Cultura & Società

Terremoto. Umbria, in deposito Santo Chiodo arte salvata: ecco 5.400 opere

Un grande spazio costruito ad hoc dalla Regione Umbria prima che la terra iniziasse a tremare, al momento dell’emergenza già perfettamente funzionante e pronto ad accogliere i tanti tesori che da subito arrivavano dalle chiese e dai siti della Valnerina. È qui che i funzionari della Soprintendenza dell’Umbria insieme agli esperti dell’Opificio delle Pietre dure e dell’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro prestano i primi soccorsi al patrimonio mobile scampato alla furia del terremoto.

Tantissimi i crocifissi disposti su grandi tavoli a cui lavorano i restauratori, e poi le tele, i dipinti e una distesa di pietre disposte ordinatamente sui pavimenti. Sono le macerie delle chiese venute giù con le scosse più cattive, rimosse dall’Istituto per il Restauro dalle chiese di San Benedetto a Norcia e di San Salvatore in Campi. «Si tratta di materiale originale che abbiamo selezionato dai detriti», ha spiegato il direttore Gisella Capponi in visita ieri a Santo Chiodo insieme al presidente del Consiglio Superiore dei Beni culturali, Giuliano Volpe, al segretario generale Mibact, Carla Di Francesco, alla soprintendente dell’Umbria, Marica Mercalli, alla presidente della Regione, Catiuscia Marini, e all’arcivescovo di Spoleto e Norcia, Renato Boccardo.

 «L’Umbria negli anni ha fatto tesoro anche delle emergenze, traducendole in visione amministrativa e scelte di programmazione – ha detto Marini – e questo luogo ne è l’esempio. Ma il terremoto ci ha insegnato anche che è necessario fare manutenzione ordinaria dei beni».

Santo Chiodo «è un modello che dovrebbe essere ripetuto in tutte le regioni e i territori a rischio», ha detto Di Francesco, tra le sue prime uscite pubbliche dalla nomina di segretario generale del ministero. «Rilanciamo la proposta del Consiglio Superiore di istituire una funzione specifica per il patrimonio culturale nella Protezione civile», ha aggiunto Volpe. Da circa cento chiese della Valnerina sono arrivate le opere ricoverate a Santo Chiodo, dove un’equipe dell’Opificio lavora alla loro messa in sicurezza.

«Le esperienze compiute a Sassuolo e ora qui – questo il messaggio del direttore dell’Opificio, Marco Ciatti – ci consentiranno di sviluppare la ricerca su questa attività che è diversa dalla prevenzione e dal restauro vero e proprio». Dopo il ricovero, la messa in sicurezza e il restauro, le opere saranno riportate nei loro luoghi d’origine e riconsegnate alle loro comunità. È quello che accadrà, per esempio, nella Chiesa di San Salvatore in Campi, visitata oggi dalla delegazione Mibact, dove l’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro allestirà un vero e proprio laboratorio di restauro in cui studiare e ricomporre i frammenti degli affreschi venuti fuori dalle macerie. «Abbiamo trovato molte parti della Chiesa veramente ben conservate – ha detto Capponi – Adesso contiamo di completare la messa in sicurezza e di fare un’apertura straordinaria per Natale. Poi, vogliamo realizzare nella Chiesa un laboratorio di restauro che consenta di mettere in sicurezza e ricomporre i frammenti che oggi sono a Santo Chiodo. È una cosa indispensabile che darà un valore aggiunto a tutta l’operazione e ci permetterà di capire realmente che cosa poter fare di ricomposizione di tutto l’edificio».