Cultura & Società

Se la cultura torna al quotidiano

di Mauro Del CorsoDifficile che un convegno dimostri subito i propri effetti pratici: eppure è accaduto a Pisa, nel corso della giornata nazionale di studi «Vivere il patrimonio culturale», venerdì 15 aprile, indetta dalla locale sezione della Fidapa e dagli Amici dei musei e monumenti pisani. Perché quella chiesa – la millenaria San Pietro in Vinculis, nel cuore della città murata – solitamente (e necessariamente) è chiusa. Ma non lo è stata per la circostanza, quale sede dell’incontro, richiamando così pubblico, visitatori e anche curiosi. Tutta gente che, probabilmente, non si sarebbe mai resa altrimenti conto di uno dei più belli e suggestivi edifici sacri della città.

È, dunque, anche questo – insieme ai tanti altri emersi – un modo di vivere, ma soprattutto di condividere, il nostro immenso patrimonio. Ecco perché l’Italia deve fare un salto di qualità, diventare da «museo naturale» e «diffuso» un vero «museo consapevole», dove il dato soggettivo prevale su quello oggettivo. Non si è trattato, quindi, di uno dei soliti, forse troppi ed ormai a «la page», convegni sui Beni culturali: si è invece cercato di capire se valga la pena di comprenderli e frequentarli con familiarità, oppure di restarne – tutto sommato – indifferenti, riducendoli ad un puro fenomeno di costume.

Non a caso il senatore Luciano Modica, per lunghi anni Rettore Magnifico dell’ateneo pisano, ha insistito sul turismo didattico e culturale come luogo essenziale e fondante della formazione, sul territorio, non surrogabile da viaggi virtuali o via internet. Spesso rara occasione, per molti giovani, per avvicinarsi al patrimonio, pur con tutti i rischi conseguenti, ed evidenti, ma che è comunque il caso di correre, vista la posta in gioco.

Ed i presenti hanno vibrato, e capito – forse stupendosi – quando padre Carlo Chenis, salesiano Segretario della Pontificia commissione per i beni culturali della Chiesa, ha chiesto: «Sapete qual è la differenza principale tra le nostre chiese e le piramidi? Che le prime sono ancora, in gran parte (anche se con forti preoccupazioni per il futuro) luoghi vivi, le seconde – pur splendide – sono ormai morte da millenni». Sembra una banalità, ma fa la differenza: di percezione, di atmosfera, di un vissuto che può essere realtà quotidiana o solo memoria.

Ecco perché l’intervento di Cristina Acidini Luchinat, Soprintendente dall’Opificio delle pietre dure e con una lunga esperienza transoceanica, ha sottolineato il divario fondamentale tra i nostri musei e quelli statunitensi individuandolo in una realtà non replicabile e ripetibile altrove: il legame con il territorio. Qualunque Giotto o Caravaggio isolato in un pur magnifico stand nel Texas o nel Minnesota rimane «un’isola del tesoro». Ed è proprio quindi in simbiosi con il territorio che, da noi, possiamo apprezzare e capire i nostri capolavori.

«Ho già avuto la mia parte di convegno, stamani» – ha aggiunto il Soprintendente di Pisa e Livorno Guglielmo Malchiodi – «arrivando a piedi sul lung’Arno del Palazzo Reale. È stato il quotidiano tuffo nel nostro incredibile patrimonio», ribadendo dunque un concetto di osmosi tra contesto e monumenti che annulla il concetto di feticcio, di arti maggiori e minori.

Un profilo particolare, curato specialmente dalla Fidapa, ma anche al di fuori dai soliti canoni stereotipati, è stato quello del pomeriggio sul «ruolo della donna». Sia quale mecenate d’arte – con esempi storici insigni – trattato dalla principessa Vittoria Alliata, di nobile ed antica stirpe pisana, che ha denunciato la demagogia politica, di chi, da un lato, esalta la sua splendida villa barocca di Bagheria, mentre dall’altro cerca di lottizzarne il parco.

Ma anche come artista e soggetto d’arte (Francesca Cangianelli ed Alida Cresti), per arrivare alla donna storica dell’arte (Cinzia Sicca), impegnata nelle istituzioni che di arte si occupano (Carla Guiducci Bonanni) o nell’imprenditoria artistica (Francesca Pacini). Un viaggio a tutto tondo nell’universo femminile che non si è lasciato andare alle scontate rivendicazioni e riaffermazioni di un ruolo ed una funzione, ma li a più concretamente descritti nella storia e nell’attualità, alla luce di una sensibilità speciale.

Se l’obiettivo era quello di allontanarsi dai necessari ma sin troppo dibattuti temi della tutela, della conservazione, della promozione per approdare, invece, a quelli – nell’ordine – della comprensione, della conoscenza e della fruizione artistica non come «evento», bensì quale parte «normale» della vita di ciascuno di noi, è stato decisamente raggiunto. Con uno slogan – lanciato a fine convegno – e riassuntivo del suo spirito: dalla coscienza la conoscenza e, da questa, l’amore e la passione. Sempre, ovviamente, dal punto di vista di chi nel nostro incredibile patrimonio vive e si trova immerso ad ogni passo, inevitabilmente.