Cultura & Società

Quando la cultura… dà da mangiare. A Firenze incontro con Paola Dubini

Si dice che Giulio Tremonti, quando era ministro dell’economia (nei governi Berlusconi dal 1994 al 2011), avesse detto che «Con la cultura non si mangia» e che questa frase sia ronzata male nelle orecchie dell’editore Giuseppe Laterza per anni, finché non è riuscito a far pubblicare l’agile volumetto Con la cultura non si mangia. Falso! ad opera di Paola Dubini.

L’autrice, docente di Economia delle Istituzioni Culturali alla Bocconi di Milano, cerca di sfatare questo luogo comune, evidenziando come il patrimonio culturale del nostro Paese possa essere una risorsa anche superiore al petrolio, perché «Se i monumenti, le opere d’arte (per stare al patrimonio culturale materiale) fossero risorse come il petrolio, sarebbero innanzitutto non rinnovabili e destinate a esaurirsi. E invece è esattamente il contrario: per il solo effetto dello scorrere del tempo, la consistenza fisica del patrimonio cresce».

Non è un caso che l’autrice abbia scelto per presentare il suo libro a Firenze la sede di Confindustria, il cui presidente, Luigi Salvadori, ha fatto gli onori di casa e introdotto le relazioni, ricordando l’impegno che Confindustria si prefigge di mantenere nei confronti della salvaguardia del patrimonio artistico e culturale (non ultimo il fundraising promosso proprio da lui per Confindustria per la riapertura del Museo Ginori di Doccia).

Ad affiancare Salvadori e l’autrice si sono aspressi a favore dell’importanza dell’impegno di investire in cultura e proteggere il patrimonio culturale anche Cristiano Chiarot (Sovrintendente del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino), Mauro Campus (vicepresidente della Fondazione del Teatro del Maggio, nonché docente universitario di Storia della relazioni internazionali presso la facoltà di Scienze Politiche di Firenze) e, ultimo ma non ultimo, Giorgio Brunetti, Professore emerito di Strategia e Politica Aziendale presso la Bocconi.

Il fatto che lo Stato investa così poco in cultura in una nazione che ha un patrimonio come il nostro è da rivedere, perché il filo conduttore dei vari interventi supporta l’idea di Dubini che «la cultura può operare processi di trasformazione sistematica quando da esercizio estetico diventa pratica, esercizio di benessere personale e collettivo, come camminare, lavarsi e salutarsi per strada: pratica etica e politica per tutti, secondo gusto, sensibilità, curiosità intellettuale e capacità di ascolto. Non è un investimento di per sé costoso, purché sia sostenuto con continuità».

La cultura porta benessere, attrae il turismo e quindi tiene viva l’economia. Non solo, contribuisce a condurre uno stile di vita di maggiore qualità, oltre a intervenire contro l’abbandono scolastico e a miglioramenti sociali. Viene ricordato a proposito cosa diceva monsignor Giancarlo Bregantini, a lungo vescovo di Locri: «Un ragazzo che cresce in un posto brutto è più facile che cresca brutto». Vale anche l’esatto contrario. Dove investire dunque, se non nella cultura?