Italia
Anniversario Falcone, Pellegrini: “Abbiamo vinto tante battaglie ma non la guerra”
“Abbiamo vinto molte battaglie ma non la guerra”. Sono le amare parole di Angiolo Pellegrini, uno degli uomini di fiducia del giudice Giovanni Falcone. Uno degli ultimi protagonisti ancora in vita di una stagione tragica e irripetibile che ha segnato la storia del nostro paese. La storia degli investigatori e dei magistrati che contro la mafia facevano davvero sul serio. E che sono anche caduti sul campo in mezzo a uno scontro tra clan mafiosi che solo tra il 1979 e il 1986 ha fatto più di mille morti. Pellegrini – in un’intervista telefonica – ricorda quegli anni di inchieste e di arresti eccellenti, di grandi vittorie ma anche di sconfitte. Ricordi che sono al centro del suo libro “Noi gli uomini di Falcone”.
“Stare accanto a Falcone, vedere come lavorava, la sua competenza, la sua passione, per me è stata un’esperienza unica – spiega -. Era rigoroso negli accertamenti, preciso, verificava ogni dettaglio per allontanare qualsiasi possibile dubbio della corte. E soprattutto aveva una grande onestà intellettuale: era deciso sia quando c’era da procedere in giudizio, sia quando c’era da prosciogliere una persona in assenza di prove certe”.
“Di quel periodo – aggiunge con una velo di tristezza nella voce – ricordo che, dopo la giornata di interrogatori, andavamo in albergo (sempre diverso ogni volta) e poi facevamo lunghe camminate per Roma parlando dell’inchiesta ma anche di tante altre cose personali”.
L’amarezza emerge quando arriviamo a parlare di quel tragico 23 maggio 1992: non è facile infatti essere uno dei pochi sopravvissuti. La casualità della vita ha voluto che quel giorno Pellegrini atterrasse a Punta Raisi con il volo di linea poco dopo Falcone e che i due non facessero il tragitto in macchina insieme, come spesso invece capitava. Lui arrivò a Capaci, accompagnato da un collega, quando il traffico era bloccato a causa dell’esplosione: “Non capivamo cosa fosse successo. Uscimmo quindi dall’autostrada e arrivammo a Palermo. Lì fui informato dell’accaduto”. “La mafia aveva capito – continua – che le indagini erano state fatte in modo serio, che i processi non sarebbero finiti con l’assoluzione per assenza di prove e quindi andarono a bussare alle porte dei piani più alti”. E così, con la morte di Falcone e di Borsellino, conclude Pellegrini “dopo aver vinto tante battaglie non riuscimmo a vincere la guerra contro la mafia”.