Dossier

Cacciari: troppe cose del Vaticano II sono rimaste lettera morta

di Lorella PellisTutti concordano nel ritenere il Concilio Vaticano II – di cui da non molto si sono ricordati i 40 anni dell’apertura ufficiale (11 ottobre 1962) – uno degli eventi decisivi del secolo appena concluso: punto di svolta, prima di tutto, per la vita della Chiesa e per il suo rapporto con un mondo in rapida trasformazione, ma anche annuncio rivolto a una cultura e a una società con la quale la comunità cristiana ha voluto tornare a dialogare in vista del bene della persona umana. E tuttavia fino a che punto il Concilio e i documenti conciliari sono oggi conosciuti e studiati? In quale misura le indicazioni in essi contenute sono state assimilate e trasformate in vero impegno cristiano?Ne parliamo con il filosofo veneziano Massimo Cacciari, preside della facoltà di Filosofia dell’Università San Raffaele di Milano, coinvolto a Fiesole (venerdì 16 maggio, ore 21,15) per concludere la serie degli incontri sul Vaticano II organizzati dalla diocesi (comunità di San Leolino, centro San Lodovico, Centro culturale cattolico di Fiesole).

Professor Cacciari, cosa ha rappresentato il Concilio Vaticano II per la Chiesa del ventesimo secolo?

«È evidente che è stato un evento epocale dopodiché bisognerebbe punto su punto spiegare per quale motivo. In questa sede posso fare solo un elenco. Il Concilio ha modificato completamente la liturgia, ha sottolineato il fondamento evangelico della costituzione della Chiesa ribadendo la derivazione diretta del carisma episcopale dagli apostoli senza quindi alcuna subordinazione rispetto a quello papale. Anche se il Concilio non può nulla decidere senza il suo capo, tuttavia la derivazione del potere episcopale è diretta altrettanto quanto quella papale. Quindi una visione fortemente conciliare della Chiesa anche senza essere in alcun modo conciliarista. Inoltre il Concilio ha esaltato il ruolo di responsabilità del laicato facendone quasi una struttura essenziale della Chiesa stessa, quindi abbattendo le barriere tra l’idea di una casta sacerdotale e di un laicato con il concetto di populus sacerdotalis che coinvolge tutto il popolo della Chiesa; ha poi esaltato la missione ecumenica e non soltanto all’interno delle confessioni cristiane ma anche nei confronti delle altre religioni di cui ha sottolineato tutti gli elementi di verità. Quindi è stato un evento che ha modificato radicalmente l’immagine della Chiesa ed ha avuto un’influenza anche politica, sociale e culturale immensa. A questo punto si tratterebbe di comprendere lo scandalo, nel senso letterale del termine, delle ragioni per cui quel grande evento e quei grandi testi sono rimasti lettera morta. Perché è successo?».

A questo proposito quanto, a suo giudizio, la Chiesa ha attuato del Concilio e quanto invece è rimasto sulla carta?

«Mi pare che la Chiesa, nei limiti in cui è anche forma politica e quindi è necessario per essa “compromettersi” anche con il secolo, bene o male abbia cercato di corrispondere quel formidabile messaggio ma forse – ma questi sono temi che vanno sempre affrontati con la più estrema delle modestie – è il mondo che non l’ha minimamente ascoltato».

In che senso?

«Basti pensare alle guerre che stiamo facendo, basti leggere le parti finali della Gaudium et spes, e poi vedere un po’ che cosa ci si ritrova del mondo contemporaneo. Così si potrebbe fare per ogni capitoletto di tutti i documenti del Concilio. Mi sembra che il mondo contemporaneo sia andato esattamente nella direzione opposta di ciò che sperava il Concilio. Mai come in questo periodo si vede quanto il mondo è altra cosa rispetto alla speranza del Concilio».

E, parallelamente, rispetto ai richiami di Giovanni Paolo II…

«La posizione del Papa è stata in linea con tutti i documenti conciliari, non poteva essere diversamente, come io ho sempre detto. Siamo in una situazione storica e di fronte a un comportamento delle grandi potenze occidentali che contraddice in modo talmente clamoroso e scandaloso ogni virgola del Concilio: come fa un Papa a dire cose diverse da quelle che dice?».

Cosa può dire oggi il Concilio a un non credente?

«Tutto quello che diceva quarant’anni fa. Non è che i problemi si siano fondamentalmente spostati. Anche oggi il Concilio mostra questa vocazione della Chiesa che dura, malgrado tutto, nei secoli. Per quanto la stessa Chiesa sia anche un fiume immondo – semper purificanda – mostra ancora questa vocazione a testimoniare contro ogni idolatria. Quindi la Chiesa mantiene questo suo elemento profetico e ciò, naturalmente, costituisce un grande problema e una grande speranza anche per il non credente».

Il Concilio dietro le quinte