Cultura & Società

PRATO, MESSA IN SUFFRAGIO DI MALAPARTE, NEL CINQUANTESIMO DELLA MORTE; MONS. SIMONI: PERCHE’ DUBITARE DELLA SUA CONVERSIONE?

Cinquant’anni fa, esattamente il 21 luglio 1957, l’allora Vescovo di Prato mons. Pietro Fiordelli celebrava le esequie cristiane di Curzio Malaparte. Cinquant’anni dopo, nello stesso giorno, l’attuale vescovo di Prato, mons. Gastone Simoni, ha richiamato le parole che il suo predecessore pronunciò nell’estremo saluto al grande scrittore: «Voleva vivere, non voleva morire. Si ribellava alla morte. Fu nei lunghi mesi di malattia che la sua mente, fatta più viva e più profonda e più pura, scoperse che l’uomo non perde del tutto la vita. E mentre il suo corpo si disfaceva, divorato dalla malattia – disse allora Fiordelli – la vitalità della Sua anima si dilatava e Malaparte faceva il suo incontro con Cristo».

«Oggi – ha detto Simoni – si discute ancora della conversione del nostro grande concittadino. Noi rimettiamo tutto nelle mani del Signore, perché soltanto lui vede nel profondo dell’anima. Ma perché – si è chiesto il Vescovo – dubitare di testimonianze di persone autorevoli che non raccontavano certo favole? Noi di quei fatti prendiamo atto», oggi come cinquant’anni fa, «ma indipendentemente da questo vogliamo pregare per Malaparte», «felice vignaiolo dell’undecima ora», come ebbe allora evangelicamente a definirlo il sen. Guido Bisori nella commemorazione ufficiale.

Alla messa in suffragio di Kurt Suckert (vero nome dello scrittore), questo pomeriggio alle 18 in duomo, ha voluto prendere parte uno dei pronipoti, l’avv. Niccolò Rositani, curatore della Comunione eredi, in rappresentanza di tutti i familiari, a cominciare dalla madre, Lucia Ronchi e dalla zia, Laura Ronchi Abbozzo, le anziane nipoti di Malaparte; accanto a lui, nel presbiterio, a rappresentare ufficialmente l’Amministrazione Comunale di Prato, l’assessore alla cultura Andrea Mazzoni.

Prendendo spunto dalle letture, tra cui il Vangelo che narra dell’incontro di Gesù con le sorelle di Lazzaro, Marta e Maria, il Vescovo ha voluto richiamare anche nella conclusione dell’omelia «l’incontro di Malaparte con Cristo», ricordando come, prima di quello alla fine della sua esistenza, ce n’era stato un altro, lungo quanto la sua esperienza letteraria e di vita: «Chi legge le sue opere – ha detto Simoni – si rende facilmente conto che il suo rapporto con Cristo è un dato della sua vita. Malaparte ebbe un senso chiaro di Gesù: certo – ha spiegato – non come figlio di Dio, ma come immagine dei disgraziati di tutto il mondo».

«Certo – la discussione sulla conversione può essere sempre aperta. Ma non vorrei – ha chiosato in conclusione il Vescovo, citando il noto film dello scrittore, “Il Cristo Proibito” – che ci fosse una sorta di “Malaparte proibito”: non quello messo “all’Indice”, secondo usi del passato, ma quello approdato a Cristo». (cs)