Don Divo Barsotti
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Dal n. 7 del 19 febbraio 2006

L'ultimo mistico del Novecento

DI ANDREA FAGIOLI
E' morto don Divo Barsotti, l'ultimo mistico del Novecento. Ed è ancora vivo, nella memoria, il ricordo dell'abbraccio tra lui e Mario Luzi al Teatro Saschall di Firenze. Era il 25 aprile 2004 e il fondatore della Comunità dei figli di Dio festeggiava 90 anni. L'amico poeta li avrebbe compiuti a distanza di qualche mese, il 20 ottobre. Luzi se n'è andato il 28 febbraio scorso. Barsotti lo ha seguito ad un anno di distanza. Quella festa in mezzo a migliaia di amici, e soprattutto ai suoi «figli», è stata il suo «canto del cigno». Da allora è iniziato il lento ma inesorabile declino.
I due grandi vecchi toscani (il fiorentino di Castello e il pisano di Palaia, entrambi classe 1914) non ci sono più. Il vuoto si fa sentire e si sentirà, sia per il poeta che per il mistico.

Dal 1955 don Barsotti viveva a Settignano, in un piccolo «eremo con vista»: una casa affacciata su Firenze e intitolata all'espressione più alta del monachesimo russo, San Sergio di Radonez, dove tutto è silenzio e preghiera. Così voleva «il padre» (come lo chiamavano i suoi) da quando aveva fondato la Comunità dei Figli di Dio per vivere in mezzo al mondo una spiritualità di carattere monastico, basata sul primato dell'esercizio delle virtù teologali (fede, speranza, carità) e sul primato dei valori contemplativi del silenzio e della preghiera anche in un mondo così caotico.

Don Barsotti, già da tempo, aveva lasciato la responsabilità di superiore generale a don Serafino Tognetti per cui «il padre», a Casa San Sergio, era solo un «fratello». «Oggi il bene cresce – diceva –, ma cresce nell'umiltà, nel silenzio. Tanto più il bene è grande, tanto più assomiglia a Dio che è invisibile».

«Cerco Dio solo»: tre parole, un impegno di vita. Quello che assumono i Figli di Dio al momento della consacrazione e che ha dato il titolo anche ad un volume con il quale la Comunità celebrò gli ottant'anni del «padre». E da sempre don Divo aveva «cercato Dio solo», come testimonia anche il testo inedito sulla morte che pubblichiamo.
Quando lo incontravi ti guardava fisso negli occhi, non potevi fare a meno di avvertire come una scossa, un qualcosa che ti entrava dentro, capivi che il suo era un parlare ispirato, capivi che si trattava proprio di un mistico, di un uomo a diretto contatto con il divino, con il trascendente.

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