Cultura & Società

San Miniato: nei diari inediti la verità sul vescovo Giubbi

di Fabrizio Mandorlini«25.IX.’44 ore 8.30 …Seppi che è quasi generale l’accusa che mi si muove circa i fatti del 22 luglio. E persi tempo nel discutere… sempre le solite cose, i soliti argomenti che non levano un ragno da un buco, perché non si arriverà mai a persuadere chi non si vuol persuadere. Mi si dice: “perché non parla per difendersi”. Ma mi pare di non doverlo fare: primo perché davanti a Dio sono certamente colpevole, non della cosa, ma di non essere stato tanto buono da meritare dal Signore la grazia che essa non avvenisse: e poi mi pare brutto che dopo 16 anni che sono qui e sono conosciuto, mi debba scagionare di una cosa che sarebbe peggiore di ogni assassinio… C’è chi ha detto: se credessi il Vescovo capace di una cosa simile prenderei una rivoltella e l’ucciderei senza pensarci un minuto. Ed è così che dovrebbe essere fatto salva la giustizia. Io voglio lasciare tutto nelle mani di Gesù. Sopportare questa menomazione del mio nome (oh! la mia fama e il credere che tutti mi volessero bene!…) per sconto dei miei peccati e non lasciarmi distrarre da ciò che è il mio dovere, sia personale: ricercare Gesù, fino a farne veramente la mia vita, sia di ufficio: curare, meglio che non abbia fatto fin qui, la diocesi: interessandomi specialmente del Seminario e del clero: aiutare, con tutti i mezzi possibili, la Domus Dei. Gesù penserà a me! Io cercherò di amare Lui. E le sofferenze le offro a Gesù, per le anime, per la diocesi, per sconto dei miei peccati».

Sono questi alcuni dei passi del diario di mons. Ugo Giubbi reso noto in alcune sue parti per la prima volta. Il vescovo è stato ricordato a sessant’anni dalla sua morte con una solenne eucarestia in cattedrale celebrata da mons. Fausto Tardelli domenica 24 settembre alle 17.30.

Giubbi fu, usando le parole dell’oratore mons. Fausto Baldini, pronunciate durante le sue esequie: «grande soprattutto nel soffrire, il soffrire che sembra essere stato la missione più sua, soprattutto negli ultimi anni quando, più delle sofferenze fisiche, gravarono sul suo cuore di Vescovo le ansie mortali dell’ora dolorosa della guerra che il suo cuore paterno più d’ogni altro sentì. Allora, come egli trepidò nella inquietudine di salvare il suo popolo per il quale non esitò ad offrire se stesso, e come, nella tremenda sventura che colpì la nostra città, soffrì, centuplicato, lo strazio dei suoi figli, così silenziosamente, si chiuse nel suo profondo dolore quando qualche voce sinistra tentò di oscurare la limpida lealtà del suo operato di Pastore e di Padre. Per tutto questo Mons. Giubbi non può dirsi scomparso: “Mortuus, sed quasi non mortuus” perchè vive ancora nel ricordo riconoscente di tutta la diocesi. San Miniato non piangere, esulta, perché egli vive ancora più grande nelle sue opere e nella sua carità».

Ma quale figura sotto il profilo pastorale fu il Giubbi? Per mons. Tardelli «I tragici fatti del Duomo e le polemiche degli anni successivi hanno forse fatto restare in ombra l’instancabile opera del pastore che ha alimentato profondamente la fede di questa Chiesa. E’ giusto allora che noi lo ricordiamo anche per questo. Gli ultimi anni della sua vita furono impreziositi dalla paziente sopportazione della peggiore delle accuse che si possa fare ad un vescovo e che lo condannerebbe irrimediabilmente davanti al giudizio di Dio: quella di aver tradito il gregge affidatogli dal Signore, di averlo fatto perire, di averlo abbandonato in mano ai lupi rapaci o, peggio ancora, di essersi fatto lui stesso lupo. Egli sopportò tutto in sconto dei suoi peccati e per la pacificazione degli animi».

Il pensiero di Giubbi dopo sessant’anni, è per i cristiani quanto mai attuale così come il suo segreto. E questo segreto si chiama Gesù. «Ecco la mia missione: – scrive nel suo diario il 2 febbraio 1945 – portare Gesù alle anime ed essere sostenuto da Gesù. Se Gesù non sostiene è impossibile portare Gesù alle anime. Il compito è troppo grande, la nostra debolezza ci farebbe cadere: i nostri nemici ci farebbero deviare. Tutto devo incentrare, dirigere, fondare su Gesù. Senza di Gesù un bruscolo mi può accecare, un granello di sabbia cadere, un piccolo urto mi può far precipitare… Con Gesù nessun nemico può vincermi, nessun ostacolo mi può fermare… Lui solo può essere una vera luce, forza, guida, conforto. Con Lui, anche solo pregando e soffrendo, porterò Dio alle anime… la mia vita potrà essere veramente feconda di bene, e al termine di essa potrò ben contare come il Santo Simeone, il mio “Nunc Dimittis”. Senza di Lui il mio lavoro sarà vano… e sarebbe stato meglio per me non esser nato! Gesù solo, Gesù tutto, Gesù sempre».

Per concludere, poche settimane prima di morire, il 21.V.’46 alle ore 6.5 «…quando sono stato accusato dagli uomini come in questi ultimi tempi, non mi sono forse sentito richiamare alla verità, non ho scoperto meglio la mia miseria, non mi si è mostrato lo stato di assopimento in cui ero caduto? Tutto questo bene non avveniva quando ero lodato, approvato dagli uomini». La schedaMons. Giubbi nacque a Pracchia l’11 febbraio 1886, fu ordinato sacerdote della diocesi di Firenze nel 1908. Vicerettore e rettore del seminario di Firenzuola, dove aveva studiato, dal 1924 divenne parroco, nel cuore di Firenze, della parrocchia di S. Niccolò Oltrarno. Fu assistente della Gioventù femminile di AC prima e successivamente della Giunta diocesana dell’Azione cattolica fiorentina.

Ricevette la consacrazione episcopale per mano del card. Mistrangelo il 24 agosto 1928 e il 18 dicembre dello stesso anno prese possesso della diocesi di San Miniato. Morì il 23 settembre 1946. A distanza di tanto tempo ­ come sottolinea il vescovo Fausto Tardelli – si staglia ancora più nitida la figura di un uomo buono ed onesto, di un uomo di Dio, in cammino verso una piena configurazione a Cristo e guida tenace del suo popolo.