Dossier

Inclusione sociale e lotta alla povertà. Il piano regionale letto dalla Caritas

In base alla nuova legislazione in materia di assistenza sociale (lg. 328/2000 e successive modificazioni avvenute in seguito alla legge costituzionale 3/2002), ogni regione italiana si deve dotare di un piano sociale regionale, nel quale prevedere gli obiettivi di politica sociale, l’assetto dei servizi e quantificare gli investimenti economici destinati a finanziare l’intero sistema dei servizi.

L’Osservatorio regionale delle povertà Caritas, oltre a raccogliere i dati relativi all’attività dei Centri d’Ascolto attivi sul territorio toscano, si impegna ad approfondire il contenuto del piano sociale per dar voce ai poveri e agli ultimi, verificando quindi se la fruibilità dei diritti e dei servizi è garantita a tutte le persone in difficoltà o se sono posti limiti o vincoli che ne impediscono in qualche modo l’accesso. La recente approvazione dello specifico Piano d’Azione sull’inclusione sociale e la lotta alle povertà è occasione di riflessione in merito alle priorità individuate e agli interventi che la Regione e gli enti locali intendono attuare. Il Piano di Azione regionale pone attenzione alle condizioni di vita delle famiglie toscane. Secondo dati Irpet, risulta che nel 2000 le famiglie relativamente povere in Toscana erano circa 234.000 (17%) e le famiglie povere in senso assoluto erano il 3%, una percentuale pari a 4.000 famiglie. Sono più esposte al rischio di povertà le famiglie formate dalle coppie con almeno due figli minorenni, dagli ultrasettantacinquenni, dalle famiglie che vivono in affitto e da quelle la cui figura di riferimento ha un basso tasso di scolarizzazione ed è disoccupata.

L’Osservatorio regionale Caritas conviene con la Regione sulla scelta delle politiche sociali regionali ricaduta appunto sulla famiglia, per due motivi:

1) in primo luogo non bisogna dimenticare la nuova condizione di povertà in cui molte famiglie si sono venute a trovare per la prima volta in questi ultimi anni, risentendo della situazione di impoverimento economico del nostro Paese. I dati Istat sul PIL (prodotto interno lordo) affermano che il Paese ha un’attività economica in ristagno, per cui nel 2003 si è avuto in Italia una crescita del Pil dello 0,4%, contro ogni previsione più ottimista.

2) l’affluenza ai Centri d’Ascolto Caritas dimostra che i soggetti sociali più esposti al rischio di povertà sono le donne italiane che vivono in nuclei familiari, coniugate, con figli, in possesso di un basso titolo di studio (licenza media inferiore), disoccupate. Una donna quindi che si rivolge al Centro d’Ascolto Caritas soprattutto avendo a cuore la gestione della casa e la cura della famiglia. Si ha un reddito insufficiente, incapace di far fronte a pagamenti come affitto, medicinali, spese sanitarie, bollette. Il costo delle abitazioni – sia degli affitti che della gestione – forma la parte più onerosa della spesa della famiglia.

A conferma delle precedenti osservazioni relative alla famiglia toscana, che risente fortemente la condizione di povertà femminile, riportiamo di seguito una serie di tabelle tratte dal Rapporto regionale sulle povertà 2003 “Povertà e bisogni in Toscana” a cura dell’Osservatorio regionale Caritas.

Tabella n. 1 Problematiche degli italiani

Gli operatori Caritas, ascoltando chi si rivolge ai CdA, hanno colto ed evidenziato più problematiche di reddito (15,6%) e problematiche della persona (12,6), rispetto ai problemi del lavoro e dell’abitazione, i quali sono presentati più dagli stranieri.

Tabella n. 2 Stato civile degli italiani

Si tratta in maggioranza di uomini celibi (33,8%) e di donne coniugate (30,8%). Sul totale degli utenti italiani, i divorziati e i separati rappresentano il 18%, una percentuale più bassa rispetto all’affluenza dei coniugati (26%) e dei celibi/nubili (25,3%). Le percentuali dei divorziati e separati italiani rappresentano un’affluenza maggiore rispetto a quella dei divorziati e separati stranieri. Sia tra gli italiani che tra gli stranieri che si presentano ai CdA, si verifica che le percentuali delle donne divorziate e separate siano maggiori rispetto a quelle degli uomini.

Tabella n. 3 Tipologia di convivenza degli italiani Tabella n. 4 Condizione professionale degli italiani

Il 31,4% delle donne italiane, che si rivolgono al CdA, è disoccupata contro il 16,2% degli uomini italiani disoccupati e soprattutto contro il 29% delle donne straniere disoccupate. Mentre tra gli uomini e le donne la differenza percentuale di disoccupazione è considerevole, la differenza percentuale tra le italiane e straniere non è rilevante. Ma se consideriamo tutte le difficoltà che una donna straniera deve superare per trovare un lavoro: conoscenza della lingua, inserimento sociale, permesso di soggiorno, non si può trascurare la situazione occupazionale della donna italiana. Tra i motivi di connessione tra il livello di disoccupazione e la modestia dei redditi degli utenti che si rivolgono ai CdA, è necessario considerare anche la bassa scolarizzazione

Tabella n. 5 Grado d’istruzione degli italiani

Analizzando la tabella n° 5 e confrontando i dati relativi al grado d’istruzione degli italiani con quello degli stranieri, si osserva che gli stranieri possiedono titoli di studio maggiori rispetto a quelli degli italiani, soprattutto degli uomini. Infatti la maggiore percentuale del grado d’istruzione degli stranieri è quella relativa alla “licenza media superiore”, mentre la maggiore percentuale degli italiani è quella relativa alla “licenza media inferiore”. Inoltre, sul totale degli stranieri che si rivolgono ai CdA, il 5% è rappresentato da laureati rispetto all’1% degli italiani. E’ interessante notare che il Piano d’Azione regionale pone attenzione sia al fenomeno di povertà economica che al fenomeno di povertà psicologica e relazionale che si manifesta in percorsi di vita disagiati e, purtroppo, anche dentro condotte apparentemente normali. Anche l’Osservatorio regionale Caritas, attraverso l’esperienza sul campo dei Centri d’Ascolto con cui ha lavorato in stretto contatto per ottenere più informazioni e dati possibili, ha evidenziato che le persone che si rivolgono ai Centri d’Ascolto oltre a presentare problematiche economiche, manifestano disagi comportamentali. Dietro a storie di povertà e di smarrimento non è difficile individuare stati depressivi, ansiosi, determinati molte volte dalla solitudine e/o dalla situazione economica in cui le persone si sono venuti a trovare.

L’Osservatorio regionale Caritas sostiene i contenuti politico-sociali del Piano d’Azione regionale sia per quanto riguarda l’attenzione rivolta a determinati soggetti sociali che vivono con più rischio la possibilità di cadere al di sotto della soglia di povertà; sia in merito al piano delle strategie operative adottate dalla stessa Regione. Il fatto di valorizzare, nelle politiche di inclusione sociale, la promozione di servizi integrati e adeguati al bisogno, la qualificazione della professionalità degli operatori, la promozione di percorsi di tutoraggio per le persone in difficoltà, la valorizzazione dell’apporto del volontariato come previsto dalla Lg. 328/00, avvicina il metodo operativo della Regione a quello proprio della Caritas, la quale da sempre punta alla formazione, alla promozione di servizi in rete e capaci di accompagnare e sostenere la persona sulla quale è progettato un intervento. Anche la Caritas, nella sua esperienza di ascolto, osservazione e discernimento, vuole intervenire sui presupposti dei percorsi di impoverimento e di esclusione sociale attraverso il costante ascolto dei bisogni e delle povertà attuato dai suoi centri operativi, coordinato con un’attività strutturata a livello diocesano e regionale di osservazione e di lettura delle potenziali cause di formazione delle condizioni di emarginazione.

Tra le priorità indicate dal Piano d’Azione regionale, per l’Osservatorio regionale Caritas è importante sottolineare quella relativa allo sviluppo e al potenziamento del raccordo fra i servizi a “bassa soglia” e i servizi specialistici, correlata alla priorità inerente alla realizzazione di alloggi a protezione sociale. E’ in questo senso auspicabile e necessario che la partecipazione dei servizi a bassa soglia e la loro collaborazione con i servizi specialistici non diventino strategia di delega o di sostituzione nella presa in carico di gravi problemi di esclusione sociale a scapito del servizio a bassa soglia, ma diventino segno di interlocuzione attiva, partecipata, fondamentale.

Tra le scelte prioritarie di inclusione sociale, ben venga la realizzazione di alloggi a protezione sociale o per l’emergenza alloggiativa, offrendo sostegno anche temporaneo e accompagnamento verso l’autonomia della persona in difficoltà. Ma occorre richiamare l’attenzione anche sul disagio abitativo vissuto dalle famiglie immigrate e dalle famiglie “normali” italiane, per le quali sono necessarie misure atte ad assicurare tempestivamente l’accesso ad abitazioni di qualità ad un più basso costo e quindi alla portata di tutti: riflettere sull’esperienza dell’equo canone e sulle linee operative dell’ABI (Associazione Bancaria Italiana).

Se esistesse infatti una tutela dei diritti di locazione, non esisterebbero forme di discriminazione, soprattutto nei confronti degli stranieri, ai quali molte volte capita che venga applicato un “canone speciale”, che si colloca oltre il livello del canone libero, espellendo così i più deboli dal mercato.

Per quanto riguarda l’acquisto della prima casa, la Regione Toscana ha stanziato trecento milioni di euro per combattere l’emergenza abitativa sul territorio regionale e per costituire un calmiere del mercato della casa, i cui costi di acquisto sono diventati esorbitanti. Questo piano-casa regionale dovrebbe essere previsto parallelamente all’applicazione di alcune modifiche delle linee operative dell’ABI. Non dobbiamo dimenticare, infatti, i tassi d’interesse eccessivi che vengono applicati al mutuo per l’acquisto della casa e le tasse e commissioni onerose applicate all’accensione del mutuo stesso.