Italia

150° UNITA’, CARD. RUINI: ESSERE CATTOLICI E’ LA PREMESSA PER UN IMPEGNO STORICAMENTE EFFICACE

“Anche oggi l’itinerario verso l’unità sembra in qualche modo inconcluso e non esente da rischi”; per questo “di fronte ai compiti storici che lo attendono, il cristianesimo ha grande bisogno di ritrovare la propria unità”. Al tempo stesso, “non si possono individuare ragionevolmente delle prospettive per l’Italia di oggi prescindendo dal contesto geo-politico globale”. Lo ha detto questa mattina a Roma il card. Camillo Ruini, presidente del Comitato per il progetto culturale della Cei, concludendo i lavori del X Forum promosso dallo stesso progetto culturale, sul tema “Nei 150 anni dell’Unità d’Italia. Tradizione e progetto”.“Nelle circostanze attuali – ha spiegato il cardinale – è facile identificare le fonti di questi rischi da una parte nelle difficoltà del momento politico e dall’altra nella crisi economico-finanziaria internazionale, che pesa naturalmente anche sull’Italia”, ma “si tratterrebbe” di “una valutazione troppo sbrigativa”. Secondo il card. Ruini, infatti, “alcune di queste cause possono essere individuate sul versante politico e istituzionale”, in particolare nella “difficile riformabilità del nostro sistema” e nella “altrettanto difficile governabilità”. Perciò, ha rilevato, “pur tenendo ben presente il chiaro monito della ‘Centesimus Annus’ che ‘la Chiesa rispetta la legittima autonomia dell’ordine democratico e non ha titolo per esprimere preferenze per l’una o l’altra soluzione istituzionale o costituzionale’, ritengo che un contributo al funzionamento del nostro sistema politico potrebbe venire da un rafforzamento istituzionale dell’esecutivo, naturalmente nel pieno rispetto della distinzione tra i poteri dello Stato”. “Per la medesima ragione – ha aggiunto – mi sembra importante mantenere” un sistema elettorale “di tipo maggioritario”.Il federalismo “può contribuire a una più forte responsabilizzazione delle classi dirigenti locali”; tuttavia, ha avvertito il card. Ruini, “per non nuocere all’unità della nazione” non solo “deve essere solidale, ma va bilanciato con una più sicura funzionalità del governo centrale”. Ulteriore “debolezza” da correggere “la denatalità”, per la quale servono “politiche pubbliche, della cui efficacia troviamo esempi eloquenti in Paesi a noi vicini, ma riguardano non meno la fiducia nel futuro”. L’Italia, è il monito del porporato, dovrebbe anche “valorizzare ben di più quello che rimane un suo grande punto di forza, e cioè la profondità e la tenacia dei legami familiari”.Secondo il presidente del Comitato Cei “non si possono individuare ragionevolmente delle prospettive per l’Italia di oggi prescindendo dal contesto geo-politico globale” nel quale aumentano sempre più il peso di Cina e India, mentre “l’Europa vede diminuire il proprio ruolo economico e politico e anche, per certi aspetti, la sua influenza culturale”. Al tempo stesso, però, “non diminuisce, ma piuttosto aumenta” la necessità che “l’Europa trovi la strada di una sua interna unità e solidarietà più vera e più realistica”. Richiamando “quello ‘strano odio’ dell’Europa verso se stessa che è la ragione più profonda della sua crisi” ripetutamente denunciato da Benedetto XVI, il card. Ruini ha spiegato che “questo odio chiama in causa anche il cristianesimo… A un livello più profondo, l’odio di sé ha in qualche misura intaccato il cristianesimo stesso, gli uomini e le forme in cui esso si incarna… Perciò, di fronte ai compiti storici che lo attendono, il cristianesimo ha grande bisogno di ritrovare la propria unità, nel senso di andare avanti nel cammino dell’ecumenismo”, ma anche di superare fratture e polarizzazioni interne. Questa “la strada per ridare all’Europa un’identità forte e al contempo tutt’altro che chiusa e antagonistica, e così anche per consentire all’Europa stessa di trovare il proprio spazio, ruolo e vocazione nel contesto dei nuovi equilibri che si vanno costituendo”.Il card. Ruini ha espresso inoltre preoccupazione per “le nuove generazioni di italiani che stanno crescendo” e il loro “difficile rapporto” con la fede. Questa, ha detto, è “la principale frontiera dell’impegno di evangelizzazione e inculturazione della fede, e su questa frontiera anche il progetto culturale dovrà muoversi con nuova attenzione e dedizione”. Quanto alla “missione” dell’Italia ha precisato: “Essere veramente, e vorrei dire semplicemente, cattolici è la premessa ineludibile per un impegno che sia storicamente efficace e al contempo davvero orientato in senso cristiano e cattolico”. La “laicità positiva” non si limita “a un corretto dialogo” tra credenti e non, ma diventa “concreta collaborazione per il perseguimento di finalità comuni”. “Nel nostro tempo – ha quindi fatto notare – l’uomo, e non solo lo Stato, ha bisogno di un sostegno che non riesce a garantire da se stesso”. Di qui, richiamando il filosofo Brague, il card. Ruini ha affermato che “prima che di assicurare dei limiti e degli argini, si tratta di trovare delle ragioni di vita, e questa è, fin dall’inizio, la missione più propria del cristianesimo”. Nella misura in cui “sapremo muoverci in questa direzione – ha concluso –, oso sperare che l’Italia possa essere un proficuo laboratorio, in vista di superare quell’odio di se stessa che affligge l’Europa e che tende anche ad alienare il cristianesimo dalle proprie – certo semper reformandae – realizzazioni storiche”. (Sir)