La presentazione in Vaticano
"L'arbitrio della tecnica è uno dei massimi problemi del mondo d'oggi", in cui "la tecnica tende a liberarsi da ogni ipoteca" e "l'ideologia della tecnica tende a nutrire questo suo arbitrio con la cultura del relativismo, alimentandola a sua volta": è uno dei tratti che emerge con più evidenza dalla "Caritas in veritate", secondo la lettura che ne ha fatto ai giornalisti il card. Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, durante la conferenza stampa di presentazione, tenuta nella sala stampa vaticana il 7 luglio. "Le ideologie politiche, che avevano caratterizzato l'epoca precedente al 1989, sembrano aver perso di virulenza, sostituite però dalla nuova ideologia della tecnica", ha detto il cardinale sintetizzando la denuncia di Benedetto XVI. Altro elemento che distingue l'epoca attuale da quella di 20 anni fa, quando Giovanni Paolo II pubblicava la "Centesimus Annus", è - secondo il porporato - "l'accentuazione dei fenomeni di globalizzazione determinati, da un lato, dalla fine dei blocchi contrapposti e, dall'altro, dalla rete informatica e telematica mondiale", fenomeni che "hanno prodotto cambiamenti fondamentali in tutti gli aspetti della vita economica, sociale e politica".
Globalizzazione e società. La "Caritas in veritate" affronta "organicamente" la questione, in quanto analizza la globalizzazione come fenomeno "trasversale", che investe "economia e finanza, ambiente e famiglia, culture e religioni, migrazioni e tutela dei diritti dei lavoratori". Un terzo elemento di "cambiamento" presente nell'enciclica, per il card. Martino, riguarda le religioni, che "sono tornate alla ribalta della scienza pubblica mondiale" e alle quali si contrappone "un laicismo militante, e talvolta esasperato, che tende ad estromettere la religione nella sfera pubblica, con conseguenze negative e spesso disastrose per il bene comune". Emerge poi l'esigenza di una nuova "governance internazionale", a causa dell'"emergenza di alcuni grandi Paesi da una situazione di arretratezza, che sta mutando notevolmente gli equilibri geopolitici mondiali". Non manca, secondo il card. Martino, "una visione in positivo" della crisi economica e finanziaria in atto, che si traduce in "incoraggiamento all'umanità perché possa trovare le risorse di verità e di volontà per superare le difficoltà".
Dentro la "crisi". Nella terza enciclica del Papa "c'è una riflessione sulla crisi", ma la Caritas in veritate "non è un'enciclica fatta per la crisi". Lo ha spiegato il card. Martino che ha aggiunto: "Quando la crisi è avvenuta, c'è stato qualche ripensamento e qualche correzione o aggiustamento". La stampa, ha aggiunto mons. Giampaolo Crepaldi, arcivescovo eletto di Trieste e finora segretario del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, "ha seguito con grande interesse le varie fasi di stesura dell'enciclica, qualche volta con descrizioni un po' fantasiose. In rapporto alle altre encicliche sociali, questa è stata accompagnata da dichiarazioni e articoli, e comunque è stata sempre sotto la lente d'ingrandimento dei media". La "fermata", ha confermato mons. Crepaldi, "è stata voluta dal Santo Padre per rileggere il testo, con un occhio di riguardo agli eventi connessi alla crisi economico-finanziaria", ma il testo ha "mantenuto la sua linearità nelle sue fasi di elaborazione".
Sviluppo e dignità umana. "Nella Caritas in veritate la cosiddetta questione antropologica diventa a pieno titolo questione sociale": così mons. Crepaldi, che ha spiegato: "La procreazione e la sessualità, l'aborto e l'eutanasia, le manipolazioni dell'identità umana e la selezione eugenetica sono valutati come problemi sociali di primaria importanza che, se gestiti secondo una logica di pura produzione, deturpano la sensibilità sociale, minano il senso della legge, corrodono la famiglia e rendono difficile l'accoglienza del debole". D'ora in poi, per il vescovo, "non sarà più possibile, per esempio, impostare programmi di sviluppo solo di tipo economico-produttivo che non tengano sistematicamente conto anche della dignità della donna, della procreazione, della famiglia e dei diritti del concepito".
Secondo mons. Crepaldi, i due diritti alla vita e alla libertà religiosa nell'enciclica "sono strettamente collegati con l'ecologia ambientale", che "deve liberarsi da alcune ipoteche ideologiche che consistono nel trascurare la superiore dignità della persona umana e nel considerare la natura solo materialisticamente prodotta dal caso o dalla necessità. Tentazioni ideologiche oggi presenti in molte versioni dell'ecologismo". Altra "novità assoluta" dell'enciclica, per mons. Crepaldi, è l'ampia trattazione del problema della tecnica.
"La prima enciclica di Benedetto XVI, Deus caritas est, sulla teologia della carità, conteneva indicazioni sulla dottrina sociale (n.26-29). Ora siamo di fronte ad un testo dedicato interamente a questa materia. Ma balza agli occhi che il concetto centrale resta la «caritas» intesa come amore divino manifestato in Cristo". Lo ha detto in Vaticano, il 7 luglio, durante la conferenza stampa di presentazione della nuova enciclica "Caritas in Veritate", il card. Paul Josef Cordes, presidente del Pontificio Consiglio "Cor Unum". La "caritas", ha proseguito il card Cordes, "è la fonte ispiratrice del pensare e dell'agire del cristiano nel mondo. Alla sua luce, la verità diventa «dono , non è prodotta da noi, ma sempre trovata o, meglio, ricevuta» (n.34)". Secondo il cardinale, l'azione sociale "non può venire ridotta a semplice volersi bene umano o a filantropia". Ha quindi aggiunto che, "mentre finora l'accento della dottrina sociale era piuttosto sull'azione per promuovere la giustizia, ora si avvicina in senso lato alla pastorale: la dottrina sociale è affermata elemento dell'evangelizzazione".
Peccato e costruzione sociale. Dopo aver richiamato un passo della "Sollicitudo rei socialis" di Giovanni Paolo II, in cui la dottrina sociale s'integrava nella teologia morale - in particolare con le parole: "Essa appartiene, perciò, non al campo dell'ideologia, ma della teologia, e specialmente della teologia morale" (n.41) - il card. Cordes ha aggiunto: "L'uomo che ha conosciuto Cristo si fa attore di cambiamento perché la dottrina sociale non resti lettera morta", sottolineando le parole del Papa secondo cui "lo sviluppo è impossibile senza uomini retti, senza operatori economici e uomini politici che vivano fortemente nelle loro coscienze l'appello al bene comune" (n.71). A questo punto il card. Cordes ha riscontrato come vi siano, "a Nord e a Sud, fenomeni noti a tutti, e che impediscono la crescita di un popolo: la corruzione e l'illegalità (cfr n.22), la sete di potere". Ha quindi concluso ricordando che "il «peccato delle origini», come ricorda il nostro testo al n.34, impedisce in molti luoghi la costruzione della società. Anche in chi le guida. Non si può affrontare la questione sociale senza riferirsi alla questione etica. L'enciclica fa riferimento all'uomo nuovo in senso biblico".
Per un governance globale. "Affiancare all'attuale assemblea delle Nazioni Unite una seconda assemblea in cui siedano i rappresentanti delle varie espressioni della società civile transnazionale; dare vita al Consiglio di sicurezza socio-economica" dell'Onu "in appoggio all'attuale Consiglio di sicurezza militare; istituire un'organizzazione mondiale delle migrazioni e un'organizzazione mondiale per l'ambiente sul modello dell'Organizzazione mondiale per il commercio"; "intervenire sul Fondo monetario internazionale per affrontare il problema di una valuta globale e realizzare la riforma delle riserve monetarie globali, come è stato proposto dalla Conferenza Onu" del 23 giugno scorso. Queste le indicazioni dell'economista Stefano Zamagni, intervenuto alla conferenza stampa di presentazione dell'enciclica di Benedetto XVI, per attuare quella "governance globale, ma di tipo sussidiario e poliarchico" auspicata dall'enciclica. Secondo Zamagni, "l'invito a superare l'ormai obsoleta dicotomia tra sfera dell'economico e sfera del sociale" affermando "che si può fare impresa anche se si perseguono fini di utilità sociale e si è mossi all'azione da motivazioni di tipo pro-social" costituisce uno dei punti "di maggiore originalità e rilevanza pratica" del documento pontificio.
Mercato, capitalismo, debiti. "L'economia di mercato - ha ricordato Zamagni - è più ampia del mercato capitalistico. È nata, infatti, secoli prima del capitalismo, il quale si basa sul mercato per affermare il principio della massimizzazione del profitto, mentre l'economia di mercato punta alla più ampia circolazione dei beni". "L'enciclica in realtà non è «contro» il capitalismo, ma lo supera affermando che il principio della massimizzazione del profitto può essere superato da quello della società fraterna, che pone la ricerca del «bene comune» come centro di riferimento dell'attività economica". "L'enciclica - ha aggiunto - non nega il valore dell'efficienza nell'attività economica. Tutti dobbiamo essere efficienti. Ma il Papa ci dice che l'efficienza va perseguita per un fine superiore, che consiste nella ricerca del massimo bene comune". "Ad esempio - ha proseguito Zamagni - il concetto di «impresa come bene» che si può vendere, comprare, chiudere, spostare a piacimento non è accettabile nella visione della dottrina sociale della Chiesa. L'impresa stessa infatti non è uno strumento ma un fine, che deve rispondere a criteri di umanizzazione della vita sociale, offrendo lavoro e ricchezza per tutti e non solo per alcuni". Zamagni ha poi detto, a proposito del debito internazionale, che "oggi il capitalismo è divenuto obsoleto e il Papa indica la necessità di cambiare le strutture che hanno reso possibile accumulare debiti pubblici enormi, che schiacciano soprattutto i Paesi poveri".
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