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ACLI, CONGRESSO NAZIONALE: OLIVERO, ESSERE ANCHE IN FUTURO UN MOVIMENTO DI FRONTIERA

“Fin dalle loro origini le Acli hanno imparato a stare nel cambiamento, al punto che esse sono venute forgiandosi come movimento di frontiera tra modernità e tradizione, tra appartenenza ecclesiale e impegno laicale nel mondo, tra cultura del lavoro e cultura d’impresa e, negli anni più recenti, tra questione sociale e questione antropologica”. Lo ha detto, ieri, Andrea Olivero, presidente delle Acli, aprendo a Roma il 23° Congresso nazionale (in corso fino al 4 maggio). Ma, si è chiesto Olivero, “in quali avamposti della storia saremo chiamati a collocarci per poter essere anche in futuro un movimento di frontiera?”. Ed ecco la risposta: “Il tratto di strada che abbiamo già compiuto ci ha insegnato che prima del cambiamento delle strutture e delle istituzioni, viene il cambiamento che saremo in grado di attuare nelle nostre coscienze, a partire dal modo di pensare e di agire, poiché il cambiamento più profondo e decisivo inizia proprio da noi stessi”. Di fronte alla “fine delle ideologie” bisogna evitare i rischi di “una politica senz’anima” ed accogliere “lo stimolo a generare nuovi pensieri e nuove forme di azione sociale, sapendo che non ci sono risposte pre-confezionate”, sempre “condotti dalla passione e dall’impegno per coloro che, nei mutamenti impetuosi del nuovo secolo, rischiano l’invisibilità”.

“Le Acli si portano nel nuovo secolo la loro fedeltà al lavoro attraverso l’impegno per il riconoscimento di un lavoro dignitoso, che significa l’istanza di tutele globali, perché universali e perché rispondono alle esigenze differenti delle diverse persone”, ha detto ancora ieri, il presidente delle Acli, Andrea Olivero, aprendo il Congresso nazionale. “Il nostro compito – ha aggiunto – inizia proprio dai lavoratori più deboli a partire dalla soppressione delle varie forme di illegalità e di sfruttamento che sono il primo attentato alla sicurezza dei lavoratori fino ad arrivare alla tutela di tutte le forme di lavoro, in particolare quelle atipiche”. Per Olivero, “dobbiamo uscire dal rischio di precarietà cronica” e “dobbiamo promuovere una rete di legami tra le persone che vada nella direzione di una politica della sicurezza non soltanto sociale, ma anche lavorativa”. Nel nuovo secolo “appare ancora importante il ruolo del sindacato che deve, però, rimettersi in discussione”. Per quanto riguarda “la contrattazione aziendale”, “non è certamente accettabile se viene intesa come ulteriore viatico alla flessibilità, mentre potrà offrire occasione di nuova vitalità per il mondo del lavoro nel momento in cui i lavoratori saranno considerati protagonisti attivi delle strategie aziendali”.

“Crediamo che la famiglia sia il primo luogo delle relazioni di reciprocità, di accoglienza, di fiducia”: di qui “l’impegno concreto e la scelta politico-strategica” delle Acli “di lavorare per un’affermazione della cittadinanza familiare”, ha assicurato Andrea Olivero. “La cittadinanza familiare – ha continuato – è alla base della soggettività politica della famiglia, per la quale ci battiamo da lungo tempo, anche nella concretezza delle nostre scelte in materia di lavoro (politiche di conciliazione), di welfare (formato famiglia), di redistribuzione (quoziente familiare) condividendole con il Forum delle associazioni familiari”. Per Olivero, infatti, “riconoscere che la famiglia è un bene comune è il passaggio definitivo ad una nuova cultura delle relazioni della quale il nostro mondo, frammentato e atomizzato, ha più che mai bisogno”. Olivero ha anche annunciato che sarebbe il momento di far nascere nelle province italiane dei “Punti famiglia”, spazi di incontro e offerta integrata di servizi rivolti alle famiglie per “dare protagonismo alle famiglie, rendendole esse stesse attrici della loro storia sociale”. “Se fino a ieri le Acli hanno lavorato per la famiglia – ha concluso – oggi attraverso il Punto Famiglia intendono lavorare soprattutto con la famiglia”.

Sir