Dossier

Una «materna» ci unisce ancora di più a Betlemme

A Mariele Ventre, maestra dell’Antoniano e a Giorgio La Pira, sindaco di Firenze, sarà intitolata la nuova scuola materna di Betlemme. Costruita sul costone nord della collina dove sorge la Basilica della Natività, si sviluppa su cinque piani. Avrà dieci aule e due spazi giardino. Mariele con lo Zecchino d’Oro ha unito bimbi di tutto il mondo: due anni fa vi ha partecipato un israeliano, quest’anno ci sarà un palestinese… I bambini possono disegnare e cantare la pace e avrebbero diritto che i grandi non cercassero altro! Il «sindaco santo» ha lanciato profezie di pace per la Terra dei figli di Abramo. Ha puntato sulla gente, sui Comuni del Mediterraneo, perché tutti fossero costruttori di unità. Per i bimbi saranno due volti e due nomi nuovi. Sapranno insegnare parole e canti sconosciuti: fu intorno ad un Bambino, a Betlemme, appunto che la notte fu rotta da un canto di pace mai udito. Era per gli uomini di buona volontà.

Nei giorni scorsi una delegazione toscana, guidata dal vescovo di Montepulciano-Chiusi-Pienza è stata a Betlemme per fare il punto sui lavori…

di Rodolfo Cetoloni*Vescovo di Montepulciano-Chiusi-Pienza e delegato della Conferenza episcopale toscana per la Terra SantaDa Betlemme si torna sempre con qualche cosa di nuovo…» sono più o meno le parole con cui il sindaco Hanna Nasser, ci ha salutati prima della partenza. «Ormai non vi chiamo più ospiti, voi siete di casa!». Ma le sue espressioni sapevano di tristezza, stavolta più d’ogni altra. Anche se qualche gruppo di pellegrini ricomincia ad arrivare, le linee di tendenza non cambiano: lavoro zero, famiglie che continuano a lasciare il paese, senso di inutilità di fronte al continuo cadere di progetti di pace e di ripresa. Il muro divide terra e cieloAshdod (due kamikaze con una decina di morti) è lontana, ma al check point ce ne rendiamo subito conto anche noi. Un’ora e mezza d’attesa, senza spiegazioni: non si entra, aspettare, nessuno entra o esce. Ci s’innervosisce un po’ ed è nulla questo se si pensa a chi lo vive ormai da anni.E poi il muro! Si capiva da tempo che il progetto non si sarebbe fermato, ma finché la separazione era segnata da stradoni e reti metalliche… almeno si poteva vedere chi c’era dall’altra parte! Ora non più: i grandi blocchi di cemento, alti 8-10 metri, stanno dividendo le due zone, come un grande vomere grigio che spacca la terra o una lama che fende il cielo. Bisogna guardare molto in alto per toglierselo dagli occhi. Il capocantiere si avvicina e fa qualche battuta: «Non c’è che da guardare le stelle, quelle restano di tutti!».

Ci allontaniamo con amarezza. Madame H. e suo marito sono insegnanti in pensione. La loro casa è a una diecina di metri dal muro e una volta dalle finestre a nord potevano vedere Gerusalemme. Sul loro terreno c’era un bell’uliveto, ma cinque dunam (più di un ettaro) sono rimasti di là; non potranno raccogliere le olive, non potranno usufruire per nulla dell’eredità dei loro antenati che avevano custodito per figli e nipoti. «Noi ormai siamo anziani, ma loro avevano il diritto di godersi questa terra, i suoi frutti, i suoi fiori!». Qualche olivo più piccolo l’hanno trapiantato, ma non ce l’ha fatta ad attecchire. Quel muro uccide tutto! «Mai avevamo pensato Betlemme separata da Gerusalemme… Non era mai accaduto dai tempi del re David fino ad oggi! Perché ci fanno questo? Che male facciamo? Che cosa ancora vogliono da noi?».

Un «babbo» con il saioI bambini della scuola materna ci fanno dimenticare queste cose. Il loro futuro ne sarà segnato, ma per ora almeno non se ne rendono conto. Hanno una gran voglia di comunicare, sono immediati nel saluto: riescono a dirci qualcosa in inglese e perfino in italiano. Padre Ibrahim ha pensato a una nuova scuola per loro. Si vede il bene che gli vogliono e anche lui, che con i più grandi sembra un po’ arcigno e severo, con loro si scioglie come un babbo: «Good morning, abuna!». Lo salutano in coro e lui gode accennando a un sorriso, con gli occhi che gli brillano. Anche stavolta non gli è mancato il coraggio e non ce ne vuole poco per una nuova scuola materna capace di accogliere 250-300 bambini! Gliel’hanno progettata l’architetto Rupi e il geometra Fani di Arezzo e i fondi saranno offerti da vari benefattori: La cordata la guidano l’Antoniano di Bologna, la Cei, la Provincia toscana dei frati minori, l’Unicoop di Firenze. A ottobre dovrà essere inaugurata. Presentata come «fiore della solidarietà» dallo Zecchino d’Oro dovrà esserne mostrata la realizzazione nell’edizione prossima (novembre 2004). I lavori vanno avanti spediti. C’è qualche preoccupazione per le spese, ma padre Ibrahim ha fiducia: «La Provvidenza ci darà una mano. Il buon cuore della gente, specialmente degli italiani, si è sempre fatto sentire vicino ai bambini di Betlemme!» Biglietti ricamati«Papà non lavora da anni, qualcuno ci aiuta per le tasse scolastiche, ma le spese sono tante e anche i libri di testo costano… per questo abbiamo seguito l’invito di suor Femia!». Dana è una ragazzina delle scuole superiori di Terra Santa a Betlemme, tenuta dalle suore di San Giuseppe. Sta lavorando, insieme a Mirna, secondo l’idea che ha avuto la suora: producono dei bei biglietti ricamati a mano adatti a anniversari, inviti, partecipazioni. La scuola cerca di venderli e il ricavato viene tenuto come acconto per i libri di testo. Ognuna sta facendo il suo piccolo fondo. Lavorano negli intervalli tra una lezione e l’altra oppure a casa. Stamani ne hanno portati una ventina ciascuna. «Queste ragazze sono davvero brave, vogliono aiutare la propria famiglia, bisogna che ci diate una mano!…». Come dire no all’invito di suor Femia? Così, dopo i mercatini di Betlemme per aiutare gli artigiani dell’ulivo e della madreperla, si apre un altro campo in cui la solidarietà è un gesto di amicizia e di ammirazione per l’impegno e la dignità di queste ragazzine. Sono come le loro coetanee di ogni paese, hanno tanta voglia di giocare e scherzare, ma la vita le mette subito in salita e loro vogliono farcela dandosi da fare di persona. «Amici di Betlemme», la onlus che sta sostenendo già un progetto a Betlemme si farà carico di questa collaborazione (www.amicidibetlemme.org). I pellegrinaggi, l’aiuto vero«Tornate, ma fermatevi un po’ anche da noi!… Qualche gruppo di pellegrini ricomincia a farsi vedere, ma pare che abbiano paura di fermarsi più di un’ora a Betlemme. Qualcuno non mette in programma nemmeno la celebrazione della Messa o il pranzo e tornano in fretta a Gerusalemme. Perché? Qui la gente ha bisogno di lavorare, di pensare con un po’ di speranza al proprio futuro… Dite ai parroci o a chi organizza i pellegrinaggi di pensare bene a questo. Anche per le strutture alberghiere che qui restano sempre vuote… non ci sarà ripresa se i gruppi non mettono in programma una sosta un po’ prolungata a Betlemme».

L’appello è chiaro. Pare che gli inviti ripetuti tante volte anche dal nostro giornale comincino ad avere qualche effetto. In Toscana si stanno muovendo le diocesi di Pistoia, di Prato e di Arezzo. Fiesole e Montepulciano progettano di essere là in ottobre e anche in agosto vi saranno altri gruppi. Ma bisogna fare qualche scelta senza farsi condizionare da paure o agenzie. A Betlemme, oltre il luogo santo, vi sono le famiglie, le parrocchie, le realtà degli istituti per i bambini… Almeno un giorno e una notte possono essere programmate per là e saranno ricche di esperienza: Tutti là siamo nati! È un po’ come tornare a casa, stare con dei fratelli. Su di loro pesano grosse difficoltà, ma è proprio in queste occasioni che ci si deve far sentire vicini ai fratelli e agli amici. E non ci sono pericoli… La gente anche qui cercherebbe solo di vivere in pace e con dignità. «Tornate! Dite a tutti di riprendere il pellegrinaggio in Terra Santa!».