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ADRIANO SOFRI TORNA A CASA, MA RESTA COMUNQUE UN DETENUTO

Arresti domiciliari nella sua casa di Impruneta, sulle colline attorno a Firenze: così Adriano Sofri, ex leader di Lotta Continua condannato a 22 anni di carcere per l’omicidio Calabresi, finirà di scontare la sua pena. Lo ha deciso il tribunale di sorveglianza di Firenze, che ha accolto la richiesta avanzata dal procuratore generale. Sofri, che venne operato per la rottura dell’ esofago avvenuta nel 2005 quando si trovava recluso nel carcere ‘Don Bosco’ di Pisa, stava beneficiando del differimento della pena. La decisione del tribunale di sorveglianza è stata presa sulla base di una perizia medica che, esprimendosi sulla compatibilità dello stato di salute dell’ ex leader di Lotta Continua con la carcerazione, ha evidenziato la “persistenza di rischi per la salute stessa”. Quindi Sofri, che mai ha voluto chiedere la grazia (come invece ha fatto Ovidio Bompressi a cui è stata concessa dal presidente Giorgio Napolitano), esce definitivamente dal carcere come istituto e torna a casa, comunque detenuto. Già era stato ammesso al lavoro esterno (archivista alla scuola Normale di Pisa e curatore di uno sterminato Fondo librario), ma la sera era costretto a rientrare nella sezione ‘esterni’ del carcere di Pisa. Una situazione incompatibile con il suo stato di salute. Molte e di segno contrario le reazioni per questa decisione del tribunale di sorveglianza.

Ma Sofri, nella sua rubrica sul quotidiano “Il Foglio” di Giuliano Ferrara in edicola domani, avverte fin da ora che avvierà causa civile contro chiunque insinuerà che egli si avvalga di qualche privilegio. “Il Tribunale di sorveglianza di Firenze – scrive – mutando il differimento della mia pena, che mi lasciava libero, in esecuzione, mi ha assegnato alla detenzione domiciliare, ‘approssimativamente per un anno’ “. Sofri spiega che la decisione è stata presa sulla base di una perizia medica svolta da tre specialisti incaricati dallo stesso Tribunale, che ha confermato “l’incompatibilità del mio stato fisico con il carcere (invalidità multiple, del 40, del 60 e dell’80 per cento, probabilità di recidiva). Nessuna misura particolare era stata da me richiesta. I clinici autori della perizia mi erano sconosciuti, né ho nominato alcun consulente di mia parte”. Per Franco Corleone, ex sottosegretario alla giustizia e animatore del Comitato per la grazia a Sofri, “è giunto il momento di chiedere la grazia”, provvedimento tra l’altro che venne comunque istruito e che portò ad un aspro contenzioso tra il Presidente Carlo Azelio Ciampi e l’allora guardasigilli Castelli. Dello stesso avviso Paolo Cento (Verdi): “dopo la decisione sulla concessione degli arresti domiciliari all’ ex leader di Lotta Continua – ha osservato – è necessario ora riaprire la battaglia per la concessione della grazia”.

La grazia, provvedimento che “può essere adottato motu proprio dal Presidente della Repubblica” è invocata anche dall’ avvocato Ezio Menzione, difensore di Ovidio Bompressi. “Penso che sia arrivato il momento di una soluzione politica di clemenza – ha detto – perché la detenzione domiciliare è pur sempre una detenzione”. Di parere contrario Gabriella Carlucci, di Forza Italia: “Giustizia è fatta. Con l’assegnazione agli arresti domiciliari di Adriano Sofri, dei condannati per l’omicidio del commissario Luigi Calabresi nessuno è più in galera. Chi a Parigi, chi a casa propria, chi graziato, insomma tutti liberi e contenti”. Il regime cui sarà assoggettato Adriano Sofri è di detenzione a tutti gli effetti: potrà solo usufruire di permessi permanenti per ragioni di salute e potrà uscire dalla sua abitazione di Impruneta solo per quattro ore al giorno e senza allontanarsi dal territorio comunale. Potrà, infine, partecipare ad avvenimenti pubblici, solo se preventivamente autorizzato. (Ansa)