Dossier

Arte sacra, un patrimonio che parla di fede

Il 19 marzo nell’antico Convento di San Pietro all’Orto viene inaugurato il nuovo Museo di arte sacra di Massa Marittima, punto di arrivo di un progetto di valorizzazione del patrimonio storico-artistico della città portato avanti da alcuni anni dall’Amministrazione comunale in stretta collaborazione con la Soprintendenza per il Patrimonio storico-artistico e demoantropologico di Siena e Grosseto.

Il Convento di San Pietro all’Orto diventa così la nuova casa di tanti importanti capolavori d’arte prodotti a Massa Marittima o per Massa Marittima, per le sue chiese ed edifici sacri, nel periodo di massimo splendore della città, quando la ricchezza mineraria delle Colline Metallifere permise di attivare diversi cantieri tra le sue mura e di chiamare a lavorarvi artisti di grande fama. Per la splendida tavola della Maestà di Ambrogio Lorenzetti (nella foto), in particolare, si tratta di un vero e proprio ritorno a casa se, come ritengono gli storici dell’arte, fu dipinta proprio per la Chiesa di San Pietro all’Orto, nei cui magazzini, tra l’altro, fu rinvenuta casualmente nel 1866. Accanto ad un nucleo importante di opere di proprietà del Comune di Massa Marittima nel Museo sono esposte opere concesse in deposito dalla Soprintendenza di Siena e Grosseto ed altre concesse in prestito da alcune parrocchie di Massa Marittima, grazie ad un importante rapporto di collaborazione instauratosi tra Comune e Diocesi di Massa Marittima – Piombino e le stesse parrocchie. Il progetto scientifico del Museo, curato da Alessandro Bagnoli, storico dell’arte della Soprintendenza, ricostruisce attraverso l’esposizione di tanti preziosi capolavori alcuni dei momenti salienti della storia religiosa e civile dell’insediamento urbano medievale di Massa Marittima dal XI al XVI secolo. Una visita virtuale Il percorso del Museo si snoda attraverso cinque ampie sale. Nella prima si possono ammirare i dieci misteriosi «rilievi neri», probabilmente parte di un’antichissima chiesa massetana e collocati verso la metà dell’Ottocento nella controfacciata della Cattedrale di San Cerbone. Il restauro eseguito in occasione dell’allestimento del nuovo Museo ha permesso di identificare la pietra, che si è rivelata alabastro grigio e non nefrite come era stato detto finora. La seconda sala è dedicata alla scultura gotica senese e pisana prodotta tra fine del Duecento e l’inizio del Trecento. L’intera parete di fondo è occupata dalla ricostruzione in anastilosi della loggetta di coronamento della facciata della Cattedrale: in un contesto architettonico che permette di comprenderne provenienza e funzione, sono inserite tre sculture originali (Telamone, Grifo e Cavallo) di Giovanni Pisano.

Nella stessa sala è possibile vedere a confronto il Crocifisso ligneo dipinto di Giovanni Pisano e l’importante Croce stauroteca (contenente la reliquia) di Andrea Pisano e soci, sbalzata in argento e decorata da figurazioni coperte di smalti traslucidi. Due lunghe mensole accolgono inoltre gli Apostoli, Profeti e Santi, opera dello scultore senese Gano di Fazio.

La terza sala è dedicata ai Lorenzetti, con la splendida tavola della Maestà di Ambrogio e la vetrata derivata da un cartone di Pietro, che decorava un occhio della sagrestia della Cattedrale. In un’ampia sala al piano superiore si possono ammirare alcune pregevoli opere pittoriche di Sano di Pietro e di Stefano di Giovanni detto il Sassetta, oltre a due lastre tombali in marmo, una delle quali opera dello scultore Urbano da Cortona, allievo di Donatello, e ad altre opere quattrocentesche. L’ultima sala infine è dedicata alle oreficerie e ai paramenti sacri.

Le sorprese del Museo di Arte Sacra non si concludono il giorno della sua inaugurazione. Grazie alla collaborazione della diocesi di Massa Marittima e Piombino, delle parrocchie di Massa Marittima e della Sovrintendenza, questo museo offrirà un volto sempre nuovo. Proporrà infatti nel corso dell’anno opere diverse che provengono da edifici sacri. Tutto ciò offrirà l’opportunità di ammirare opere d’arte di grande valore in un ambiente idoneo e confortevole ma non toglierà queste opere definitivamente dal loro luogo naturale (soprattutto chiese) e dalla loro funzione originaria che è quella della devozione religiosa.L. P. La schedaL’antico Convento di San Pietro all’Orto si trova in Cittanuova, la parte alta del centro storico di Massa Marittima. L’edificio fa parte di un complesso architettonico medievale di grande valore nel quale sono inseriti pure l’ex chiesa di San Pietro all’Orto, il chiostro di Sant’Agostino e l’omonima chiesa trecentesca. Con l’inaugurazione del nuovo Museo di arte sacra il complesso architettonico di San Pietro all’Orto si completa nella sua funzione di polo museale principale di Massa Marittima. Oltre al nuovo museo si trovano in questo luogo la collezione di arte contemporanea donata al Comune da Angiolino Martini ed il Museo degli organi meccanici antichi della Fondazione Santa Cecilia.

Il complesso museale di San Pietro all’Orto si trova in Corso Diaz, 36. Dopo l’inaugurazione del 19 marzo (ore 16), dal giorno successivo il Museo resta aperto con i seguenti orari: aprile-settembre 10-13 e 15-18. Ottobre-marzo 11-13 e 15-17. Chiuso il lunedì. Biglietti 5 euro intero; 3 ridotto; 4 euro gruppo adulti. Info: tel. 0566-902289/901954.

Il vescovo Bianchi: i Beni culturali strumento di annuncio cristianoI beni culturali di proprietà ecclesiastica sono al centro di una serie di attenzioni: hanno interesse culturale, artistico, possono anche essere veicolo di promozione economica per il territorio. Ma non si deve dimenticare che il loro primo valore è quello religioso, devozionale: è quello lo scopo primario per cui sono nati e il contesto nel quale devono essere collocati per essere compresi pienamente».

Il vescovo di Volterra Mansueto Bianchi, delegato della Conferenza episcopale toscana per la cultura, riassume così la riflessione che i vescovi toscani hanno affrontato durante l’ultima assemblea, che si è svolta lunedì e martedì scorsi nel santuario di Montenero. La Cet ha preso in esame la recente intesa siglata a livello nazionale per la tutela e la schedatura dei beni ecclesiastici. I beni culturali, spiega monsignor Bianchi, «sono oggetto di diverse competenze: il Ministero si occupa della tutela e della conservazione, mentre la Regione è interessata alla valorizzazione. La Chiesa, che è storicamente la maggiore produttrice di arte, riconosce nel suo patrimonio artistico uno strumento di evangelizzazione e di dialogo tra fede e cultura».

L’arte sacra, insomma, come strumento di catechesi e di annuncio cristiano…

«Su questo versante le Chiese della Toscana hanno fatto negli ultimi anni un grosso cammino, concretizzato anche attraverso documenti, convegni, pubblicazioni, iniziative di vario tipo. Adesso l’impegno deve proseguire e su questo fronte si devono investire risorse umane ed economiche, tempo ed energie. Troppe volte la conservazione del patrimonio artistico e culturale è sentita dalle nostre comunità come un peso, un retaggio del passato: dobbiamo imparare a vederla come un’opportunità da cogliere sul piano dell’evangelizzazione. È uno strumento che ci permette di avvicinare un numero grandissimo di persone, che siano studiosi o semplici turisti».

Il dilemma, che si presenta a questo punto, è sempre lo stesso: come perseguire questo scopo senza correre il rischio di trasformare le chiese in musei?

«La musealizzazione deve essere sempre l’ultima soluzione, quando non sono possibili altre strade. Le chiese devono restare il più possibile luoghi accessibili a tutti: altrimenti si rischia anche di falsare l’immagine della Chiesa nella mentalità popolare. In alcuni casi il biglietto di ingresso può essere necessario per regolare i flussi turistici, ma non deve diventare un metodo generalizzato. In ogni caso poi l’accoglienza dei turisti e le finalità di culto dell’edificio religioso devono essere contemperate».

Sempre più spesso si verifica anche la necessità di trasferire opere d’arte dalle chiese ai musei, per motivi di sicurezza o di conservazione…

«Anche questo deve essere fatto solo in casi di reale necessità. Oggi fra l’altro la Cei finanzia l’istallazione di impianti di sicurezza, proprio per evitare lo spostamento. È giusto che le opere restino nel contesto in cui sono nate, che è un contesto di preghiera: questo permette anche allo storico di coglierne il vero significato».

Viene in mente un caso come quello della Madonna del Parto, a Monterchi: un’immagine oggetto di grande devozione popolare, collocata in un contesto museale.

«I singoli casi vanno risolti con intese a livello locale: quando queste intese mancano e nascono controversie tra le istituzioni, è una perdita per tutti».Riccardo Bigi Oltre cento raccolte sparse sul territorioIl Museo di arte sacra di Massa Marittima è solo l’ultima «perla» di una collana che tutto il mondo ci invidia, quella delle raccolte e musei d’arte sacra. In tutto sono già oltre cento. Si va da quelle nate attorno alle grandi Opere metropolitane, ai musei diocesani, alle piccole raccolte vicariali o addirittura parrocchiali. «Tutti insieme – come ha osservato il soprintendente Antonio Paolucci – farebbero una realtà più vasta degli Uffizi e di Pitti messi insieme. A noi – aggiungeva nell’“Introduzione” al volume “Musei e raccolte d’arte sacra in Toscana” – interessa però che restino separati e l’uno dall’altro distinti. Perché se tutti insieme rendono testimonianza al grande ruolo culturale svolto nei secoli dalla Chiesa, ognuno di loro, nel suo specifico carattere, è testimonianza di storie locali che esigono di essere preservate nella riconoscibilità dei segni e nella percezione delle comunità e dei popoli». Il nucleo più antico e più «prestigioso» è quello dei «Musei dell’Opera», nati attorno alle grandi cattedrali e alle «Opere» che ne avevano la cura. A Siena, il Museo dell’Opera, aperto dal 1869, può vantare un capolavoro invidiato da tutto il mondo come la celebre «Maestà» di Duccio, al centro di una prestigiosa mostra che è stata l’evento culturale del 2004. A Firenze il Museo dell’Opera, aperto dal maggio 1891, è stato recentemente riallestito nonostante sia già deciso il raddoppio della sede espositiva. Per capirne il valore basta citare tre capolavori tra i tanti che vi sono esposti: le formelle restaurate della Porta del Paradiso del Ghiberti, la «Pietà» di Michelangelo, la «Maddalena» di Donatello. A Pisa il Museo dell’Opera del Duomo è molto più recente, essendo stato inaugurato l’8 novembre 1986, ma anche qui i capolavori esposti, specie di scultura, sono di grande livello (Nino Pisano, Nicola e Giovanni Pisano, Tino da Camaino…). A Lucca (aperto nel 1992) il nucleo più interessante del museo della Cattedrale è costituito dal «tesoro» della Santa Croce, quei preziosi ornamenti della grande statua-reliquiario che si conserva nel Duomo di Lucca e nota come il «Volto Santo». A Prato, dove il museo è del 1967, ma proprio in questi mesi si sta concludendo un completo riallestimento, è esposto il pulpito di Donatello dal quale veniva fatta l’ostensione della Sacra Cintola. Tra gli altri capolavori merita segnalare le grandi pale di Filippo Lippi. Il Museo della Cattedrale di Chiusi (aperto nel 1932, ma completamente riallestito in epoca recente) è certamente più piccolo dei precedenti, ma può vantare una raccolta unica di Codici Miniati, provenienti da Monte Oliveto Maggiore. A Pistoia il Museo Capitolare espone una raccolta davvero notevole di arredi liturgici nati per la Cattedrale di San Zeno, come il calice duecentesco detto «di sant’Atto» o grandi reliquiari di San Jacopo e di Santa Eulalia.Un secondo nucleo tipologico è costituito dai musei diocesani, sorti in genere per conservare e rendere fruibili capolavori provenienti da chiese soppresse o non più officiate, come quelli di Siena (nell’Oratorio di San Bernardino), Montalcino o Colle Val d’Elsa. Se ne trovano di interessanti anche in piccole diocesi, come a Pitigliano, dove è allestito nella Fortezza Orsini. Quello di Volterra, aperto nel 1932, vanta opere pittoriche come la «Madonna col Bambino e i santi Giovanni Battista e Bartolomeo» del Rosso Fiorentino, e alcuni arredi, tra cui un Busto reliquiario di sant’Ottaviano di Antonio del Pollaiolo, davvero pregevoli. Un caso a sé è il Museo diocesano di Grosseto, inaugurato nel 1933 per la tenacia del canonico Cappelli e poi unito dal 1975 al Museo civico con sede nell’imponente palazzo ottocentesco dell’ex Tribunale (il riallestimento è del 1999). Un riallestimento recente ha subito anche il Museo diocesano di San Miniato (aperto dal 1966) che è stato inserito all’interno di un più vasto «sistema museale» cittadino. Ma il «Diocesano» più consistente è forse quello di Pienza, nato all’inizio del secolo scorso e riallestito nel 1998. Tra i capolavori, una Madonna di Pietro Lorenzetti, preziosi reliquiari, come quello di Sant’Andrea apostolo, e un manufatto unico come il Piviale di Pio II. Tra gli ultimi nati il Museo diocesano di Massa , allestito nel palazzo vescovile e quello civico e diocesano «Andrea Guardi» di Piombino.Firenze, che pure ha un suo Museo diocesano a Santo Stefano al Ponte, con opere importanti, come la «Maestà» di S. Giorgio alla Costa di Giotto, o la «Predella di Quarate» di Paolo Uccello, ha scelto la via delle piccole raccolte «vicariali», che hanno il merito di valorizzare il territorio e di mantenere le opere il più vicino possibile al contesto in cui sono nate. Da segnalare, il Museo del tesoro dell’Impruneta, e quelli di San Casciano, Castelfiorentino, Montespertoli, Tavarnelle e San Donnino .

Claudio Turrini

Le nostre Guide ai Musei d’arte sacra della Toscana