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ASSEMBLEA AZIONE CATTOLICA, ALICI: RITROVARE LA RADICE DELLO SPIRITUALE

Un’associazione “paradossale”, capace di “una doppia testimonianza” che, “nel chiaroscuro della storia”, “coinvolga la fatica dell’intelligenza e la grazia della fede, il privato e il pubblico”: questo, secondo il presidente uscente Luigi Alici, intervenuto ieri pomeriggio a Roma all’apertura della XIII Assemblea nazionale dell’Azione cattolica, su “Cittadini degni del Vangelo. Ministri della sapienza cristiana per un mondo più umano”, deve diventare l’Ac. L’intervento di Alici è stato preceduto dal saluto di Gian Maria Vian, direttore de “L’Osservatore Romano” e presidente dell’assemblea. Alici, che ha fatto sapere di non poter essere disponibile, suo malgrado, ad un secondo mandato, nella sua relazione, seguita da un dibattito, si è soffermato sulla necessità di una sintesi tra ciò che ha definito “prima” e “seconda cittadinanza”, ossia “tra il senso ordinario di una fraternità umana” che “precede le convenzioni sociali e le norme giuridiche”, e “la scoperta straordinaria di un’adozione a figli”. “Dobbiamo ritrovare la radice dello spirituale” ha ammonito, in linea con la “scelta religiosa” secondo cui “dal primato della contemplazione deriva una sorta di conversione permanente della vita e dei progetti”. “Probabilmente – ha osservato – i tempi sono maturi perché l’Ac possa darsi un ‘polmone spirituale’”: una sorta di “laboratorio dello spirito e della formazione”.

“Dobbiamo allargare il nostro sguardo sul mondo” ha quindi esortato il presidente di Ac, dove “c’è una domanda diffusa di bene che dobbiamo intercettare” e “una risposta evangelica che dobbiamo testimoniare” e “far correttamente interagire con quella domanda. In ogni stagione critica della vita della chiesa è nato qualcosa di grande quando è scoccata una scintilla da questa paradossale ‘doppia cittadinanza’”. “Quando il legame tiene insieme il mondo visibile e l’orizzonte dell’invisibile – ha osservato ancora Alici -, la responsabilità diventa testimonianza” e “il nostro compito è fare dell’intera vita associativa un soggetto testimoniale”: un’Ac “dove s’impara la grammatica del bene comune, si pratica la sintassi della partecipazione, si tesse una rete buona di relazioni” ma che, “per il fatto stesso che esiste, attesta che c’è un’altra città invisibile, dentro e oltre quella visibile”. Da questa sintesi, secondo il presidente di Ac, “potrà nascere una cultura nuova”. “A noi tocca trovare idee, parole, linguaggi per portare un contributo originale e popolare dentro quest’avventura, che crediamo essere l’avventura della Chiesa del terzo millennio”, e “le pagine di speranza che siamo chiamati a scrivere devono essere soprattutto leggibili dalle giovani generazioni”. Questa, ha avvertito Alici, “è la grande sfida educativa che ci interpella”.

Per Alici “una sorta di deperimento organico” sta aggredendo “il nostro senso morale” riducendolo ad “ingombrante reperto archeologico”. “Forse – ha osservato il presidente di Ac – una ragione troppo ‘forte’ ha separato ieri senza distinguere” il bene dal male; oggi “una ragione troppo ‘debole’, per paura di separare, rinuncia a distinguere”. Di qui l’importanza di essere presenti nelle “emergenze culturali, civili, pastorali e educative del nostro tempo”. “Le condizioni associative per articolare questa dialettica ci sono” ha precisato, rammentando l’aggiornamento dello statuto, il nuovo progetto formativo e la “triplice consegna di contemplazione, comunione e missione affidataci da Giovanni Paolo II a Loreto”. Di qui l’accenno al “valore originario e sempre attuale della nostra fedeltà al Papa” e il “profondo radicamento nella Chiesa”. Alici ha inoltre rammentato le 24mila adesioni pervenute al “Manifesto al Paese” anche da “esponenti di altre associazioni e movimenti”, che “attestano una capacità dialogica, nella comunità cristiana e civile, che non vogliamo disperdere”.

Sir