Dal n. 30 del 3 agosto 2003
I vini

Ci vorrebbe un libro, altro che una pagina! Come si fa a parlare dei vini toscani in uno spazio troppo limitato? Meglio cominciare, allora, rimandando a una pubblicazione specifica, ma agile e soprattutto... gratuita! Si tratta di «Toscana - Itinerari del vino e del gusto» ed è edita da Toscana Promozione, l'agenzia di promozione economica della Regione. Presenta, una dopo l'altra, le nostre 15 «strade del vino» più tre territori «storici» dove, oltre alle strade, al nettare di Bacco potrebbero essere dedicati anche i sentieri: Chianti Classico, Colli Senesi e Montalcino.
Il pamphlet di Toscana Promozione (80 pagine in tutto) parte quindi con la Strada medicea dei Vini di Carmignano, per proseguire poi con Chianti Colli Fiorentini, Chianti Rufina e Pomino, Colli di Candia e Lunigiana, Colli di Maremma, Colline Lucchesi e Montecarlo, Colline Pisane, Costa degli Etruschi, Montecucco, Monteregio di Massa Marittima, Nobile di Montepulciano, Montespertoli, Terre di Arezzo, Vernaccia di San Gimignano, Orcia e concludere con le tre aree classiche sopra citate.
Zone, dunque, di vecchia e nuova vocazione alla viticoltura, alcune delle quali cantate già da Francesco Redi nel suo «Bacco in Toscana», altre giunte da poco, ma con grandi risultati, nell'Olimpo della produzione d'élite. Un esempio su tutti, ormai celeberrimo, è il Sassicaia di Bolgheri, il primo dei cosiddetti «supertuscan», che vanta quotazioni da capogiro.
Guardate quindi di procurarvi, se possibile, «Toscana - Itinerari del vino e del gusto», che potete richiedere al numero 055-462801, per fax allo 055-4628048 o per e-mail a turismo@apet.toscana.it. Noi, in queste righe, ci limiteremo a darvi qualche suggerimento, con l'aiuto... del già citato Redi ma anche di un esperto odierno come Leonardo Romanelli, lasciando in disparte, per una volta, i fin troppo noti Chianti Classico e Brunello di Montalcino.
Partiamo, quindi, proprio con il Carmignano, prima strada degli «Itinerari». Un vino forse poco conosciuto dal grande pubblico è, tra l'altro, la Dogc più piccola d'Italia ma che merita davvero di essere riscoperto, visto com'è decantato proprio dal Redi nel suo poemetto: «Ma di quel, che sì puretto / si vendemmia in Artimino / vo' trincarne più d'un tino...». Artimino, dove si trova una stupenda villa medicea, è appunto nella zona di Carmignano. E più avanti le lodi del poeta si fanno ancor più sperticate: «Ma se giara io prendo in mano / di brillante Carmignano / così grato in sen mi piove, / ch'ambrosia e nettar non invidio a Giove...». Si tratta di un vino asciutto e armonico, con profumi di mandorla e fiori, oggi ottenuto, oltre che con Sangiovese, Trebbiano, Canaiolo nero e Malvasia, anche con una buona percentuale di Cabernet Sauvignon, dal 10 al 20%. Un vino dunque ottimo soprattutto con zuppe di funghi, primi al sugo, formaggi stagionati. Da sorseggiare ovviamente schietto, al pari di tutti i vini, perché, avverte ancora il Redi, «saria / gran follia / e bruttissimo peccato / bevere il Carmignan, quando è innacquato».
Ma dato che siamo in estate e d'estate si va soprattutto al mare, spostiamoci quindi verso la costa e andiamo a scoprire qualcosa di più anzitutto su questo benedetto, celebratissimo territorio di Bolgheri, vero mito per gli tutti gli appassionati del settore, italiani e non. Qui, come fa notare Romanelli, si è cominciata a sfatare la vecchia convinzione che il vino prodotto vicino al mare non potesse essere di buona qualità, e soprattutto si è creata un'eccezionale alternativa all'«impero» del sangiovese grazie alla felice intuizione del marchese Mario Incisa della Rocchetta. E ora che Bolgheri è diventata una zona vinicola d'eccellenza, seguendo l'esempio del marchese altri viticoltori hanno sperimentato con successo vitigni come il merlot, il cabernet franc e il syrah, ottenendo risultati davvero grandiosi. Chissà che ne avrebbe detto il Redi: se per lui Montepulciano era «d'ogni vino il re», del Bolgheri ne avrebbe fatto l'imperatore.
Scendendo verso Piombino, troviamo i vitigni della Val di Cornia, una delle zone solo recentemente valorizzate da un punto di vista vinicolo, grazie proprio, in primo luogo, alla vicinanza di Bolgheri. Come ricorda Romanelli, è infatti solo dalla seconda metà degli Novanta che la Val di Cornia è salita prepotentemente alla ribalta del mondo enologico tradizionale, grazie ai successi ottenuti su guide e riviste internazionali. Il merito, anche in questo caso, è stato quello di provare a percorrere nuove strade: accanto ai vitigni tradizionali, come il sangiovese e il trebbiano toscano, sono stati piantati altri come come il cabernet-sauvignon e il merlot tra i rossi, il pinot bianco e lo chardonnay tra i bianchi.
Di fronte a Piombino, l'Elba sconta invece ancora la fama e il successo del suo Aleatico con le mille copie, mal riuscite, che ne hanno offuscato in parte l'immagine. Approfittando di una legislazione a dir poco lasciva, molti imbottigliatori hanno infatti usato il buon nome che aveva questo vino dolce, per mettere in commercio un prodotto liquoroso che di Aleatico non aveva niente, di costo decisamente inferiore e quindi più «abbordabile» dal turista disinformato e frettoloso, attratto magari nota ancora Romanelli dall'etichetta con lo stemma di Napoleone, che non guasta mai da queste parti. Oggi la situazione è in lento miglioramento, con tutti i problemi che esistono nel lavorare in zone impervie. Ed è quello che accade anche sull'isola del Giglio, fatta di terreni aridi e rocciosi, che consiglierebbe ai più assennati di trasferire le proprie forze su attività più redditizie e sicure rispetto alla vite. Un solo vitigno principale viene coltivato al suo interno: l'ansonaco, nome locale con il quale si identifica l'ansonica, prodotto anche sulla costa dell'Argentario e nella stessa Elba. raggiunti i minimi storici, con l'avvento della Doc si è perlomeno salvaguardata la produzione di qualità.
Vicende diverse, dunque, caratterizzano i vini costieri, ma anche per le due isole, in particolare per l'Elba, la possibilità di risalire la china non manca. Completiamo il quadro ricordando che al nord le colline tra litorale e Apuane offrono agli appassionati di bianco il Candia e il Colli di Luni, mentre l'entroterra maremmano propone oggi nuovi vini di grandissima qualità, in particolare rossi, come il Monteregio di Massa Marittima e, sui colli ormai prossimi all'Amiata, il Montecucco. Nuove aree in corso di valorizzazione che hanno visto i vitigni di nuovo impianto riconquistare anche terreni ormai abbandonati e incolti.
Ma nonostante queste eccellenti novità che dimostrano ancora una volta, tra l'altro, che la tipicità non è fatta sia di tradizione che di innovazione intelligente anche in Toscana, non dimentichiamolo, non tutte le terre sono buone per fare il vino. Lo sapeva bene anche Redi, che non a caso scrisse: «Accusato / tormentato / condannato / sia colui, che in pian di Lècore / prim'osò piantar le viti; / infiniti / capri, e pecore / si divorino quei tralci...».
Meglio lasciar perdere, quindi, i vini leggeri e asprigni delle piane come quella tra Firenze e Prato. A meno che non servano come penitenza o contrappasso: «Se vi è alcuno, a cui non piaccia / la Vernaccia / vendemmiata in Pietrafitta / interdetto / maladetto / fugga via dal mio cospetto, / e per pena sempre ingozzi / vin di Brozzi, / di Quaracchi e di Peretola, / e per onta e per ischerno / in eterno / coronato sia di bietola...».
Comunque sia, il vino sarà sempre meglio della birra e degli altri beveraggi nordici, disprezzati dal poeta, che arriva a promettere macabre conseguenze a chi ne facesse uso: «Chi la squallida Cervogia / alle labbra sue congiugne / presto muore, o rado giugne / all'età vecchia e barbogia: / beva il Sidro d'Inghilterra / chi vuol gir presto sotterra; / chi vuol gir presto alla morte / le bevande usi del Norte: / fanno i pazzi beveroni / quei Norvegi, e quei Lapponi...». Versi che forse tedeschi e olandesi non avranno letto, ma che in qualche modo confermano il loro apprezzamento per il Chianti e compagnia bella.
Marco Lapi
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