Dossier

«Siamo fiduciosi». La Caritas guarda avanti

Le Caritas sono uno delle realtà toscane che nel tempo hanno investito di più negli obiettori di coscienza. La punta massima di obiettori in servizio l’hanno raggiunta nel 1998 con 356 giovani. Da allora la parabola è discendente, fino agli 86 del 2003. Dal settembre 2002 è però iniziata in parallelo l’esperienza del servizio civile nazionale, prima con 3 volontarie, poi altre 24 alla fine del 2002 e ben 77 dal 1° aprile 2003. Luca Orsoni è il cordinatore di questo settore per conto di tutte le Caritas diocesane della regione. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente per capire cosa succederà con la fine della naja. «La fine della leva – ci spiega – di fatto c’è già stata nell’ultimo anno: la riduzione numerica degli obiettori ci ha costretto ad affidare alcuni servizi a volontari o a parrocchie e ad un aumento di personale nei centri operativi Caritas. In particolare ha comportato per noi il totale abbandono dei servizi domiciliari ad anziani o persone sole».

Da questo punto di vista dunque la situazione peggiora.

«A dire il vero ritengo che in alcuni casi la fine degli odc sia stata provvidenziale per “ridefinire” il ruolo del servizio civile, come possibilità formativa per giovani e non tappabuchi per servizi poco coperti da personale».

Cosa lascia alla Chiesa e alla società questa esperienza più che trentennale dell’obiezione di coscienza?

«Lascia molto, lascia una formidabile esperienza di educazione civica e di solidarietà per i giovani, lascia all’iniziativa personale ciò che riteniamo sia un dovere costituzionale: la difesa del più debole, del più emarginato. Ma lascia anche l’amaro in bocca per come la Chiesa non abbia compreso appieno questa esperienza (quante parrocchia in questi 30 anni hanno parlato di obiezione di coscienza?) demandandola in toto alla Caritas Italiana e non proponendola come vera esperienza formativa per i giovani».

Già da alcuni anni le Caritas hanno ragazze in servizio civile volontario: come valutate questa esperienza?

«In modo estremamente positivo: personalmente coordino il Servizio Civile per tutte le Caritas della Toscana e quindi anche i percorsi formativi e di verifica e devo dire che questo primi due anni hanno funzionato bene, soprattutto hanno fatto bene a chi il servizio lo ha fatto in termini di crescita, formazione, acquisizione di conoscenze anche professionali».

Quali sono le difficoltà maggiori che avete nell’ottenere giovani in servizio civile?

«Il sistematico ritardo nell’emanazione dei provvedimenti per la gestione del servizio. Questo poi si ripercuote anche sui progetti, che è difficile predisporre in mancanza di certezze, ad esempio, sul numero dei posti. Poi ci sono i ritardi nell’assegnazione dei volontari che fa slittare nel tempo i progetti».

Quali sono i progetti allo studio per chiedere giovani in servizio civile?

«Come Caritas Firenze continuano i progetti nelle case di accoglienza per minori, nelle case famiglia e nei progetti di educazione alla pace nelle scuole di ogni ordine e grado. A livello delle Caritas della Toscana i progetti prenderanno in esame anche il disagio adulto, ossia l’utenza che come Caritas “censiamo” meglio: quella che si presenta ai nostri centri di ascolto».

Il servizio civile pone di più l’accento sulla formazione. Come è cambiata in questi anni?

«Molto e meglio: più costante, più di verifica e di accompagnamento. Anche per gli odc è stato così ma, permettetemi la battuta, con le “donne” si lavora meglio! A parte gli scherzi la formazione è il punto forte della nostra proposta».C.T.