Enciclica Deus Caritas est
stampa

Edizione on line

«Dio è amore»: la prima enciclica di Benedetto XVI

Un'Enciclica pervasa da un grande afflato spirituale che, di fronte al rischio di un attivismo sociale e caritativo senza anima, richiama tutti alla coltivazione delle ragioni e delle motivazioni spirituali dell'essere Chiesa e dell'essere cristiani". Con queste parole il card. Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio giustizia e pace, ha presentato mercoledì 25 gennaio la prima Enciclica di Benedetto XVI, «Deus Caritas est», alla conferenza stampa in Vaticano.

Il testo dell'Enciclica «Deus caritas est»

Eros, agape, caritas: il Papa spiega l'amore

«Dio è amore»: la prima enciclica di Benedetto XVI

Un'Enciclica pervasa da un grande afflato spirituale che, di fronte al rischio di un attivismo sociale e caritativo senza anima, richiama tutti alla coltivazione delle ragioni e delle motivazioni spirituali dell'essere Chiesa e dell'essere cristiani". Con queste parole il card. Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio giustizia e pace, ha presentato mercoledì 25 gennaio la prima Enciclica di Benedetto XVI, «Deus Caritas est», alla conferenza stampa in Vaticano. Parlando del rapporto tra giustizia e carità, sviluppato nel documento, il cardinale ha ribadito che "la dottrina sociale della Chiesa è diventata un'indicazione fondamentale in questo nuovo scenario storico".

"La giustizia è lo scopo e la misura di ogni politica, ma la società giusta - ha aggiunto Martino rileggendo i passi 26-29 dell'Enciclica - non può essere opera della Chiesa ma realizzata dalla politica". "Compito della Chiesa - ha specificato - nella costruzione di un giusto ordine sociale è quello di risvegliare le forze spirituali e morali". Chiaro riferimento, anche proponendo alcuni Santi, ai "fedeli laici" la cui missione "è configurare rettamente la vita sociale" e la cui presenza "viene concepita in termini di servizio".

"L'Enciclica Dio è amore ci offre una visione dell'amore per il prossimo e del compito ecclesiale di operare la carità come compimento del comandamento dell'amore, che trova le sue ragioni nell'essenza stessa di Dio, che è amore", ha detto l'arcivescovo William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, introducendo la presentazione della prima Enciclica di Benedetto XVI.

Secondo Levada, un secondo elemento di rilievo del documento pontificio consiste nel fatto che "invita la Chiesa ad un rinnovato impegno nel servizio della carità, come parte essenziale della sua esistenza e missione".

"Secondo la dottrina sociale della Chiesa, Stato e Chiesa sono sfere distinte, ma in relazione reciproca", ha aggiunto mons. Levada, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, nella presentazione dell'Enciclica. Secondo il successore di Papa Ratzinger all'ex-Sant'Uffizio, "lo Stato ha come compito fondamentale la realizzazione della giustizia, ma ha bisogno della fede che purifica la ragion pratica". "Non c'è - ha poi aggiunto - società giusta che possa rendere superfluo il servizio della carità, l'opus proprium della Chiesa".

L'attività caritativa della Chiesa è fatta di interventi concreti ma questi non devono essere disgiunti da fondamenti teologici. È in sintesi quanto ha detto mons. Paul Josef Cordes, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum, alla presentazione dell'Enciclica di Benedetto XVI, Deus caritas est. “Il testo del Papa - ha affermato mons. Cordes - introduce elementi specifici ai quali un cristiano deve stare attento. L'esercizio della carità fa parte integrante dell'eredità del Salvatore e fare la carità è riflesso dell'annuncio della salvezza". Ne consegue l'urgenza di "radicare il senso della carità cristiana nei nostri cuori" per non cadere nel semplice filantropismo. "Senza un solido fondamento teologico - è il rischio paventato da mons. Cordes - le grandi agenzie caritative ecclesiali potrebbero essere minacciate di dissociarsi dalla Chiesa e dai vescovi", divenendo di fatto simili alla Croce Rossa o alle Ong. Rischio che "contrasta con la storia della Chiesa" e che "non tiene conto del rapporto tra azione ecclesiale per l'uomo e credibilità dell'annuncio del Vangelo”.

“Con il secolarismo oggi per gli uomini è più difficile pensare: Io sono legato a Dio. E ciò vale anche all'interno delle organizzazioni umanitarie di ispirazione cristiana dove si può correre il rischio di fare azioni di solidarietà, sganciate dalla fede”: è questo, nelle parole di mons. Paul Cordes, uno dei problemi centrali messi in evidenza dal Papa nella sua prima Enciclica. “Le azioni umane senza riferimento all'etica portano spesso a risultati negativi. Non a caso il Papa richiama nell'Enciclica il pensiero di Sant'Agostino sui governanti senza etica che si riducono a una banda di ladri”. Mons. Levada, a questo riguardo, ha sottolineato che i volontari cristiani oggi “devono essere pronti a lavorare accanto a persone di ogni fede, mantenendo i loro valori e testimoniandoli nelle diverse situazioni”. Ed Ha aggiunto che il Papa sembra “voler evitare l'immagine di una Chiesa come sacrestia da un lato, ma dall'altro anche che la carità sia completamente privata del riferimento fondamentale all'amore originario di Dio, quindi secolarizzata”.

La scheda
"Deus Caritas est" ("Dio è amore") è il titolo della prima Enciclica di Papa Benedetto XVI, resa nota questa mattina, mercoledì 25 gennaio, in Vaticano. Presentata in una edizione di 74 pagine, sin dal titolo si qualifica come "Enciclica sull'amore cristiano" ed è strutturata in due parti: nella prima ("L'unità dell'amore nella creazione e nella storia della salvezza") il tema viene affrontato a partire dall'esperienza ed essenza dell'amore umano in rapporto a quello divino, che viene donato in maniera particolare in Cristo; nella seconda parte, dal titolo "L'esercizio dell'amore da parte della Chiesa quale Comunità d'amore", si analizzano la carità e l'impegno per la giustizia messi in atto dalla Chiesa sin dai primi secoli, quali forme concrete e comunitarie di risposta al comandamento di Gesù di amare tutti come fratelli. Nella parte conclusiva, Benedetto XVI evidenzia alcuni insigni esempi di amore cristiano ad opera di Santi e Beati, che si sono tradotti in iniziative di promozione umana e di formazione cristiana. Di seguito brevi spunti di sintesi dell'Enciclica.

L'AMORE DALL'"EROS" ALL'"AGAPE". "Dio è amore; chi sta nell'amore dimora in Dio e Dio dimora in Lui": queste parole del Vangelo di Giovanni (1Gv 4,16) aprono la prima, attesa e già "discussa" Enciclica di Benedetto XVI; discussa in anticipo sull'uscita, in quanto alcune indiscrezioni della scorsa settimana ne avevano già fatto trapelare passaggi significativi, tra i quali quelli – centrali per l'odierna sensibilità culturale e psicologica – sul rapporto tra "eros" e "agape". Sin dai primi passaggi dell'Enciclica, Benedetto XVI colloca il tema dell'"amore" umano in una prospettiva di derivazione e scambio con l'amore divino, di cui l'uomo è partecipe. "Nella mia prima Enciclica – scrive - desidero parlare dell'amore, del quale Dio ci ricolma e che da noi deve essere comunicato agli altri". Il Papa indica poi una prospettiva complessa con la quale affrontare il tema dell'"amore", che non si limita alla sua dimensione personale (variamente connotata in senso affettivo, sentimentale, erotico e spirituale), ma che allarga lo sguardo sulla sua componente oblativa, la "carità", che in linguaggio cristiano è "agape".

L'UNITÀ E LA GRANDEZZA DELL'AMORE. Nella prima parte dell'Enciclica, il Papa sembra voler cogliere l'occasione di un documento così importante per rammentare ai fedeli e a tutti i suoi lettori la molteplicità di significati, e quindi la ricchezza semantica della parola "amore". Cita così "l'amor di patria", "per la professione", "amore tra amici", "amore per il lavoro", "tra genitori e figli", "tra fratelli e familiari, "amore per il prossimo" fino all'"amore per Dio", riservando all'"amore tra uomo e donna" la centralità assoluta, in quanto – scrive – "archetipo di amore per eccellenza, al cui confronto, a prima vista, tutti gli altri tipi di amore sbiadiscono". È a questo punto che Benedetto XVI richiama le critiche che, da taluni settori, vengono mosse alla comunità cristiana. "La Chiesa – scrive, riferendosi tra l'altro anche al filosofo Nietzsche – con i suoi comandamenti e divieti non ci rende forse amara la cosa più bella della vita? Non innalza forse cartelli di divieto proprio là dove la gioia, predisposta per noi dal Creatore, ci offre una felicità che ci fa pregustare qualcosa del Divino?". Per Benedetto XVI, la risposta è molto profonda, e va oltre una limitata visione emozionale ed egoistica del sentimento umano più diffuso: "L'eros ebbro ed indisciplinato non è ascesa, estasi verso il Divino ma caduta, degradazione dell'uomo. Così diventa evidente che l'eros ha bisogno di disciplina, di purificazione per donare all'uomo non il piacere di un istante, ma un certo pregustamento del vertice dell'esistenza, di quella beatitudine a cui tutto il nostro essere tende".

CORPO E ANIMA INSCINDIBILI. L'uomo, composto "di corpo e di anima" diventa "veramente se stesso, quando corpo e anima si ritrovano in intima unità". Da ciò – per Benedetto XVI - deriva che "l'eros degradato a puro sesso diventa merce, una semplice cosa che si può comprare e vendere, anzi, l'uomo stesso diventa merce". L'amore vero ha, quindi, necessità di "un cammino di ascesa e di purificazione"; necessità di "esclusività" e del suo essere "per sempre" in quanto "mira all'eternità". "L'eros rimanda l'uomo al matrimonio, a un legame caratterizzato da unicità e definitività (...) all'immagine del Dio monoteistico corrisponde il matrimonio monogamico. Il matrimonio basato su un amore esclusivo e definitivo diventa l'icona del rapporto di Dio con il suo popolo e viceversa". L'amore è definito "estasi", intesa come "cammino, come esodo permanente dall'io chiuso in se stesso verso la sua liberazione nel dono di sé".

Da questa dimensione di "agape", l'amore può poi scalare le vette dell'offerta totale e assoluta non solo a una persona, come è nella normalità del rapporto di coppia, ma a più persone fino all'intera umanità, come avviene nelle famiglie aperte alla vita e all'accoglienza e anche, in altro ambito, nella vocazione presbiterale o religiosa, facendosi "tutto a tutti". L'amore esige una intima compenetrazione e un profondo equilibrio tra corpo e anima, tra l'eros e l'agape, tra l'umano e il divino. Scrive il Papa: "L'uomo non può neanche vivere esclusivamente nell'amore oblativo, discendente. Non può sempre soltanto donare, deve anche ricevere. Chi vuol donare amore, deve egli stesso riceverlo in dono". E la "sorgente" primordiale dell'amore "è Dio".

VITA COMUNITARIA E DIMENSIONE DELLA CARITÀ. L'esercizio della carità da parte della Chiesa poggia sulla verità – ricorda Benedetto XVI – che l'amore "è divino perché viene da Dio e ci unisce a Dio e, mediante questo processo unificante, ci trasforma (...) fino a che, alla fine, Dio sia tutto in tutti (1Cor 15,28)". Da qui sono venute, nel corso della storia, le varie forme di intervento caritativo ecclesiale, definite "espressione di un amore che cerca il bene integrale dell'uomo", con la sottolineatura che "la Chiesa non può trascurare il servizio della carità così come non può tralasciare i Sacramenti e la Parola". È questo il "triplice compito" che non viene meno in nessun contesto storico e politico, fino ai nostri giorni segnati dalla globalizzazione. Benedetto XVI richiama – in un breve excursus storico – il sorgere della questione sociale, il nascere negli ultimi due secoli della "dottrina cristiana sullo Stato e la dottrina sociale della Chiesa", fino al confronto con il marxismo e alle Encicliche sociali. "L'amore – caritas – sarà sempre necessario, anche nella società più giusta", annota poi il Pontefice, ricordando che ciò di cui c'è sempre bisogno, ad ogni livello dell'intervento caritativo, è "l'amorevole dedizione personale". "Anche nella Chiesa cattolica e in altre Chiese e Comunità ecclesiali sono sorte nuove forme di attività caritativa, e ne sono riapparse di antiche con slancio rinnovato", aggiunge poi, ricordando che queste esperienze si fondano su "un vero umanesimo, che riconosce nell'uomo l'immagine di Dio e vuole aiutarlo a realizzare una vita conforme a questa dignità".

SALDI NELLA CERTEZZA CHE "DIO È PADRE E CI AMA". Addentrandosi nella parti conclusive dell'Enciclica, il Papa si occupa poi dei "responsabili dell'azione caritativa della Chiesa", ricordando il gran numero di organismi e realtà che svolgono in ogni parte del mondo "un servizio di carità". Il Pontificio Consiglio Cor Unum rappresenta, in ordine a queste realtà, l'"istanza della Santa Sede responsabile per l'orientamento e il coordinamento tra le organizzazioni e le attività caritative promosse dalla Chiesa cattolica". "L'esperienza della smisuratezza del bisogno", ricorda Benedetto XVI, potrebbe indurre alla "tentazione dell'inerzia sulla base dell'impressione che, comunque, nulla possa essere realizzato". Ma – è la sua proposta – "è venuto il momento di riaffermare l'importanza della preghiera di fronte all'attivismo e all'incombente secolarismo". Un appello quindi a confidare in Dio, piuttosto che ad erigersi "a giudice di Dio, accusandolo di permettere la miseria senza provar compassione per le sue creature".

"Per il credente non è possibile pensare che Egli sia impotente, oppure che stia dormendo (cfr 1 Re 18,27) – scrive ancora il Papa – (...) i cristiani infatti continuano a credere, malgrado tutte le incomprensioni e confusioni del mondo circostante, nella bontà di Dio e nel 'uo amore per gli uomini (Tt 3,4)".

GLI ESEMPI DA SEGUIRE. I Santi sono coloro che hanno creduto "che Dio è amore" e che Lui "tiene il mondo nelle sue mani e che nonostante ogni oscurità Egli vince". Ne ricorda diversi, da San Martino di Tours, che condivise il suo mantello con un povero, fino a Francesco d'Assisi, Ignazio di Loyola, Giovanni di Dio, Camillo de Lellis, Vincenzo de Paoli, Luisa de Marillac, Giuseppe B.Cottolengo, Giovanni Bosco, Luigi Orione, Teresa di Calcutta. L'amore di cui sono stati testimoni è definito da Benedetto XVI con queste parole: "I Santi sono i veri portatori di luce all'interno della storia, perché sono uomini e donne di fede, di speranza e di amore". Richiamando poi la figura di Maria, "madre di tutti i credenti", ricorda, in conclusione, che "chi va verso Dio non si allontana dagli uomini, ma si rende invece ad essi veramente vicino".

Il testo dell'Enciclica «Deus caritas est»

Il cristiano non ama con un «suo» amore

Eros, agape, caritas: il Papa spiega l'amore

L'enciclica di Benedetto XVI, un inno all'Amore (GIUSEPPE SAVAGNONE)

«Dio è amore»: la prima enciclica di Benedetto XVI
  • Attualmente 0 su 5 Stelle.
  • 1
  • 2
  • 3
  • 4
  • 5
Votazione: 0/5 (0 somma dei voti)

Grazie per il tuo voto!

Hai già votato per questa pagina, puoi votarla solo una volta!

Il tuo voto è cambiato, grazie mille!

Log in o crea un account per votare questa pagina.

Non sei abilitato all'invio del commento.

Effettua il Login per poter inviare un commento