Dossier

Rumi, il suo? Un progetto audace

di Andrea FagioliCosa resta oggi della tragedia di Aldo Moro? «Resta poco», si affretta a rispondere lo storico Giorgio Rumi, editorialista dell’«Osservatore Romano» e consigliere d’amministrazione della Rai. «Resta poco – spiega – perché la vicenda Moro ha innescato una crisi di tale portata che è diventata crisi della prima stagione della Repubblica e dei suoi uomini. In un certo senso è rimasta sotto le macerie del sistema politico esistente allora. Per gli studenti di oggi parlare della vicenda di Aldo Moro è un po’ come parlare di storia medievale».

È rimasto poco anche a livello politico?

«Sì, è rimasto poco perché quella era, per copiare il titolo di un libro fortunato, la Repubblica dei partiti. Il sistema bipolare, sia pure imperfetto, la caduta dell’Unione Sovietica, la fine del comunismo e la fine della Democrazia cristiana hanno reso illeggibile tutta la questione».

Si potrebbe arrivare a dire che quello di Moro è stato un sacrificio inutile?

«Un sacrificio inutile no: è stato un sacrificio determinante, ma che non scalda più le menti e i cuori. Per gente come me Moro era un esponente di quel laicato cattolico che ha contribuito a fare la Repubblica, a ricostruire un’Italia libera e democratica sulle rovine del fascismo…. Ma il giudizio dei giovani d’oggi è più spiccio: finiscono per applicare quello che dicevano alcuni diplomatici stranieri e cioè che la politica italiana è difficile da capire e poco utile. E anche quando l’hai capita fino in fondo, mantiene un profilo sfuggente. È una battutaccia, ma forse si adatta al giudizio comune sulla prima stagione della Repubblica».

I tanti misteri, compresi certi passaggi delle indagini, hanno forse contribuito ad avvolgere nella nebbia la vicenda Moro?

«Premetto che agli storici non è chiaro niente: non è chiaro Dongo e la fine di Mussolini, non è chiaro il referendum tra Repubblica e Monarchia…. Ma in un certo senso la storia contemporanea che dovrebbe essere una casa di vetro, evidentemente non lo è».

Un film come Piazza delle Cinque lune può portare un contributo alla lettura storica oppure, insistendo sul ruolo della Cia e degli altri servizi segreti, finisce per infittire il mistero aumentando i sospetti?

«Io sono un po’ scettico verso le cose un po’ troppo misteriose. Che la faccenda abbia interessato servizi di varie nazioni è ovvio, ma che abbiano avuto un ruolo attivo e non di osservazione rimane tutto da dimostrare. Il film ovviamente ha sempre un aspetto di fiction e la fiction a sua volta può essere stimolante per mantenere l’attenzione. Ma una cosa è l’accaduto e una cosa è il racconto dell’accaduto. Il film può servire come stimolo per ragionare, per discutere, magari per dividerci, ma sempre meglio che lasciare morire un’altra volta Moro e gli uomini della sua scorta».

Si dice che furono in tanti ad «uccidere» Moro, tutti coloro che erano contro il suo progetto politico. È d’accordo?

«Nella situazione di allora (che oggi è difficilmente rappresentabile), con il mondo diviso in due, con la guerra fredda, l’ipotesi ancora possibile di egemonia sovietica, con un sistema politico bloccato com’era il nostro, le controspinte di conservazione per evitare uno sconquasso ulteriore e gli elementi di tensione potevano essere tanti».

Il progetto Moro sarebbe stato in questo senso troppo innovativo?

«Lo era oggettivamente e poi lo era nel senso che portava alla ribalta quello che era un nuovo equilibrio strisciante. Ad esempio era ormai uno stile quello di interpellare direttamente l’opposizione».

In estrema sintesi, a cosa puntava Moro?

«Alla creazione di un immenso centro che emarginase una piccola destra e una piccola sinistra. In fondo era la via di Cavour e di Giolitti: emarginare i reazionari o i mazziniani intransigenti, tirare dentro Garibaldi e andare avanti; e Giolitti mettersi d’accordo con Turati…. Questa tradizione del megacentro non è dunque nuova nella politica italiana, anzi: torna nei grandi momenti creativi. Per cui il disegno di Moro non era assurdo, probabilmente era troppo audace».

La scheda: I misteri del caso Moro

Il film «Piazza delle Cinque Lune»