Cultura & Società

Un italiano scopre il segreto della matematica Inca

L’uomo che ha scoperto l’enigma della matematica inca che per mezzo millennio ha tolto il sonno a generazioni di scienziati si chiama con l’italianissimo nome di Nicolino De Pasquale. Ha 54 anni, una laurea in ingegneria aeronautica e vive a Pescara dove insegna un po’ al liceo e un po’ all’università. Segni particolari nessuno: non beve, non fuma, è tutto casa e lavoro, occhiali e capelli bianchi, marito di Adriana e padre di Salvatore e Federico (4 e 2 anni). Ha solo il bernoccolo dei numeri, al punto che per alcuni è un genio.

Ma l’aspetto più bizzarro della vicenda è che De Pasquale ha messo a nudo il segreto senza saper niente ne’ degli inca, ne’ del segreto stesso, ne’ tanto meno delle angosce secolari provocate dal tentativo di decifrare le misteriose calcolatrici, chiamate Yupane, di cui parlavano già i conquistadores spagnoli nel 500 e tornate alla luce con gli scavi: blocchi di pietra più o meno di 30 centimetri per 20, con tante piccole vasche scolpite sulla parte superiore e, all’interno, apparentemente a caso, vari fagioli bianchi.Adesso una delle Yupane, non più segnate dal mistero ma comunque preziosissime, è esposta dietro una spessa lastra di cristallo nella mostra sugli stupefacenti tesori artistici del Perù precolombiano in calendario a Firenze (Palazzo Strozzi) fino al 22 febbraio. Della scoperta ha dato conferma ufficiale, oggi, l’americanista Antonio Aimi, curatore dell’esposizione.

Un incontro importante, quello di De Pasquale con Aimi, perché ha dato coscienza e possibilità di applicazione a un’intuizione matematica altrimenti sterile. E’ stato Aimi, in altre parole, a mettere l’ingegnere di Pescara a confronto con le Yupane e dunque a dare un senso ai calcoli. Resta il fatto che, all’oscuro di tutto e usando solo il cervello, De Pasquale ha effettivamente battuto sul tempo fior di ricercatori e antropologi sparsi ai quattro angoli dell’Occidente: francesi, americani, tedeschi, olandesi, italiani, russi, giapponesi, indiani, tutti scienziati di provata capacità e esperienza costretti ad arrendersi davanti a un dilettante. L’incredulità è stata tale che per oltre due anni la scoperta è stata messa all’indice. Impossibile, dicevano. Sbagliavano.

Aimi spiega che l’enigma è stato senz’altro figlio di un equivoco nato dalla convinzione, suffragata da alcune fonti, che gli inca contassero in base dieci come noi. De Pasquale ha invece scoperto che contavano in base quaranta e lo ha dimostrato servendosi di due modellini di Yupana in legno. In quello più semplice, sono cinque o sei serie di quattro vaschette sovrapposte. La calcolatrice degli inca funziona da destra a sinistra, partendo dalla prima vaschetta in basso che, secondo un antico disegno, è quella dell’unità e contiene dunque una pallina di valore 1. La vaschetta successiva contiene invece due palline ciascuna di valore 2, la terza tre di valore 3, la quarta cinque di valore 5. La somma: 1 + 4 + 9 + 25 = 39. La vaschetta di destra della fila superiore vale 40, quella accanto 80 e così all’infinito. In altre parole, è una progressione geometrica che riproduce, curiosamente, la moltiplicazione cellulare. Le particolarità sono che non esiste lo 0 e che uno stesso numero si può scrivere in modi diversi.

Il metodo funziona, qualunque sia il calcolo richiesto. De Pasquale ne ha dato varie dimostrazioni. Come ci è arrivato? Così: “Era l’ultimo dell’anno del 2000”, racconta, “Per Natale avevo ricevuto in regalo un libro di enigmi matematici e appunto, aspettando mezzanotte a cena a Roma da mia sorella, tra una chiacchiera e l’altra, mi sono messo a sfogliarlo. A un certo punto ho trovato il disegno di una Yupana fatto da uno spagnolo del ‘500. Ci ho riflettuto un po’, poi ho preso carta e penna e ho fatto un po’ di conti. Quanto ci ho messo? Mezz’ora, forse quaranta minuti. Prima di capodanno ne sono arrivato a capo. Mi dispiace se ho dato noia a qualcuno. Che ci posso fare se i conti tornano?”.

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