Cultura & Società

Pregare a passo di danza

di Manuela Sadun Paggipresidente dell’Amicizia ebraico-cristiana di FirenzeLa danza è l’espressione più piena della preghiera e della gestualità. Non viviamo più in epoche in cui la danza era parte integrante della vita quotidiana e in cui il sentimento del sacro era mescolato alle attività comuni. La danza è un raro momento di concentrazione, interiore e sacra, una preghiera completa e corporea, una meditazione semplice che coinvolge tutto il nostro essere. Mi riferisco in particolare alla danza ebraica, ma non in maniera esclusiva. La danza stessa è un’energia vitale e come tale è risanante. I Chassidim sono quelli che più hanno valorizzato e apprezzato la danza, come preghiera ed espressione vitale. Un principio della tradizione e della vita ebraica è che la tristezza è cattiva, la gioia è buona.

La danza è un modo di vivere col quale abbiamo perso il contatto e da recuperare. L’importanza della danza si manifesta nelle sue diverse forme, sorte nelle varie epoche storiche, e nei diversi popoli. Permette un collegamento con le altre discipline e manifestazioni culturali e esistenziali. È un modo di essere e di esistere. Gli esseri umani hanno sempre danzato nei momenti solenni della propria esistenza per esprimere i loro sentimenti. È un linguaggio che l’essere umano può usare per esprimere ciò che lo delude, quello in cui crede, sentimenti, emozioni, angosce, ansie, gioie, dolori. È strumento per comunicare, unirsi, incontrarsi, entrare in comunione e parlare con l’altro, dalla profondità del proprio essere.

La danza è un’esigenza innata in ogni epoca e contesto socio-culturale. È un linguaggio, che usa come mezzo l’azione motoria in cui il soggetto esprime il suo mondo interiore.La danza è unione che si esplica dinamicamente da persona a persona, come comunione e dialogo da persona all’universo, come espressione e celebrazione di un rapporto attivo con la natura, da persona a Dio, è prender parte al movimento cosmico e al suo dominio. La danza si esplica anche come forma di preghiera.

La danza è stata e può essere un modo per vivere in maniera totale la vita e il mondo: è nello stesso tempo conoscenza, arte e religiosità. Essa ci rivela che il sacro non è scindibile dal profano, che lo spirito non può essere disincarnato, e attraverso di essa l’umano si scopre non diviso, ma interamente presente a quello che fa mentre i gesti scaturiscono in bellezza ed armonia. La danza è nata con l’uomo: in quanto tale la ritroviamo in ogni epoca, in ogni ceto sociale, in ogni luogo della terra, da ogni parte con le sue caratteristiche ma comunque danza, che l’uomo adatta alle sue condizioni ed esigenze. La danza è fatta di umanità, aderente alla vita di sempre al di là dello spazio e del tempo pur essendo ogni volta inserita in uno spazio (sale, palestre, all’aria aperta) e in un tempo (sia cronologico di secolo e giorno che ritmico perché generalmente è sopra una musica), è dunque universale.

La danza è espressione popolare e religiosa, strettamente collegata ad ogni aspetto della vita dell’individuo e del popolo che la esprimono. In essa si estrinseca l’unità dell’individuo e del suo ambiente, dell’individuo e del gruppo, del corpo e dello spirito. Per le danze ebraiche, si possono sottolineare le stesse cose e quanto la danza sia, e può sempre di più, essere momento di unità. Nella cultura ebraica dove non c’è rappresentazione di immagini, i gesti della danza diventano immagini del sacro in movimento. La danza fa parte del patrimonio più prezioso di ogni popolo ed é sempre stata molto importante per gli ebrei.

Ci sono ben 7 verbi nella lingua ebraica che indicano la danza. E questo sottolinea inoltre la diversità dei modi e dei tempi di questa attività. Alcuni dei tanti esempi lasciateci dalla Bibbia: «Dopo il passaggio del Mar Rosso la sorella di Mosé, Miriam, guidò la danza delle donne fra i canti e il suono dei timpani» (Es. 15,20); «Hai mutato il tuo lamento in danza, la mia veste di sacco in abito di gioia» (Sal 30,21); «I vincitori venivano accolti al loro ritorno con timpani e danze» (Gdc 11,34); «Di nuovo ti ornerai dei tuoi tamburi e uscirai fra la danza dei festanti» (Ger 31,4).

Punto d’incontro di tutte le risorse che la alimentano da oltre un secolo, la danza popolare ebraica possiede oggi una vitalità e un colore originale che le conferiscono una incontestabile personalità nell’universo del folklore. Benché fortemente contaminata dal folklore dei paesi dove hanno vissuto le comunità ebraiche (Palestina, Yemen, Spagna, Africa del nord, Grecia, Romania, Polonia, Russia) la danza ebraica non ha assunto per questo un carattere meno originale, affondando proprio nella cultura le sue origini più intime, tanto che i testi delle canzoni sono ancor oggi tratti per la maggior parte dalla Bibbia. Nata nell’antico Israele come forma di preghiera, la danza ha accompagnato la storia di questo popolo fino ai giorni nostri adattandosi nei secoli a esigenze storiche e religiose, rielaborando al suo interno elementi artistici derivati dal confronto con le svariate culture con le quali l’ebraismo della diaspora é venuto in contatto. In ogni religione i momenti danzati sono preghiera ed espressione vitale di corpo e anima in cui il corpo è lo specchio di una profonda religiosità. Chi danza si accorge di andare oltre la fatica, di non stancarsi, di avere un rapporto diverso col male fisico, è uno stimolo ad andare sempre avanti a dare il meglio di sé, a valorizzare la disciplina, ad annullare l’ambizione personale, a trasmettere armonia.

Si balla in gruppo come nelle danze antiche e rituali e così si sperimenta la gioia, la vitalità e anche momenti mistici nel tentativo di avvicinarsi al misterioso, all’incomprensibile. Mostra la nobiltà, l’eleganza e la dignità che caratterizzano l’umanità in quanto tale; la danza con la sua azione motoria può rappresentare questo. Muovendoci e nel nostro modo di porsi e di essere, ci manifestiamo e diciamo chi siamo.

La danza, in un mondo in cui sembra mancare spazio per l’alterità, l’amicizia e l’amore, è accoglienza gioiosa. Per la presenza, oggi, di più culture, la danza dei vari popoli e delle varie religioni può diventare un reciproco momento d’integrazione che favorisce la comunicazione e la comprensione.

La danza è nata e cresciuta nelle civiltà comunitarie, ma si è intristita nelle civiltà moderne e individualistiche; forse la sua riscoperta è in grado di contribuire a creare una nuova sintesi in cui la comunità coesiste con la ricchezza dell’individuo e della sua creatività, proprio come in una danza in cerchio in cui non c’è niente di statico e già predisposto, per passare così da una civiltà dello scontro a una civiltà della coralità, per un nuovo modo di vita. Solo l’arte e la bellezza trasformano una società. Dove non c’è bellezza non c’è armonia, non c’è anima.

Lo spettacolo di Danze ebraiche Mazal Tov realizzato da Terra di Danza, che sta girando in Italia è espressione e diffusione di cultura ebraica in uno scoppio di gioia e bellezza. La maggioranza degli attori, bravissimi, sono dilettanti e danzano per amore della danza. Dove c’è danza è luogo di preghiera; è il corpo che si fa tempio in ogni luogo. Questo ci trasmette sensibilmente lo spettacolo in questo affascinante viaggio attraverso danze musiche e racconti. Danzare insieme è la lotta più efficace per superare conflitti e riconciliarsi. La danza, come l’arte, non può essere un mezzo per la fama e la gloria personale, ma di umiltà, devozione, gratitudine.Manuela Paggi Sadun è autrice del libro «Dialogo guarigione del mondo» (Ed. Emi)

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