Cucina toscana
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Dal n. 30 del 3 agosto 2003

I formaggi

I formaggi

Senza dimenticare gli ottimi prodotti di mucca e di capra che pure si trovano in regione, il formaggio tradizionale toscano ha un solo nome: pecorino. Un solo nome, certo, ma tante varianti e tante sfumature. Ogni zona ha la sua, con differenze più o meno marcate rispetto allo standard proprio del pecorino toscano insignito della Dop, il «cacio» tout court della nostra terra, prodotto da secoli con gli stessi metodi, frutto della semplicità e della sapienza dei contadini-pastori. Gustato con i baccelli o con le pere o grattugiato per condire la pasta, poteva e tuttora può, in alcune zone, rappresentare anche il mezzo di piacevoli sfide, consistenti nel lancio della stessa forma o «ruzzola». Non mancano anche oggi, ad esempio in certi paesi della Garfagnana, veri e propri campioni in grado di far raggiungere al loro formaggio distanze davvero ragguardevoli, portandosi a casa, come premio, le forme degli avversari sconfitti.

Ancora più bravi però, inutile negarlo, sono i casari che, senza rinnegare la produzione tradizionale, hanno saputo recuperarla e affinarla per ottenere un pecorino ancora più gradevole e caratteristico. Ne è un esempio quello a latte crudo della Montagna Pistoiese, oggi tutelato da un Presidio Slow Food che si è posto l'obiettivo di salvaguardare o incentivare una produzione vecchia di almeno un secolo, basata sul pascolo delle pecore nere di razza massese in alpeggio, l'uso del caglio naturale e, soprattutto, il latte non pastorizzato. Prodotto in tre tipi – fresco, abbucciato e da asserbo – il pecorino a latte crudo della Montagna Pistoiese presenta una pasta bianco avorio e un gusto davvero capace di evocare i pascoli e l'erba verde.

Caci analoghi senza pastorizzazione si producono come vedremo anche in altre zone, tra cui la provincia di Siena: qui però i prodotti più celebri e celebrati sono altri, dal classico pecorino delle colline senesi a quelli più tipici di Pienza e dintorni, prodotti con latte di pecore sarde e stagionati in barriques o in foglie di noce. Nella stessa zona gli amanti del formaggio più stagionato e quindi maggiormente piccante possono trovare l'ottimo «grande vecchio di Montefollonico».

Altre province ricche di aree votate alla pastorizia, e quindi di pecorini davvero fantastici, sono quelle di Massa Carrara e Lucca. Anche in questi territori, il metodo tradizionale propone l'uso di latte crudo per ottenere i pecorini della Lunigiana, della costa apuana o massese e della Garfagnana e colline lucchesi, quest'ultimo detto anche baccellone per l'uso di consumarlo appunto con i baccelli. Un prodotto simile, frutto del latte di pecore massesi, si trova anche nel Parco di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli.

Sempre in provincia di Pisa, troviamo poi il pecorino delle Balze Volterrane, o più semplicemente pisano.

In provincia di Arezzo è invece da ricordare il pecorino del Casentino, mentre propri del territorio fiorentino sono il marzolino di Lucardo, la cui zona di produzione interessa però anche la Valdelsa senese, e un particolare pecorino a crosta fiorita prodotto a San Casciano Val di Pesa. In Maremma, a Manciano e Sorano si produce un ottima caciotta di pecora e sempre il caseificio di Sorano è il produttore, tra l'altro, della «pastorella del Cerreto», formaggio misto di pecora e mucca.

Il territorio della provincia di Grosseto fa inoltre parte, assieme alla Sardegna, dell'area di produzione del pecorino romano, formaggio dal gusto decisamente più piccante e pronunciato, tutelato dalla Dop, che trova ovviamente nel Lazio la sua terra d'origine. Non va poi dimenticato che dalla lavorazione del latte di pecora si ottengono anche ricotta e raveggiolo. Ma se la prima, in Toscana, praticamente è solo ovina, nell'Alto Mugello o Romagna Toscana, e precisamente a Palazzuolo sul Senio, si trova invece un ottimo raveggiolo vaccino.

E passiamo quindi al latte di mucca, decisamente «minoritario» nella nostra regione per quanto riguarda i prodotti caseari ma che comunque sa offrirci ottime sorprese come, in particolar modo, lo stracchino dell'ottimo, già citato caseificio soranese. Caciotte vaccine si trovano anche in Lunigiana e in provincia di Pistoia dove, a Cutigliano, vengono prodotte sia fresche che stagionate.

Infine i caprini, che sembrano conoscere un discreto sviluppo. Per limitarci a quelli censiti dall'Arsia – ai quali potrebbero presto aggiungersene altri, frutto dell'intraprendenza di giovani allevatori in grado di sfruttare il particolare gusto di questo latte, così caro soprattutto ai francesi – citiamo innanzitutto due prodotti maremmani del comune di Orbetello, i caprini freschi aromatizzati e la «pratolina», trattata con penicillium candidum. Ma, a dimostrare che «nomina sunt consequentia rerum» ci sono pure i formaggi ottenuti con il latte delle capre che da tempo immemorabile popolano l'isola di Capraia. Da non dimenticare infine il caprino dell'Alto Mugello, di cui è stata potenziata la produzione senza tuttavia riuscire ancora a soddisfare la sempre crescente domanda.
Marco Lapi

I presidi di Slow Food

Il germoplasma dell'Arsia

I formaggi
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