Dossier
Il Concilio dietro le quinte
Finito il Concilio, i due si occupano infatti di altre questioni spinose come le vicende fiorentine dell’Isolotto con le dure contestazioni all’allora arcivescovo di Firenze: «Riparto per Roma come se tornassi dal fronte scrive Betti lasciando il capoluogo toscano il 9 gennaio 1968 . Lascio il cardinale disfatto, con le occhiaie quasi moste».
Al primo gruppo appartiene Florit (friulano di Fagagna, in provincia di Udine, nato nel 1901 e morto nel 1985). Al secondo gruppo padre Betti (originario di Pieve Santo Stefano), che partecipò all’elaborazione di due testi fondamentali del Vaticano II (Dei verbum e Lumen gentium) in qualità di teologo personale dell’arcivescovo di Firenze. Una collaborazione e un’amicizia intensa e costante, durante e dopo il Concilio. «Ella gentilmente rievoca le tappe della nostra lunga collaborazione e suscita nel mio animo scrive Florit a Betti il 18 ottobre 1977 tanti bei ricordi, accompagnati da sincera riconoscenza».
Non mancano nel Diario anche episodi personali, come quando Florit viene ricoverato per uno strappo alla retina e si raccomanda al padre di non dirlo a nessuno, ma di andare a trovarlo portandogli un confessore: «Vado a visitare monsignor Florit alla clinica Sanatrix in via Trasone annota il francescano alla data 19 maggio 1964 . Poiché mi aveva chiesto di trovargli un confessore, porto con me il padre Bruno Korosak».
Altro argomento ricorrente è il tentativo di Florit, purtroppo senza esito, di far ordinare vescovo in Toscana il padre Betti: un modo per riconoscere il suo valore e per tenerselo vicino.
Padre Betti, perché fin da giovane si dedicò allo studio della teologia?
«Veramente fui mandato a Roma per studiare Sacra scrittura e quindi per prendere la Cattedra di padre Donato Baldi, già anziano. Però tra i frati in Toscana c’era bisogno di un insegnante di Teologia dogmatica e io seguii i desideri dei miei superiori scegliendo questa facoltà che mi era sempre piaciuta».
Il Magistero ecclesiastico di oggi è al passo con i tempi?
«Non è al passo con le decisioni del Concilio, purtroppo».
Come vede la Chiesa del Duemila?
«Se essa vuol essere sulla strada giusta deve tener conto dell’insegnamento ricevuto dal Vaticano II. Non può mettere dietro le spalle un Concilio così importante».
Pensa di essersi realizzato come sacerdote e insegnante?
«Quanta Fatica! Ma anche tante soddisfazioni! Comunque spero di aver raggiunto l’ideale della mia vita: il lavoro per la Chiesa, per la cultura e per l’umanità. Perciò posso dichiararmi contento». (Ugolino Vagnuzzi)
Cacciari: troppe cose del Vaticano II sono rimaste lettera morta