che cantano la ninna nanna: pur in due mondi diversi questo canto le unisce, come le unisce il tipo di dolore che provano. Come ha detto alla fine della serata lo stesso Piovani «che perda il figlio per overdose, che lo perda per fame, che lo perda perché annegato in un viaggio su un gommone, il dolore della madre è sempre lo stesso». E lui e Cerami, con questo Stabat Mater, lo hanno descritto benissimo, come ha dimostrato anche il caloroso successo che il folto pubblico presente in sala ha loro tributato.