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BIOETICA: CONVEGNO VATICANO, DIAGNOSI PREIMPIANTATORIA COME MEZZO DI SELEZIONE DEGLI EMBRIONI

La diagnosi preimpiantatoria spesso “non è fatta per curare ma per eliminare gli embrioni malati”. Il grido di allarme è venuto dagli esperti riuniti in questi giorni in Vaticano, per il convegno internazionale su “L’embrione umano nella fase del preimpianto. Anche tecniche ormai molto diffuse di screening prenatale, come l’amniocentesi, possono essere usate in modo “giusto” o “sbagliato”: “Dobbiamo smettere di pretendere – ha fatto osservare, a questo proposito, Marie-Odile Rethore, membro dell’Istituto nazionale di medicina “Jerome Lejeune” – che la ricerca sia neutrale e che solo le sue applicazioni possono essere qualificate come buone o cattive”. A Parigi, ad esempio, 1 bambino su 4 affetto da trisomia 21 viene abbandonato alla nascita; senza contare l’invasività delle tecniche di diagnosi, che nel caso dell’amniocentesi hanno un’alta percentuale di aborti procurati. La diagnosi genetica preimpiantatoria viene usata prima di ricorrere alla fecondazione artificiale, e in molti casi – ha fatto notare l’esperta – “viene proposta come mezzo di selezione fra gli embrioni in modo da scegliere quelli le cui vite corrispondono ai requisiti essenziali per trovare posto nella nostra società”, dove le persone disabili non sono gradite. La “ricerca di perfezione” nel bambino non nato è dunque ciò che muove le aspettative dei genitori, che nel caso della diagnosi preimpiantatoria porta all’eliminazione di embrioni “sulla base di caratteristiche genetiche”. Sir

Discorso di Benedetto XVI all’Accademia per la vita sull’embrione umano